13 Febbraio 2015

La politica terribile vive sulle parti scisse di sé

Difficile ma vero

 

di Sara Gandini

 

E’ necessario inventare altre forme della politica – Simone Weil le chiama “istituzioni” – che siano orientate al bene, alla verità e all’amore, perché i partiti non garantiscono libertà e democrazia. Era il ‘43 quando Weil nominava questa esigenza per far fronte ad una società “interamente dominata dalla necessità e dai rapporti di forza”. A differenza di Simone Weil, Lia Cigarini -in L’Europa di Simone Weil (Via Dogana n. 110)– sostiene che il lavoro politico sul simbolico ha consentito di affrontare, qui in questo mondo, il conflitto tra “necessità e libertà, tra collettivo e singolarità”. Cigarini sostiene che quel simbolico ha orientato le pratiche, dal teatro all’autocoscienza, che si sottraggono al potere. Le nomina come esperienze che hanno un ruolo determinante nella vita pubblica e politica, mentre Gaeta in L’ispirazione soprannaturale (Via Dogana 111) le definisce apolitiche. Eppure le relazioni tra i sessi sono radicalmente cambiate e il patriarcato non fa più ordine a causa di una libertà e di una politica agita dalle donne “senza alcuna forma di organizzazione e senza strumenti di potere”, spiega Cigarini.

 

Arriviamo qui ad un punto cruciale: il senso della politica. Per gli uomini, più che per le donne, la dimensione politica coincide con l’esercizio del potere. Persino un uomo come il Segretario Generale di Podemos, Pablo Iglesias, nei suoi discorsi pubblici da una parte riconosce valore al femminismo, raccontando la forza trasformativa di un padre che gioca con suo figlio e lava i piatti, e dall’altra parla della politica come una cosa terribile, nella quale non riesce ad intrecciare il sapere che gli arriva dalla cura dell’esistente. In questo modo lui riconferma che l’unica idea e pratica di politica è quella basata sui rapporti di forza.

 

E’ come se ci fosse una “scissione interna più profonda di quanto si pensi”. Cigarini nomina questa scissione parlando delle donne con cui discute di Europa e quando interloquisce con Gaeta. Io la vedo in uomini vicini al femminismo, come Iglesias e alcuni uomini di Maschile Plurale con cui sono in relazione. Si tratta di uomini che sembrerebbero innamorati – io lo sono certamente – di una politica che ha a che fare con il vissuto e le relazioni personali, ma qualcosa fa da ostacolo. Anch’io, come Cigarini, ho scommesso su queste pratiche politiche lontane dal potere, e mi chiedo quindi come far circolare parole che sappiano far ordine.

 

Mi chiedo cosa posso fare perché questa politica si apra al mondo e nasca quella consapevolezza che permette di avere uno sguardo lucido e quell’immaginazione che apre gli orizzonti. E come far comprendere le capacità trasformative di questa politica orientata al bene e all’amore, che punta sulla forza delle relazioni?

 

Penso che a volte sia necessario aprire conflitti lì dove si è, nei contesti in cui si vive. Cigarini lo fa con Gaeta su Via Dogana e io lo faccio nello scambio con quegli uomini che sanno dare valore alla relazione con le donne, ma che a volte faticano a nominare come politico ciò che capita nelle relazioni.

 

Uno dei conflitti più significativi che ho vissuto in questi anni è avvenuto quando una donna ha dichiarato pubblicamente di avere subito violenza da un uomo di “Maschile Plurale”. Nonostante siano anni che gli uomini di questa associazione affermino ovunque che la violenza li riguarda, e che questa è la loro sfida politica, di fronte a questa accusa sono rimasti disorientati, alla ricerca di una verità oggettiva che potesse fare ordine e indicare loro che direzione prendere. Tuttavia in uno scambio via mail con Gianni Ferronato ho trovato un’intuizione interessante nel punto in cui afferma che ‹‹una verità “oggettiva”, se anche si potesse dire, in realtà sarebbe poco interessante per capire le radici della violenza››. Ferronato sostiene che molti sono alla ricerca di linguaggio oggettivo che però rende conto della realtà da un punto di vista di esperienza maschile, per motivi che appartengono alla cultura dominante.

 

Si è trattato di uno scambio complesso e stiamo ancora giocando. Se ho deciso di rischiare, di portare la mia differenza in queste relazioni, è perché ho fiducia che qualcosa di significativo possa capitare. Anzi in parte penso sia già capitato.

Indubbiamente i conflitti sono faticosi. Però, se non ci si sottrae, i conflitti possono regalare verità importanti, in grado di ricucire quella scissione interna su cui vive il simbolico maschile.

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