Una donna colta e coraggiosa a servizio della promozione di ogni donna. E di una società più giusta.
Anna Pozzi
Ha un nome “pesante”, di quelli che in molte parti dell’Africa continuano a evocare una stagione di lotte e di speranze. Odile Sankara, sorella di Thomas Sankara, il leader che segnò una breve ma intensa stagione politica e sociale del Burkina Faso, porta nel Dna quel senso di integrità che il fratello volle diventasse parte integrante del nome del suo Paese (Burkina Faso significa appunto: Il Paese degli uomini integri). Per il resto, non c’è nulla di più distante da lei dall’impegno politico e partitico.
Le sue competenze, la sua professionalità e il suo impegno sociale passano attraverso gli strumenti della cultura e in particolare del teatro. Membro della Compagnie de Seeren (fioritura), un gruppo teatrale professionale, Odile comincia a dedicarsi alla carriera artistica, ma con un occhio di riguardo per la promozione dei giovani e specialmente delle donne.
“Dal 1990 – racconta mentre è di passaggio a Milano, ospite della Libreria delle donne – facciamo teatro rivolgendoci in particolare ai giovani. Lavoriamo soprattutto sui racconti tradizionali del Burkina Faso, ma anche sulle fiabe di La Fontaine, perché ci sono elementi comuni e soprattutto veicolano gli stessi messaggi educativi e gli stessi valori che cerchiamo di comunicare attraverso il teatro”.
Odile e la Compagnie de Seeren lavorano nelle scuole, ma non solo. Spesso le rappresentazioni vengono allestite nei quartieri popolari per poter raggiungere anche i molti bambini che non frequentano la scuola. L’impegno teatrale tuttavia non le basta, e nel 1996, insieme a tre compagne, crea l’associazione Talents de femmes (talenti delle donne). Vi si uniscono altre attrici e oggi l’associazione è molto attiva e conosciuta in tutto il Burkina Faso. “All’inizio – spiega Odile -era per noi un modo di rispondere con i fatti alle opinioni poco lusinghiere della gente. Nel mio Paese, le donne che fanno teatro o che lavorano nell’ambito culturale o artistico non sono ben viste, anzi, vengono considerate delle poco di buono. Questo perché lavoriamo molto di notte, usciamo da sole, rientriamo tardi, e allora si pensa che conduciamo una vita scostumata. Naturalmente non è vero e dunque abbiamo deciso di farlo capire alla gente attraverso il nostro lavoro e questa associazione, che oggi promuove molte iniziative interessanti”.
Un problema sociale
Una di questa, la più conosciuta, è il festival Voix des femmes (voci di donne), che si svolge ogni due anni ed è giunto alla quarta edizione. Racconta: “Per questa occasione facciamo venire nella capitale Ouagadougou i gruppi tradizionali dai villaggi. Lì le donne lavorano molto, hanno creato gruppi di danza o canto, ma il loro lavoro resta confinato nei villaggi. E in più non hanno formazione adeguata e quindi quello che fanno resta un po’ nell’ambito folcloristico. Durante il festival le facciamo venire in città, permettiamo loro di esibirsi, ma anche di avere occasioni formative. Per questo si fanno esibizioni tra gruppi di città e gruppi rurali, in modo da favorire uno sguardo incrociato tra i due contesti. E poi, proponiamo momenti formativi con professori e specialisti e una tavola rotonda durante la quale si affrontano i loro problemi”.
In questi anni, è emerso che il problema di fondo non è di carattere meramente artistico, ma piuttosto di tipo sociale. In un contesto ancora fortemente tradizionale, le donne hanno pochi margini di libertà, raramente possono fare quello che desiderano, perché ci sono gli uomini al loro fianco che le controllano e le sottomettono. “In passato, quando le donne, dai villaggi, venivano al festival, c’era sempre un uomo ad accompagnarle. Così i mariti erano rassicurati perché non si potevano lasciar andare le donne tutte sole in città. Ma ancora oggi le donne non possono uscire da sole o fare le attività che desiderano”.
