16 Dicembre 2015
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«Il mio progetto nato in carcere: regalare alle scuole i migliori libri per ragazzi»

Ad oggi abbiamo distribuito gratuitamente più di 4.000 testi in tutta Italia e in questo modo permettiamo a bambini e giovani di conoscere il mondo che, senza i libri, non potrebbero mai toccare neanche con l’immaginazione

di Kibra Sebhat

Di libri non si vive bene, economicamente, per questo Della come “secondo lavoro” insegna lingua e letteratura italiana all’Università Americana di Roma. Ma il suo cuore appartiene all’editoria e alla passione per la politica. Alle poesie di Caproni e a un marito che le ha sempre lasciato lo spazio per esprimersi. Ecco la storia di oggi di workHer su donne e lavoro.

L’indipendenza di Ida Antonella, che si fa chiamare Della, poggia su tre uomini importanti. Il padre economista che, finito il liceo, la manda a imparare «un mestiere vero», quindi a fare un corso da dattilografa. Il secondo, il nonno: partito dall’Abruzzo con la terza elementare, arriva a Roma e diventa dirigente del Banco di Napoli. Tra i tre nipoti, Della e due fratelli minori, sceglie di lasciare la casa di proprietà solo a lei che giurava non si sarebbe sposata mai. Ma lui voleva solo che lei si laureasse: peccato sia mancato due anni prima della discussione della tesi. Il terzo uomo importante è Antonio, incontrato in carcere. Tra i fondatori della cooperativa Sinnos, nata a Rebibbia Penale nel 1990 dall’idea di tre detenuti stranieri e due italiani, con l’obiettivo di produrre editoria per ragazzi.

«Oggi Sinnos è composta da nove soci, sette donne e due uomini che fanno uno il redattore e l’altro il magazziniere, e abbiamo cambiato tante sedi. Ma tutto è nato in carcere, dal desiderio di questi uomini di costruire qualcosa che avrebbe dato loro una possibilità anche fuori dalla prigione». E ai giovani lettori dei loro libri, un’infinità di opportunità. «Quando Antonio ci ha lasciati abbiamo pensato a cosa potesse continuare a raccontare la sua storia e sono nate le Biblioteche di Antonio. Ogni anno scegliamo i migliori libri per ragazzi, aggiungiamo il nostro catalogo e li regaliamo a una neo biblioteca scolastica o a una in difficoltà che ha bisogno di essere supportata. Ad oggi abbiamo distribuito gratuitamente più di 4.000 testi in tutta Italia e in questo modo permettiamo a bambini e giovani di conoscere il mondo che, senza i libri, non potrebbero mai toccare neanche con l’immaginazione».

Tanti uomini importanti quindi, ma quello che ha salvato la giovane Della dagli anni bui del terrorismo e della droga che hanno caratterizzato il ‘77-78, è stato il femminismo. «Mi ha fatto respirare un’aria diversa, mi ha colpito la libertà di parola delle donne, che nel mio liceo è stato il motore politico. Oggi le ragazze conoscono poco di quegli anni, ma quando porto nelle scuole testi come Nina e i diritti delle donne e discutiamo di quel periodo, sono capaci di mettere in discussione il loro stesso pregiudizio. Da una parte ci sono le donne della mia generazione, di cinquant’anni o più che non intercettano i desideri delle giovani. Dall’altra ragazze e ragazzi fanno meno attività politica e faticano a capire il contesto in cui ci impegnavamo. Per questo la comunicazione è difficile». L’altro gruppo, sempre femminile, che caratterizza da trent’anni la sua vita sono le amiche del liceo. «Ci siamo laureate, sposate, separate, “riprodotte”, rimaste single ma non abbiamo mai perso un appuntamento con il nostro Natale, ogni 23 dicembre. Mi sento fortunata ad averle incontrate perchè il confronto con loro e la loro comprensione sono stati fondamentali».

I risultati di Della del test EST di workHer.it

Ora che i figli Matteo e Francesca sono cresciuti e la sua casa editrice ha compiuto venticinque anni, il senso di realizzazione di Della poggia ancora sulla partecipazione dei ragazzi. Uno degli ultimi progetti che l’ha resa più soddisfatta ha come protagonisti quelli di Lampedusa. «Da tre anni, in collaborazione con Ibby, International Board on Books for Young People, selezioniamo, tra gli altri, i migliori silent book: testi senza parole che possono essere compresi da chi parla lingue diverse. Stiamo lavorando affinchè gli operatori dei centri di accoglienza possano distribuirli tra i minori stranieri, ma chi mi ha colpito di più sono i ragazzi lampedusani. Ho visto bambini con smartphone e account facebook fare la fila per la biblioteca e citare Kipling. Ragazzi delle medie e delle superiori gestire in autonomia prestiti e ritiri. Non un lamento ma richieste: più libri e un cinema. Cittadini partecipanti. E quando li guardo penso che se ci sono loro, io non ho più paura del futuro».

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