27 Febbraio 2007

A proposito dei recenti interventi del CEI e del Vaticano

Abbiamo volutamente lasciato passare un po’ di tempo prima di intervenire, nella speranza che si attenuasse il clima polemico e potessimo esprimere più pacatamente il nostro pensiero, e nell’attesa di ammorbidimento delle posizioni e di voci ecclesiastiche più umane (le poche, coraggiose, che si sono fatte sentire, sono state prontamente corrette e rintuzzate ).
Lo esprimiamo ora, perché tacendo non si corra il rischio di ingenuità e di incremento alla confusione generale, tanto mena di indifferenza, di omertà e di rassegnazione.
Infatti ciò che ci addolora e ci indigna non è tanto la dichiarazione dei pensiero della Chiesa (tutti ne riconoscono il diritto) quanta l’inappellabilità dei principi e l’interferenza nelle decisioni di organismi democratici che per loro costituzione dovrebbero essere autonomi e consapevoli dei proprio agire politico.
Soprattutto ci sollecita l’amarezza che la Chiesa, cui apparteniamo e che siamo, si esprima da parte dei suoi vertici unilateralmente, dall’alto delle istituzioni, senza minimamente dar prova di un ascolto, di un confronto tra tutto il popolo di Dio, con quei laici di cui si celebrano convegni e s’invoca la maturità, la dignità e la collaborazione, ma evidentemente si pensa a loro solo in termini di subalternità, di obbedienza, di esecutività, come sempre.
Noi che stiamo e viviamo tra la gente, ci accorgiamo che c’è sete di Vangelo, di comprensione, di fraternità, di quell’amore che tanto si sbandiera a parole, ma che trova forti opposizioni nella pratica, non di giudizi e condanne, né tantomeno di estraneità dai bisogni e dalle esigenze concrete, di testimonianza pubblica e di segni che le parole dei Signore “Sono venuto non a condannare il mondo, ma a salvarlo” (Gv. 3,17) sono applicabili a tutte le situazioni purché si trattino appunto con amore e comprensione.
Perciò vogliamo dire ai nostri fratelli Vescovi, con tutto il rispetto, ma fermamente, quali sono i punti che sentiamo particolarmente stridenti con il Vangelo che ci viene proclamato in ogni Eucaristia. A nostro avviso:
1) non si può predicare l’amore ai fratelli e alle sorelle se contestualmente non se ne sostengono anche i diritti ad esistere con dignità e sulla stesso piano di tutti quelli che già ne godono;
2) non ci si può appellare alla “legge naturale” o alla “natura” tout-court, sapendo che è un aspetto contestato e discusso ed è in corso un dibattito di sempre più numerosi teologi, filosofi, antropologi, giuristi, in quanta la cosiddetta “natura” in realtà non è così armonica e così perfetta originariamente (caso mai nel processo evolutivo tende all’armonia) ma è invece disordine, discriminazione, spesso “legge della giungla”;
3) non si può non interrogarsi sul fatto che le modalità delle relazioni umane sono cambiate e che non esiste un modello “evangelico” di famiglia, perché riflette il modello del suo tempo, e perciò il cosiddetto “modello cristiano” è mutuato dalla tipologia della famiglia patriarcale e più recentemente da quella borghese;
4) non ci si può rifugiare nello strumento della “nota vincolante” senza far arretrare e ricacciare l’immagine della Chiesa nelle figure di potere, di autoritarismo, di condanna, che si credevano ormai superate (almeno dopo il Concilio Vaticano II).
Inoltre con questo documento vogliamo anche sottolineare con forza l’esigenza di rispetto per i laici – uomini e donne, credenti e non – su cui abitualmente si addossa tutta la responsabilità delle confusioni e degli attuali disorientamenti sotto il pregiudizio e l’accusa di immaturità, di minorità, di incapacità ecclesiale, senza d’altronde creare se non in minime soffocate eccezioni – possibilità di reale confronto, di ascolto nella Chiesa, di decisioni comuni soprattutto per quanta li riguarda direttamente.
Preghiamo e ci auguriamo con umiltà e speranza che la Chiesa tutta nella sua dimensione pubblica e nei suoi interventi ufficiali si manifesti finalmente fedele al vangelo di Gesù e perciò più preoccupata di vivere la Sua parola, e me no di applicare e custodire il Diritto Canonico e il Catechismo, diffondendo segni di misericordia e di “giustizia evangelica” (meglio eccedere in misericordia rischiando di sbagliare che non il contrario), difendendo la dignità e la libertà di tutti senza pregiudizi preventivi, sostenendo in modo privilegiato chi viene considerato “diverso” e perciò estraneo e nemico, e rifiutando decisamente e definitivamente le modalità di quel potere religioso che 2000 anni fa decise la morte di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio.

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