di Gabriella Colarusso
È iniziata a Teheran, la capitale che per prima registra e accoglie i mutamenti sociali del Paese: sempre più donne vanno in giro in scooter, si fotografano e condividono, e le immagini galvanizzano l’internet iraniana per una prassi impensabile fino a qualche anno fa e ancora inaccettabile oggi per gli ultraconservatori che la considerano una offesa alla morale pubblica, un atteggiamento “non islamico” perché impedirebbe alle donne di indossare correttamente l’hijab ed esporrebbe troppo il loro corpo, come scrive l’agenzia di stampa vicina ai radicali Shabestan.
Repressione moderata sui costumi
Ma i grandi movimenti di protesta degli ultimi anni, come quello seguito alla morte di Mahsa Amini, stanno riscrivendo la grammatica sociale degli iraniani e delle iraniane. Nonostante la repressione nel Paese resti molto forte – in soli nove mesi dall’inizio del 2025 ci sono state più di mille esecuzioni capitali – l’atteggiamento del governo del riformista Pezeshkian è relativamente moderato per quanto riguarda i costumi sociali, una scelta dettata anche dalle circostanze esterne: con la crisi economica profonda e la pressione internazionale che ha isolato il Paese, spingere sulla repressione sociale aumenterebbe il rischio di rivolte interne.
Zahra Abedini, la pioniera
E così le iraniane conquistano nuovi spazi di libertà. Fino a sedici anni fa Zahra Abedini, una delle pioniere del motociclismo iraniano che oggi non solo guida la moto ma insegna ad altre donne come farlo, veniva presa in giro e doveva nascondersi per via della sua passione, ha raccontato a France24. «Trovai una pista fuori città che accettò di insegnarmi, e iniziai a fare motocross. All’epoca, conoscevo solo altre quattro donne che condividevano la mia passione per le moto. L’ho tenuto nascosto alla mia famiglia per sei mesi, ma alla fine mio padre lo ha scoperto. Quando mi vide guidare una moto da cross e saltare dalle rampe di terra rimase terrorizzato. Gli ci è voluto molto tempo per accettarlo». Oggi Abedini organizza tour e gite fuori porta.
Un piacere e un’esigenza
Ma se molte iraniane scelgono lo scooter non è solo per piacere. Il traffico congestionato della capitale, i costi sempre più alti della benzina e delle assicurazioni per l’auto, le enormi distanze e la necessità di fare più cose durante il giorno – dalla spesa all’andare al lavoro all’accompagnare i figli a scuola – spingono molte a preferire la moto. È segno, anche questo, di un cambiamento: un numero crescente di iraniane lavora, la disoccupazione femminile è scesa dal 20% al 15% negli ultimi sette anni.
Una pratica ancora illegale
Nel governo si dibatte se cambiare le norme per chiarire col diritto una realtà che è già del quotidiano. Il codice della strada non vieta esplicitamente alle donne di guidare, ma una lacuna normativa fa sì che non possano farlo in maniera legale: l’articolo 20 stabilisce infatti che la polizia possa rilasciare la patente agli uomini, ma non si pronuncia sulle ragazze. È una zona grigia dove si annidano abusi ma fioriscono anche opportunità, come spesso accade in Iran.
Il capo della polizia stradale, il generale di brigata Teymour Hosseini, ha dichiarato a settembre che la patente per le donne richiederebbe modifiche formali alla legge, e che le forze dell’ordine erano «in attesa di una notifica ufficiale sulla guida motociclistica femminile per poter procedere» visto che «la Costituzione non vieta alle donne di possedere motociclette. Possono detenere documenti di immatricolazione ufficiali a proprio nome, quindi logicamente dovrebbero anche poter ottenere la licenza».
La vicepresidente per le donne e gli affari della famiglia, Zahra Behrouz-Azar, tuttavia, sostiene che non sia necessaria alcuna legge: «Il motociclismo femminile non è diverso dal lavoro delle donne pilota o autiste. Vediamo già donne attive nel trasporto nazionale, internazionale e aereo, ed è naturale che abbiano bisogno di motociclette per la mobilità quotidiana», ha affermato, precisando che le normative esistenti sono sufficienti e che l’attuazione richiede solo la cooperazione tra le autorità.
La fotografa Maryam Saeedpoor intanto cattura il nuovo spirito dei tempi: le sue foto su Instagram sono un documento originale del nuovo Iran, con ragazze senza velo che guidano motociclette colorate, ma anche donne velate in sella. Viene in mente quella scena di Easy Rider quando Dennis Hopper, fumando una sigaretta intorno al fuoco, dice con intensità a Jack Nicholson: «Che male c’è nella libertà? La libertà è tutto».
(la Repubblica, 27 novembre 2025)

