9 Gennaio 2015

Per immaginarci ovunque

di Laura Colombo e Sara Gandini

Le cose stanno cambiando, anche se accettare la fine del patriarcato resta pesante per gli uomini: lo vediamo quotidianamente nei fatti della cronaca cruenta, lo leggiamo nel linguaggio usato dai media per parlare delle donne (pensiamo agli insulti ricevuti da Emma Watson dopo il suo discorso all’ONU) o nelle scelte editoriali fatte da intellettuali maschi. Un esempio emblematico? Per il primo numero de L’Espresso dell’anno scorso, intitolato «Caro figlio ti scrivo» (n.1, gennaio 2014), è stato chiesto a vari autori di scrivere una lettera ai propri figli. Su tredici scrittori solo una donna, Michela Marzano, che – da figlia (!) – scrive al padre. Nostalgia del padre, come figura che fa ordine? Beninteso, la faccenda non si risolve semplicemente chiedendo una lettera ad almeno metà scrittrici. Non si tratta di quote, si tratta di vedere (in primis da parte dei giornalisti) che la libertà femminile ha fatto una pacifica rivoluzione, negli ultimi decenni.
In effetti un nuovo ordine di rapporti è venuto al mondo dalla caduta del patriarcato: le donne non pensano più l’uomo come il modello da eguagliare, sempre di più si riferiscono ad altre donne e puntano su genealogie femminili per trovare una strada di libertà.
Il Presidente della Repubblica, nel suo discorso di fine anno, rende omaggio a “italiani esemplari” (sic!). Ma molti notano che tre su quattro sono donne, di scienza e cultura, che dedicano la loro vita alla ricerca: Fabiola Gianotti, direttora generale del CERN di Ginevra (il presente), l’astronauta Samantha Cristoforetti (il futuro) e Serena Petricciuolo, ufficiale medica della Marina, che sulla nave Etna ha aiutato una profuga nigeriana a dare alla luce la sua bambina (il passato). Questa volta siamo molto d’accordo con lui. Infatti ci piace quello che dice Fabiola Gianotti, alla guida di migliaia di scienziati: «Lasciare il controllo non significa perdere il comando. La leadership nasce per consenso e non può essere imposta dall’alto. Credo nelle organizzazioni leggere, dove le gerarchie servono per essere più efficienti, ma non diventano un elemento di rigidità che soffoca l’iniziativa e la creatività delle persone.»
Queste figure sono interessanti perché permettono di immaginarci e rappresentarci ovunque, anche nei luoghi di potere, senza finire schiacciate dalle sue regole. Di più, mostrano che la libertà femminile può mettere al mondo rapporti più liberi. Genealogie femminili che aprono l’orizzonte del possibile.
E per gli uomini? Riconoscere una grandezza femminile, affidarsi ad un’autorità differente, può rappresentare un’occasione per mettere al mondo altro?

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