31 Ottobre 2008

A proposito di classi per favorire l’integrazione

Da 23 anni sono una maestra elementare, da tre ho iniziato il lungo percorso di adozione e forse, tra poco, sarò anche mamma.
Probabilmente il bambino o la bambina che entrerà nella nostra famiglia sarà già grande e frequenterà la scuola, parlerà un’altra lingua e il colore della sua pelle sarà diverso dal nostro.
Quando ho iniziato i primi incontri nel gruppo dei genitori adottanti, circolavano esperienze diverse sull’arrivo e sui primi contatti che i bambini avevano qui in Italia e si parlava anche di qualche momento di disagio vissuto a scuola o ai giardini, durante i giochi con i coetanei.
Ma io, che con i bambini ci sto da 23 anni, non mi sono preoccupata per questi episodi e mi sono detta che c’è anche una sensibilità altra e profonda che circola tra loro e che ci sarebbe stato sempre qualche compagna o qualche compagno che avrebbe trovato il modo e le parole per non fare che si sentisse diverso/a o per non tenerlo/a fuori dai loro giochi.
L’attesa sta facendo aumentare il desiderio e l’immaginazione, le proiezioni sul futuro diventavano un viso, un corpo, una mente e un cuore, il mio pensiero è sempre più spesso concentrato sulla probabile sofferenza da lui/lei provata negli anni passati, sul suo essere stato magari abbandonato e così via; in questo scenario, può forse diventare un problema ulteriore la sua lingua materna?

 

Magari presto ci diranno chi è e partiremo per portarlo, o per portarla, a casa.
Sì, la casa sarà pronta per accoglierlo, i suoi spazi, le sue cose, tutto ciò di cui avrà bisogno e tra queste il nostro calore e il nostro affetto.
Poi andrà a scuola. La scuola: mi immaginavo il primo incontro in classe, con i compagni e con le maestre. Le sue paure ma anche i primi sorrisi, quelli che fanno i bambini quando ti guardano negli occhi e capiscono se sei triste, preoccupata, stanca, se hai paura. O se sei felice.

 

Ora penso alla scuola che potrebbe trovare e prevale la preoccupazione e il timore che possa venir meno la carica emotiva presente nella spontaneità del primo incontro e nell’autenticità del primo contatto.
Immagino le solitudini di tanti bambini che arrivano da un altrove, insieme alla sua; penso che lui o lei, oltre agli ostacoli che dovrà superare, per accettare due nuovi genitori, si troverà in un ambiente che sottolinea a tutti i costi ciò che è diverso, senza valorizzare ciò che è comune: l’essere bambini che guardano ciò che li circonda fiduciosi che qualcuno li possa accompagnare.

 

La maestra che ogni giorno è nel rapporto con i bambini e le bambine della sua classe è la donna che aspetta il figlio del desiderio.

 

Stefania Susani

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