di Michela Pagarini
Tre giorni di laboratorio sull’archivio politico della Libreria delle Donne alla (e con) Fondazione Badaracco.
Mi sono iscritta perché ho sempre vissuto l’archivio come un luogo speciale e prezioso ma anche quasi irraggiungibile, spazio sacro solo di chi poteva vantare un livello intellettuale raffinato e avanzato. Così, l’idea di poterci mettere un piede e il naso era praticamente irresistibile, di più alla luce della mia tesi magistrale a cui sto cominciando a pensare.
Ma come spesso succede, le possibilità trovate e vissute davvero sono state molte di più di quelle che avevo messo in conto o anche solo intuito.
Prima di tutto, come sempre, lo stare insieme fra donne, in questo caso donne interessate, intelligenti, appassionate, a tratti anche commoventi (per me, che mi emozionano il valore umano, la capacità di gentilezza e di ascolto, il pensiero che respira e si stimola e soprattutto cresce attraverso lo scambio con quello altrui).
E poi l’effetto di uscire dal mio guscio nel quale mi ritiro tanto spesso e tanto volentieri, perché nel mondo orribile non ci voglio stare e mi sembra che mi faccia male tutto, ma così anche mi perdo e dimentico la parte bella e vitale, quella che dà speranza, forza e senso al nostro continuare a stare qui, giorno dopo giorno, nutrendo la consapevolezza che nessuna è la sola o da sola.
In tal senso, questi giorni sono stati un bel promemoria, direi felice.
Abbiamo letto dei documenti più o meno vecchi, ci siamo confrontate su esperienze di oggi e di ieri che hanno le radici in comune ma i rami in mondi completamente diversi, abbiamo parlato di cose alte e di cose piccole, sempre mischiando un po’ di cultura e politica e un po’ di vissuto e di personale, alla buona, vecchia e infallibile maniera, sempre sedute in cerchio, sempre disponibili a turno a dirci, a capirci, o almeno a interrogarci, mi pare.
Me ne torno a casa con nomi e cognomi che si sono riempiti di senso, voglia di fare cose, un appuntamento per un convegno, una visione più ampia della mia tesi, un blocchetto pieno di appunti, alcune donne che prima nemmeno conoscevo e ora vorrei rivedere, la consapevolezza che a furia di stare zitta la mia capacità di parlare spontaneamente è diventata un po’ timida (ma ci lavorerò), la voglia di approfondire ma anche di farlo condividendo, un’idea di “stanza della tessitura” che cambia tutto, una calamita con un gatto rosso, e un’enorme gratitudine per aver potuto esserci e per le donne che hanno organizzato e contribuito alla possibilità di questo laboratorio.
Grazie di cuore, perciò e prima di tutto a Chiara Martuccci, Fondazione Elvira Baradacco, Libreria delle donne di Milano e a Giordana Masotto.
E poi alle mie compagne di banco e di viaggio: Valentina, Fosca, Michela, Silvia, Anita, e tutte le altre con le quali magari ho parlato meno ma dalle quali ho ascoltato tutto.
E come ha detto sul (gran) finale una di noi: sapremo ritrovarci!
(Facebook, post 23 novembre 2025)

