30 Aprile 2021
Internazionale

Annalena Baerbock. La sorpresa

di Robert Pausch


È la leader dei Verdi tedeschi e la più giovane candidata di sempre alla cancelleria. Fino a pochi mesi fa era quasi sconosciuta, ma ha stupito tutti grazie alla sua capacità di stabilire alleanze


Così si fa la storia: nel complesso industriale della Malzfabrik di Berlino, davanti a un girasole e a un pugno di telecamere. «Il palco è tuo», dice lo scrittore e leader dei Verdi Robert Habeck, facendosi da parte. Libera il campo alla prima donna candidata dai Verdi alla cancelleria, la più giovane aspirante della storia alla carica principale della Repubblica federale tedesca: Annalena Baerbock. Si è arrivati a questa candidatura attraverso un processo decisionale così pacato e discreto che perfino i cristiano-democratici della Cdu hanno avuto la sensazione di assistere a un evento storico, congratulandosi con i Verdi per il loro borghese controllo delle emozioni. Difficilmente sarebbe potuta andare meglio per il partito ecologista. Vittoria e sconfitta, vendetta e onore, rancore e lotta: la competizione interna per il potere non è mai affiorata, mentre straripava in ogni riunione della dirigenza della Cdu. In due volevano la candidatura per i Verdi, una di loro l’ha ottenuta: tutto qui. Già lunedì si parlava solo di unità del partito. In effetti, in questo momento storico, è bene ricordare la ricetta segreta dei vertici dei Verdi per capire la posta in gioco. Per la prima volta nella storia della politica tedesca ci sono stati due presidenti del partito che sono cresciuti insieme. Per tre anni Annalena Baerbock e Robert Habeck non si sono mai messi in mostra in contrasto. Per tre anni i punti di forza dell’una hanno bilanciato le debolezze dell’altro. Invece di combattersi, si sono completati. Questi sono almeno tre quarti della verità. L’ultimo quarto è che questo modo di stare insieme ha funzionato particolarmente bene fino a quando tra i due è rimasta in piedi una gerarchia ufficiosa. Habeck, il noto e apprezzato ministro dell’agricoltura del Land Schleswig-Holstein, è cresciuto nel suo nuovo ruolo finché è stato capace di rimanere un passo indietro. E Baerbock, che fino a poco tempo fa era una completa sconosciuta, ha saputo prendersi il suo spazio al momento giusto. Il quotidiano Die Tageszeitung di recente ha ricordato un episodio avvenuto poco dopo che entrambi erano stati nominati presidenti del partito: a un evento pubblico Habeck ha interrotto Baerbock, e lei ha chiarito subito che una cosa del genere non doveva succedere mai più. «Ora parlo io. Qui non si fa mansplaining», ha detto usando un termine inglese per indicare l’atteggiamento paternalistico di un uomo che pretende di spiegare qualcosa a una donna. «La sala è andata in visibilio», ha scritto il giornale. In quella scena erano già contenuti tutti i paradossi che sarebbero venuti a galla nei mesi successivi: un femminista potente e una potente femminista insieme alla testa di un partito femminista, che sarebbe diventato così popolare da aspirare alla guida della Germania. Ma alla guida c’è posto per uno solo. O una sola?

