2 Ottobre 2025

Trasformare il dolore e il desiderio di giustizia in una risorsa per il futuro. Irit e Aisha

di Maria Aprile


C’è in giro un fantasma vendicativo che si aggira indisturbato tra le folle, accompagnando la sete di giustizia di uomini e donne, giovani e anziane, indifferentemente. Proclamandosi riparatore di torti, trova accoglienza in social, piazze e salotti, nutre nuove generazioni, intossica. Invocando riparazione trova plauso in un mondo a ragione assetato di giustizia. Il sentimento, l’emozione prorompe e deborda, ingoiando la distanza necessaria per patire il dolore, ma anche per trascenderlo, trasformandolo in progetto per un mondo futuro vivibile, perché la sopraffazione non rimbalzi, cambi direzione, per perpetuarsi.

La manifestazione per la Giornata Internazionale della Pace, che si è tenuta all’interno del Giardino dei Giusti di tutto il mondo di Milano [la “Tenda del Lutto”, organizzata il 21 settembre 2025 dalla Fondazione Gariwo, ndr], è stata una rara occasione per rivedere un pacifismo sincero, fondato sul lavoro di mediazione e nonviolenza, in cui le parole e le pratiche di pace delle donne, quelle che ci hanno dato strumenti per andare oltre alle logiche dello scontro, hanno potuto trovare pubblica rappresentanza. Il momento più emozionante è senza dubbio stato l’incontro con Aisha Khatib e Irit Hakim dell’organizzazione israelo-palestinese Combatants for Peace. Un’organizzazione nata da ex combattenti di entrambe le parti che hanno deciso di abbandonare lo scontro armato per cercare una soluzione nonviolenta.

Nelle parole di Aisha Khatib, nella ferita per la perdita del fratello, in quella vita distrutta da un proiettile sparato da un soldato israeliano che a distanza di dieci anni ha raggiunto il suo esito fatale, nel racconto della rabbia e del successivo smarrimento, nell’incontro prima con i Parents Circles e poi con Combatants for Peace, è emerso un travaglio vitale più forte degli esiti mortiferi della guerra e della vendetta. La stessa cosa che è accaduta a Irit Hakim, israeliana da sette generazioni, sopravvissuta per puro scherzo della sorte al massacro di ventidue giovanissimi israeliani compiuto da un gruppo di terroristi provenienti dalla Siria, sopravvissuta alla morte di un amico d’infanzia, passata attraverso la detenzione del marito per il suo rifiuto di prestare servizio nei territori occupati. Donne che hanno trasformato il dolore, le diffidenze e il desiderio di giustizia in una risorsa per il futuro, nella volontà di conoscersi, parlarsi comunicando le proprie ferite, scoprendo che «non si può essere nemici se conosci tante cose dell’altro».

Non a caso fino alla vigilia del 7 ottobre sono state le donne israeliane e palestinesi riunite in Women Wage Peace in collaborazione con Women of the Sun che hanno costituito la spina dorsale di grandi espressioni pacifiste. Le pacifiste sono state presenti ovunque, anche nelle organizzazioni miste, portando la capacità di riconoscersi reciprocamente il comune dolore e lavorare per la conciliazione.

La celebrazione del Memorial Day (in Israele il Memorial Day è il giorno in cui si commemorano le vittime del terrorismo e i soldati caduti in guerra) in chiave bi-nazionale, per ricordare anche le tante vittime palestinesi, è stata fondamentale per Irit Hakim per scoprire il posto giusto dove lavorare per la pace insieme ad altri uomini e donne: i “nemici” con i quali trovare spazi collettivi per costruire insieme la trasformazione delle memorie.

Il 7 ottobre è stato un momento drammatico per tutti, anche per i Combatants for Peace, un momento di confusione, paura, diffidenza e silenzio. Riprendere a parlarsi e lavorare insieme è stato faticoso e i primi incontri su Zoom sono stati inondati di lacrime.

Oltre alla violenza di questi anni c’è una luce, non ricordiamo solo il male, ma anche le luci che in queste tenebre brillano.


(www.libreriadelledonne.it, 2 ottobre 2025)

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