12 Novembre 2013
Il Fatto quotidiano

“Non riesco a rimanere indifferente”. Lettere di Lucia a Il fatto quotidiano.

di Lucia

 

Caro Direttore, le scrivo questa lettera perché so che nel suo giornale al quale sono abbonata date spazio alle persone normali come me, che hanno qualcosa da denunciare, ma che nessuno ascolta. Sono dieci anni che faccio la spesa nello stesso supermercato e sono dieci anni che fuori dallo stabile c’è un senegalese che vende calzini, tovaglie, borse e cose del genere. È sempre stata una persona gentilissima, non ha mai inseguito nessuno per vendere qualcosa, anzi. A me, che vado al supermercato, non ha mai chiesto nulla, sono io che quando posso acquisto qualcosa. Ogni tanto mi sono fermata a parlare con lui, ha due bambini e una moglie in Senegal, e tutti gli anni, dopo le leste natalizie, torna qualche mese a casa da loro per portare il poco che è riuscito a guadagnare. 

Qualche giorno fa sono andata a fare la spesa e quando sono arrivata lui era lì fuori che parlava con i gestori del supermercato. Quando sono uscita aveva tolto tutta la merce esposta ed era seduto su una panchina. Mi sono fermata e gli ho chiesto cosa fosse successo. Mi ha risposto che gli era stato detto che qualcuno si era lamentalo e che per questo non poteva più stare lì. Giorni dopo ho saputo che è stato un assessore della giunta guidata dal Pd (partito che io ho votato qui a Grosseto) a intimorire i gestori dei supermercati della città dicendo loro che, nel caso avessero trovato qualcosa di illecito nel ragazzo che vendeva lì fuori, ci sarebbero andati di mezzo anche loro.

Scrivo a voi perche ho scritto al sindaco su facebook ma non ho avuto risposta. Vedere una persona brava come lui in lacrime mi ha fatto indignare non poco, io so che probabilmente la legge è dalla parte dell’assessore, ma sinceramente questo non mi interessa. In un Paese tome l’Italia, dove a comandare ci sono solo inquisiti ed evasori condannati in Cassazione, credo che il mio amico Mustafà sia il problema minore, l’ultimo. Tutti dicono che sì, dispiace, ma d’altra parte non ce la possiamo prendere più di tanto. È vero che in Italia sono milioni le persone che hanno perso ii lavoro e milioni quelli che non ce l’hanno. Io stessa sono un’operaia, lavoro per una ditta da otto anni e il mio stipendio è 960 euro, mille quando va bene, e con straordinari regolarmente non pagati (e comunque mi ritengo fortunata ad averlo un lavoro); però, nonostante tutto questo, non riesco a rimanere indifferente. Sono giorni che ci penso e vorrei tanto fare qualcosa per lui.

Questa lettera è uno sfogo che spero possa far capire agli italiani che non sempre dobbiamo girarci dall’altra parte e dire che i problemi gravi sono altri. Alle volte sarebbe bene cercare di aiutare chi ci è più vicino, anche con piccoli gesti. Mi vergogno di essere italiana, perché siamo un Paese di razzisti, ladri e raccomandati. Siamo un Paese dove il prossimo conta niente, dove il lavoro “va dato agli italiani”, ma la verità è che i lavori migliori vanno ai raccomandati. Ecco, io credo che la politica dovrebbe dare il lavoro a tutti, soprattutto a chi se lo merita, italiano o no. Mai come ora mi rendo conto di quanto sia stata fortunata ad aver avuto una famiglia che mi ha insegnato a rispettare tutti e a non voltarmi mai dall’altra parte se qualcuno è in difficoltà: questo vorrei insegnare anche a mio figlio. Grazie per l’attenzione.

Lucia

 

(Il Fatto quotidiano, 12/11/2013)

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