Senza dare nell’occhio

Intervistata all’inizio del 2020, Annalena Baerbock dava ancora l’impressione di ritenere improbabile la sua candidatura al ruolo di cancelliera. Ma se Habeck nel corso dell’estate è stato trattato come il candidato indiscusso, Baerbock è risalita nei sondaggi senza dare troppo nell’occhio. Così la gerarchia tra i due è cambiata, e anche l’idea che Baerbock aveva di se stessa. Perfino le loro scaramucce hanno assunto un’aria diversa, meno scherzosa. Nell’estate del 2020, Baerbock ha chiarito quale fosse la differenza tra loro due: in quanto ex ministro dell’agricoltura, Habeck è particolarmente esperto di “mucche e maiali”, lei invece “di diritto internazionale”. Mentre Baerbock guadagnava spazio, Habeck lo perdeva. Un’altra volta, nel febbraio scorso, è stata lei a interrompere Habeck nel bel mezzo di una delle sue tipiche frasi ellittiche, affrettandosi a concludere l’evento: «Insomma, senza dilungarsi troppo, grazie mille per averci ascoltato». Per un partito che affermava di andare avanti a pane e armonia, momenti come questo saltavano agli occhi. Proprio come i segnali all’interno del partito a indicare che la comunicazione tra i due non era più così allineata. Per esempio quando Baerbock e Habeck, senza mettersi d’accordo, hanno chiesto sostegno agli stessi influencer e attivisti: sembravano quasi due campagne elettorali autonome. Visti da lontano, apparivano uniti, a uno sguardo ravvicinato, si cominciavano a notare le crepe nel loro rapporto. Nel corso dei mesi Baerbock ha guadagnato spazio e nel frattempo Habeck l’ha perso. «Robert deve volere la candidatura, ma non deve volerla troppo», ha detto a febbraio un importante politico dei Verdi. In ultima analisi, ogni passo in avanti rischiava di essere interpretato come una mossa contro Baerbock, come un’espressione di dominio maschile e di machismo. Forse per la prima volta non erano più gli uomini ad avere in mano il meccanismo del potere, ma una donna. La stessa Baerbock ha riflettuto a lungo sulla questione femminile. Da un lato, come ogni donna che prende il potere, temeva di essere considerata solo un effetto delle quote rosa. Dall’altro, diventava sempre più consapevole del fatto che il patriarcato non scompare se lo critichi ma poi al momento del bisogno ti sottometti alla sua logica. In questo senso, ha fatto di ogni obiezione che le veniva presentata un punto di forza. I due bambini piccoli? Lo fa proprio per loro. La mancanza di esperienza governativa? A Friedrich Merz della Cdu non l’ha rinfacciata nessuno. È troppo giovane per fare la cancelliera? Le donne hanno sempre aspettato troppo a lungo. Lui è l’oratore migliore? Controdomanda: quindi il carisma è solo una cosa maschile? E chi, se non i Verdi, dovrebbe garantire che ci sia una donna alla guida del governo?

Una rete di sostegno

«In un certo senso, Robert l’ha sottovalutata», dice qualcuno della dirigenza del partito. Perché Baerbock poi ha tirato fuori un’altra arma. A differenza di Habeck, possiede quella che è generalmente considerata una prerogativa maschile: è capace di creare delle cordate, come le chiamano nella Cdu. I Verdi preferiscono chiamarle “strutture di sostegno”. Dopo la laurea, Baerbock ha lavorato per un eurodeputato dei Verdi. In seguito è diventata presidente del consiglio del Brandeburgo e deputata del Bundestag (la camera bassa del parlamento tedesco). In particolare, come rappresentante del comitato per gli affari economici ed energetici, ha stretto contatti con ogni corrente del partito. Baerbock ha il numero di cellulare di ogni presidente di sezione, si dice nei Verdi. Un anno e mezzo fa, quando è stata confermata presidente del partito, la sera è entrata nel bar dell’hotel dove si teneva il congresso, si è guardata intorno e poi si è seduta sulle ginocchia della capogruppo al Bundestag, che a sua volta le ha gettato le braccia al collo, l’ha stretta a sé e ha cominciato a sussurrarle qualcosa nell’orecchio. È stata una scena di sorellanza che è rimasta impressa (soprattutto agli uomini), perché le immagini di vicinanza politica finora erano state quasi sempre maschili: Brandt e Scheel che si confidavano segreti. Kohl e Strauß che passeggiavano insieme. Gli uomini della coalizione rosso-verde in un pub di Bonn, dove un ministro impressionò il suo futuro cancelliere con virtuosismi dell’ugola mentre scolava la sua birra in un sorso. Gli uomini in piedi al bancone che si danno una pacca sulle spalle sono ancora la norma. Le donne che manifestano la loro intesa con modi e gesti femminili sono l’eccezione. Nelle settimane decisive, Baerbock ha utilizzato le sue reti. Non per indebolire Habeck, sottolineano tutti, ma per rafforzare se stessa. Ha telefonato a molti parlamentari e tanti di quelli con cui ha parlato le hanno consigliato di candidarsi. «Vuoi farlo e puoi farlo», le ha detto una figura influente dei Verdi. A poco a poco, racconta qualcuno, negli ambienti della dirigenza del partito si è creata una “sensazione Annalena”, a cui neanche Robert Habeck ha potuto sottrarsi. E a un certo punto a Baerbock è diventato chiaro che, per farcela, le sarebbe bastato volerlo. Alla fine, Annalena Baerbock ha vinto senza sconfiggere nessuno. È arrivata al potere senza dover lottare. Se l’è semplicemente preso. Con la costanza, l’abilità e la volontà necessarie.


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(Internazionale n. 1407, 30 aprile/6 maggio 2021)

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