6 Maggio 2020
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Teresa Bellanova: “Regolarizzare i migranti è motivo della mia permanenza nel governo”

di Gabriella Cerami


Questo governo deve avere coraggio. Non si possono lasciare le persone a vivere come topi nei ghetti. Lavorano già nel nostro Paese e spesso in condizioni complicatissime e al limite, meritano una possibilità e vanno regolarizzati. È una battaglia di civiltà a cui non ci si può sottrarre”. La ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova risponde al telefono, seduta dietro alla scrivania del suo ufficio, pronta a dimettersi se il testo che prevede la regolarizzazione degli immigrati, e non solo, non sarà inserito nel ‘decreto maggio’. Si parla di lavoro sommerso nell’agricoltura, di badanti e colf, su cui ancora non c’è un accordo nella maggioranza perché il Movimento 5 Stelle, racconta la ministra, “sostiene che questi lavoratori siano troppi e si correrebbe il rischio di saturare il mercato del lavoro”.


Ministra Bellanova, chi sono in Italia i nuovi schiavi che lei vuole regolarizzare il prima possibile? Matteo Salvini li chiama clandestini. Il Movimento 5 Stelle, con lei al governo, la accusa di voler fare una sanatoria.

Sono persone che in Italia vivono e lavorano anche da anni, nella più totale informalità non avendo permesso di soggiorno. In campagna, in edilizia, nelle nostre famiglie, assistendo i nostri anziani e i nostri figli. È per questo che parlo di coraggio. Lo Stato, chi governa, deve decidere da che parte stare. Le inchieste, ultima quella che stamane ha fatto emergere nel trevigiano una situazione da brivido, ci parlano di persone che lavorano per 10, 12 ore al giorno, costretti a vivere in sistemazioni di fortuna, spesso senza acqua né gas.

E tutto questo per pochi euro al giorno e per ritrovarsi a dormire in 3000 in un ghetto. Dove c’è l’inferno, e abusi sulle donne. Quando leggiamo di questo sulla stampa ci si commuove. Non basta. Se la politica non affronta e dà riposte anche a questo, che politica è?

In questa fase di emergenza dovuta al Coronavirus, la situazione si è aggravata?

Certo, con un paradosso che provo a spiegare. Abbiamo tenuto 60 milioni di italiani chiusi a casa e ci si è dimenticati che chi vive nei ghetti o negli insediamenti informali è ad altissimo rischio di diffusione del Coronavirus. Può facilmente immaginare come a rischio, soprattutto adesso, non siano solamente loro. Oltretutto in questa emergenza sono gli unici ad essere rimasti senza sussidi. Invisibili prima, invisibili adesso, invisibili sempre.

Anche Papa Francesco il primo maggio ha rivolto un appello in tal senso quando ha chiesto di rimettere al centro la dignità della persona soprattutto di “chi lavora nelle campagne italiane”.

E lo ringrazio profondamente perché continua a chiederci di assumere fino in fondo la responsabilità di scelte importanti. Non è al Papa che manca il coraggio. Il coraggio lo deve avere chi governa. Chi, come noi, governa un grande paese deve dare soluzioni. Guardare in faccia le cose e avere responsabilità.

Ecco, arriviamo al nodo politico. Dopo ore e ore di riunioni di maggioranza si è giunti a un testo che però non ha ancora il via libera del Movimento 5 Stelle. Cosa prevede questa proposta che sarà esaminata dal premier Conte e dal ministro dell’Economia?

Intanto non si parla di clandestini, ma di persone che già vivono e lavorano in Italia, di loro si ha ancora la foto segnaletica. Abbiamo previsto due canali operativi. Il datore di lavoro può con una dichiarazione andare in prefettura e chiedere la regolarizzazione del lavoratore, che a quel punto avrebbe il permesso di soggiorno. Altrimenti la singola persona può richiedere un permesso di soggiorno per sei mesi, e vorrei che fosse chiaro: non stiamo dando un permesso di soggiorno a vita ma semplicemente una possibilità. Va tolta loro la paura di essere nell’illegalità e vanno sostenute tutte quelle imprese che oggi sono costretti a piegarsi al ricatto dei caporali. Ecco, io non voglio che un imprenditore si pieghi al caporalato.

Cosa vuol dire?

