3 Marzo 2008

Aborto e campagna elettorale

Maria Cristina Mecenero

Se qualcuno vi chiedesse di credere in un governo futuro, senza che possiate conoscere alcune sue posizioni su temi da voi ritenuti essenziali, gli accordereste fiducia? Se qualcuno vi chiedesse di votare per lui, senza che vi dica come il suo schieramento politico intende procedere politicamente, riguardo la vostra libertà individuale, lo votereste o vorreste sapere, prima, come intende la libertà e che disegno ha in mente che vi riguarda e che riguarda milioni di donne e uomini?
È un gioco subdolo quello dei nostri politici che hanno scelto – a una prima valutazione, sembrerebbe, per non esporsi e scontentare chi i cattolici, chi le donne – di non fare entrare nella campagna elettorale la loro parola sulla legge 194. Che vuol dire non portare nello spazio pubblico di discussione preelettorale la loro posizione e il loro pensiero sulla libertà femminile, in un momento così delicato, in cui è proprio questo uno dei temi di confronto più forti. Un gioco a nascondino. A cui ci invitano. Tutti. Anche noi donne. Elettrici. E da elettrice declino l’invito e dichiaro che non voterò chi non mi dice da che parte intende stare. Se dalla mia, e cioè dalla parte della libertà di scelta, o se contro di me, e cioè dalla parte del disordine e del controllo. E della manipolazione più raffinata che possa esistere: quella di chi agisce in malafede, e lo sa, ma racconta di essere super partes e di non volere recare danno alla questione, attraverso l’uso strumentale di essa.
Faccio un passo oltre e insinuo che gli uomini come Veltroni e Berlusconi siano dello stesso partito per quanto riguarda il rapporto tra i sessi: il partito degli uomini furbi, il partito degli uomini che vivono in un momento storico in cui, chiamati a confrontarsi con il fatto che le donne sono cambiate, e con loro sta cambiando la posizione maschile nel mondo, sornioni fanno buon viso e cattivo gioco. Perché la libertà delle donne li interpella. Tutti, di destra e di sinistra. Tutti e più profondamente di quanto si possa intravvedere in mezzo a questa confusione e miseria politica, in cui dietro a ciò che sembra l’oggetto di contesa – il governo di un paese – in realtà c’è altro. Il governo di un cambiamento interiore e relazionale. Un’altra possibilità di umanità, a partire da questo semplice e concreto assunto: la legge non può niente di fronte a una donna che non vuole diventare madre.

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