1 Settembre 2004

Amore e perdono

Gianni Ferronato

Queste brevi riflessioni sono alcune delle risonanze che mi porto dentro dall’incontro del gruppo degli uomini di Verona del 14 Maggio scorso e dal convegno di Asolo “Amore, conflitto e azzardo politico” dell’11 e 12 giugno scorsi.
All’amor non si comanda. Come diceva Mario G. l’amore non si può promettere. Posso promettere la cura, la dedizione, la responsabilità, la fedeltà, ma l’amore va oltre le parole e le intenzioni.
Mi può capitare di amare e può essere un volto ed una storia molto concreta oppure uno stato dell’essere di pace e di comunione oppure l’apertura di un conflitto oppure ancora l’attraversamento di un dolore. Mi può capitare di essere amato e potrei non accorgermi (Andrea Lavagnoli e Luisa Muraro ad Asolo hanno parlato di un’ottusità degli uomini nel riconoscere l’amore) o potrei rifiutarlo perché non ha il volto dei miei sogni o perché mi sconvolgerebbe la vita oppure potrei accoglierlo e
allora… Mi può capitare di sentire amore, ma, per la paura di non essere ricambiato, impedirne il fluire, bloccarlo, nasconderlo. Ma si può? E se sì, a quale prezzo?
Certo è che amore non può esserci senza conflitti. L’amore però ha il potere di togliere la loro carica distruttiva, lasciando loro solo la carica di cambiamento. Ad Asolo abbiamo detto la stessa cosa della relazione di differenza. Stare in relazione di differenza significa aprire dei conflitti senza averne la soluzione in testa, soprattutto senza pensare a soluzioni che escludano l’altro o l’altra.
Anche la mia esperienza conferma che quando si evitano dei conflitti, e le ragioni sono le più varie, a volte anche molto ragionevoli, l’amore e l’interesse reciproco lasciano il posto alla noia e all’abitudine. Spesso le ragioni più ragionevoli nascono dalla paura di ferire o di offendere, ma se c’è amore si possono dire cose anche molto dure oltre che vere. E queste verità ci cambiano.
Ma le donne possono promettere l’amore?
Adriana parlava di “premessa di perdono” e di “promessa di amore”. Sento come una grande verità ciò che lei ha detto: “Il perdono serve prima di tutto a chi perdona, perché libera l’amore bloccato nel risentimento. E si può dare il perdono anche se chi mi ha offeso non lo chiede”.
Al gruppo uomini di Verona abbiamo parlato anche dello “stare in presenza” (ascolto, attenzione, assenza di pregiudizio…) come massima libertà dell’essere in relazione da una parte e della rigidità del modello paterno che abbiamo introiettato dall’altra. Tra i due estremi di questa forbice procede la nostra vita, ma, notava Mario G., né l’uno né l’altro dipendono dalla nostra volontà. Non lo so.
A me pare che oggi mi succeda più spesso di un tempo di “stare in presenza” nelle mie relazioni, come pure di considerare certi aspetti del modello di mio padre da me finora svalutati con più “tolleranza”. Al di là del peso della volontà in questi processi di cambiamento, la cosa nuova per me è che mi si è aperta un’idea di soggettività non più legata solo alla volontà, ma a tutta la complessità dell’essere, in cui anche i punti di resistenza, le contraddizioni, le paure, i limiti possono diventare le
risorse di cui si serve l’amore per fluire da noi. In questo senso, e non come conservazione dello status quo, colgo la frase di Mario G. “amare le nostre resistenze”
Marco Cazzaniga, ad Asolo, poneva l’interrogativo di come far diventare cultura corrente la relazione di differenza che noi in questi anni abbiamo cercato di praticare secondo le indicazioni che le donne del pensiero della differenza hanno elaborato: partire da sé, dal proprio sentire, dai propri desideri…
e cura-responsabilità della relazione, che vuol dire anche pratica della relazione non strumentale.
Io notavo che queste due indicazioni portano a cambiamenti di ordine superiore rispetto a quelli a cui normalmente pensiamo, come ad esempio succede quando si impara ad imparare oppure a risolvere dei problemi uscendo dai soliti schemi. Queste due indicazioni cambiano i nostri processi di cambiamento e le regole che valevano per i cambiamenti di primo ordine non valgono più per quelli di ordine superiore; un po’ come nel famoso rompicapo che prevede di congiungere 9 punti posti ai
vertici e alla metà dei lati e della diagonale di un quadrato con quattro segmenti di retta senza mai staccare la penna dal foglio.
Marco Deriu, raccogliendo l’invito di Alberto Leiss, ha proposto un incontro allargato degli uomini per riflettere appunto su cosa possiamo fare e come possiamo essere per dare una risposta all’interrogativo di Marco Cazzaniga.
Sempre ad Asolo alcune donne hanno posto agli uomini la domanda di come essi vivono la relazione di differenza quando la donna che hanno di fronte non ha quel volto materno-autorevole che sembra gli uomini gradiscano di più o che, almeno, così è per me. Lia Cigarini ha chiesto che cosa hanno da dire gli uomini sul potere e su quel fenomeno di massa, la prostituzione, in cui gran parte di essi sono coinvolti e Gabriella Cimarosto di interrogarsi sulle paure ataviche, della violenza degli uomini
per le donne e dell’onnipotenza materna per gli uomini. La paura di questa onnipotenza sta forse alla radice del tentativo della scienza di appropriarsi della riproduzione. Adriana infine ha espresso il desiderio che gli uomini si facciano più carico complessivamente della relazione di differenza anche nella progettazione e organizzazione dei prossimi incontri di Asolo.

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