In Italia tutte le associazioni concordano nel dire che nei campi mancano 270-350mila lavoratori. Se non è lo Stato a farsi carico del problema, dell’incrocio trasparente domanda-offerta di lavoro, dell’organizzazione dei servizi dai trasporti agli alloggi, è evidente che a occupare la scena sarà l’illegalità, il caporale che utilizza queste persone, il sistema criminale che ne gestisce in modo ignobile la vita. E tutto ciò ricade sulle imprese. Se noi non rilasciamo permessi temporanei, lo Stato diventa il primo responsabile del lavoro illegale. Che significa anche concorrenza sleale tra le imprese e danno reputazionale al Paese. Per questo dico che regolarizzazione il lavoro è necessario, e questo vale per i lavoratori stranieri come per i lavoratori italiani.

La regolarizzazione dei lavoratori sarà inserita nel decreto maggio, spera che un accordo con il Movimento 5 Stelle venga raggiunto?

Continuo a ritenere possibile un’intesa, ho lavorato benissimo con la ministra dell’Interno Lamorgese e con il ministro del Sud Provenzano. Ora spero nell’ok del ministro Catalfo dei 5 Stelle. O diamo delle risposte o siamo responsabili di uno stato di cose insostenibile. Tra i caporali e il lavoro regolare, io scelgo il lavoro regolare.

E se questa legge non dovesse essere inserita nel decreto maggio e dovesse essere rimandata a un decreto ah hoc, lei cosa farà? Si dimette?

Non si può rimandare, l’emergenza è qui e ora. Corriamo il rischio serio di mandare in malora le imprese, ci sono moltissime situazioni che stanno andando in sofferenza. Non un litro di latte, non un chilo di frutta può essere distrutto. Questa ministra non lascerà i campi incolti. Io sono al governo e lavoro con il massimo impegno senza guardare orari e senza guardare se questa questione porti o meno consenso elettorale. Oltretutto sottolineo che le persone di cui parliamo non hanno diritto di voto: questa per me è una battaglia di civiltà. Per questo ho detto che affrontare o meno questo tema nel modo più giusto possibile è per me motivo di permanenza nel Governo. I problemi non vanno contemplati, vanno risolti. Soprattutto quelli più scomodi e spinosi. Sono chiamata a questo, non a fare tappezzeria.

Quali obiezioni sono state poste dai 5Stelle?

Che i lavoratori da regolarizzare sono troppi e che in questo modo si va a saturare il mercato del lavoro. Che significa? Non ci sto ad alimentare conflitti insidiosi e pericolosissimi, come è stato fatto nei 18 mesi di governo giallo-verde, tra i lavoratori migranti e i nostri concittadini. A cui non è ovviamente

impedito di lavorare in agricoltura. Piuttosto, invece di agire sul versante delle politiche attive del lavoro, si è scelta la strada del reddito di cittadinanza su cui, come si sa, io ho molti dubbi. Eppure, nonostante questo ho detto: costruiamo una norma che consenta la cumulabilità del sussidio, perché le persone che vogliono lavorare in campagna non debbano rinunciare ad avere una parte del reddito di cittadinanza. L’ho fatto perché sono convinta che l’agricoltura e l’agroalimentare sono due settori strategici per il nostro Paese, e per tenere in conto le richieste che arrivano da un nostro alleato di governo. Non mi interessano gli scontri ideologici e invito tutti a non alimentarli. Questa è una questione di civiltà e giustizia sociale. Affrontiamola come esige e come merita.

Oggi si è svolto in videoconferenza un incontro con il settore dove erano presenti anche il Presidente Conte e i ministri Patuanelli, Gualtieri, Catalfo. Come è andato?

Le associazioni hanno tratteggiato un quadro per nulla semplice, aggravato ovviamente dalla mancanza di lavoratori stagionali. È vero, la filiera alimentare ha continuato a lavorare in questi mesi difficilissimi, ma le criticità sono forti e impattano in modo rilevante. Il blocco del settore ho.re.ca [hôtellerie-restauration-cafés, cioè settore ristorazione e alberghiero, compresa la filiera di produzione e distribuzione che lo rifornisce, N.d.R.], il rallentamento dell’export, la riorganizzazione del lavoro nella fase che si apre, il bisogno di liquidità, sono questioni prioritarie che dovranno trovare spazio adeguato nel decreto che stiamo scrivendo. È l’impegno che il Presidente Conte ha assunto.


(L’Huffington post, 6 maggio 2020)

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