Nonostante la campagna per la moratoria e 400 mila firme raccolte per la legge sulla ripubblicizzazione, il tema non è entrato in nessun programma elettorale. E nessun esponente dei movimenti sarà in parlamento Amministratori di piccoli comuni riuniti a Bassiano (Latina) per organizzare la resistenza alle privatizzazioni
Andrea Palladino
Bassiano (Latina)
Parlare di acqua è parlare, prima di tutto, di democrazia. Se ne stanno accorgendo i sindaci in Italia, gli amministratori di piccoli paesi che si sono visti sottrarre il controllo della risorsa primaria da aziende con sedi lontane, lontanissime. Oggi Vincenzo Avvisati, sindaco di Bassiano, paese di 1000 abitanti arroccato sulle montagne che circondano la pianura pontina, non sa più a chi rivolgersi se l’acquedotto non funziona. E allora ha aperto le porte del Comune agli altri sindaci che come lui hanno deciso di resistere, di indossare la fascia tricolore e di sfilare in prima fila per la battaglia per l’acqua pubblica. Proprio a Bassiano, divenuto simbolo della resistenza alla gestione della società Acqualatina, controllata dalla francese Veolia, si è così aperta la tre giorni voluta dai comitati di Latina e dal Forum nazionale per l’acqua pubblica. Domenica si concluderà con una manifestazione nazionale ad Aprilia, dove i cittadini riuniti in un comitato spontaneo da tre anni contestano la privatizzazione voluta nel 2003 dall’amministrazione di centrodestra.
Vincenzo Avvisati è forse divenuto un simbolo anche per i suoi modi pacati, sornioni. “La vera Europa nasce da noi piccoli comuni, dalla nostra voglia di democrazia, di rappresentare i bisogni quotidiani dei nostri cittadini”, dice con decisione. Bisogni come l’acqua, che un mese fa è stata sottratta d’impero alla gestione comunale. Beni comuni, che riportano l’ago della bilancia politica nel vivere quotidiano, nella difesa dell’essenziale della vita.
La privatizzazione non è solo una questione di tariffe. Il movimento per l’acqua pubblica rilancia la sfida, dopo la moratoria ottenuta dal governo Prodi, fortemente a rischio con l’aria di nuove privatizzazioni che gira. “Se facciamo due conti – racconta Roberto Lessio, di Legambiente Latina – moltiplicando il fatturato di un gestore dell’acqua per i 90 Ato costituiti in Italia, ci rendiamo conto che la cifra in ballo è enorme”. Miliardi di euro quelli dell’acqua che, per la logica del mercato, qualcuno ha voluto togliere ai cittadini e ai municipi per affidare alle multinazionali, ai fondi d’investimento, alle banche d’affari. Proprio il sindaco Avvisati mostra una lettera della Banca d’Italia, arrivata al Comune ieri. Acqualatina ha chiesto un mutuo alla banca irlandese Depfa, senza dire nulla ai Comuni, titolari degli impianti idrici. E loro, i sindaci in rivolta, hanno preso carta e penna ed hanno chiesto spiegazioni. La Banca d’Italia avvierà una procedura per “chiedere chiarimenti all’intermediario”, ricordando al sindaco di Bassiano che “potrà rivolgersi, se del caso, all’autorità giudiziaria per la tutela degli interessi che ritenga lesi”. Una piccola vittoria, ma non basta. Proprio nel giorno del convegno su “Acqua e democrazia” di Bassiano, l’ufficio stampa manda ai giornalisti il documento tecnico di presa in consegna degli impianti. “Rendiamo noto lo stato di completo deterioramento in cui si trovano gli impianti di Bassiano”, scrive l’amministratore delegato Morandi, ritornato al suo posto dopo gli arresti domiciliari e accuse pesanti fatte dalla Procura di Latina. Come a dire che ora con i manager francesi l’acqua del Sindaco sarà più buona.
A colpi di project financing, di mutui, di consigli d’amministrazione lontani migliaia di chilometri dai bisogni della gente, l’Italia rischia di fare un outsorcing della democrazia.
La battaglia per ridare dignità al quotidiano dei cittadini, la battaglia dei sindaci sta però lentamente crescendo. Prima Bassiano, poi il Comune di Formia, che a fine 2007 ha deciso di richiedere indietro le chiavi dell’acquedotto ad Acqualatina, poi Pontinia, poi in Campania la città di Nola, che ha deliberato l’uscita dalla Gori Spa gestita dalla multinazionale romana Acea. Tanti altri sindaci che stanno resistendo alla consegna degli impianti alle società per azioni. Un movimento forse inedito nel panorama politico italiano, che parte dalle piccole città, dove il rapporto tra primo cittadino e abitanti è ancora diretto, e quindi politico nel senso più nobile. Fatto di discussioni nelle piazze, di fiducia che non può essere tradita, lontano dai consigli di amministrazione e dai gettoni di presenza