All’origine di questa situazione vi è stata, per diverse di loro, la mancata possibilità di accedere alla scuola e, di conseguenza, anche se hanno voglia di fare qualcosa, mancano degli strumenti necessari per realizzare le loro attese. Molte sono cresciute in famiglia, aiutando la madre e occupandosi dei lavori domestici e dei campi. Secondo Odile, le cose stanno migliorando, perché le bambine vanno maggiormente a scuola, ma ancora non tutte. A questo riguardo, è stato messo a punto un programma di scolarizzazione femminile, e un po’ alla volta, la realtà cambia in meglio.
Il problema di fondo è che molti genitori non hanno ancora compreso adeguatamente l’importanza dell’educazione scolastica. In certe zone, le bambine vengono ritirate dalla scuola, perché la mamma è sola, ha appena partorito e ha bisogno di qualcuno accanto che l’aiuti. Oppure i bambini, durante alcune stagioni dell’anno, vengono impiegati per seguire il bestiame e così non possono completare il percorso scolastico. Senza dimenticare che, frequentemente, le famiglie sono molto povere e, nelle zone rurali, non ci sono molte scuole, per cui i bambini devono fare molti chilometri per raggiungere la più vicina.
Consapevolezza e conoscenza
Con la Compagnie de Seeren, Odile e i suoi colleghi hanno avuto la possibilità di lavorare con una Ong canadese, che ha sostenuto le loro tournée in giro per il Paese. Un modo, questo, per sensibilizzare sui diritti dei bambini attraverso il teatro, toccando temi molto delicati: dalle mutilazioni genitali femminili ai matrimoni forzati, dalla salute all’educazione, all’acqua potabile, ecc. Generalmente, la gente risponde bene a questa iniziativa e dopo ogni rappresentazione segue quasi sempre un dibattito con la gente, molte volte più interessante delle stesse rappresentazioni.
Odile spiega: “I temi trattati sono molto forti e a volte ci rinfacciano il fatto che noi veniamo dalla città per dare delle lezioni. “Noi – dice la gente – sappiamo perché diamo le nostre figlie in matrimonio, non vogliamo che escano con uno qualunque, che non ascoltino più i loro genitori e magari rimangono incinte. Noi preferiamo darle in moglie a un amico che ci ha fatto del bene e al quale restituiamo del bene”. Quando dicono queste cose, hanno ragione nel loro contesto, ma io cerco di farli riflettere aprendo un poco i loro orizzonti. “E se vostra figlia non ama l’uomo che avete scelto per lei? Se non è d’accordo? E poi perché non la mettete al corrente, non chiedete la sua opinione e il suo consenso, ma la date in sposa come se fosse un oggetto?”. Oggi ci sono ragazze che preferiscono fuggire, andarsene via, nonostante le difficoltà gravi che incontrano, pur di non finire in moglie a un uomo sconosciuto, spesso molto più vecchio di loro. Queste cose vanno discusse e noi cerchiamo di stimolare la riflessione attraverso il teatro”.
Poi c’è l’altra grande e grave questione relativa alle mutilazioni genitali femminili. Da qualche anno è stata lanciata una campagna a livello nazionale per debellare questa pratica disumana ed è stata approvata anche una legge che punisce con la prigione e un’ammenda coloro che la praticano. Molte l’hanno abbandonata pubblicamente, ma c’è ancora chi opera di nascosto ed è necessario fare un grande lavoro per cambiare innanzitutto le mentalità. “Da noi – dice Odile – queste pratiche non hanno niente a che vedere con la religione. Fanno parte di una tradizione, che è ancora molto forte. Si è sempre fatto così e non si discute; o lo accetti e lo fai o non lo fai ma lo rispetti. È qualcosa che nel tempo ha assunto un’aura di sacralità, ma in realtà, se si scava a fondo, si scopre che all’origine c’è l’interesse da parte degli uomini di dominare la donna, di addomesticarla”.
Contro queste pratiche e contro altre forme di discriminazione lottano le donne di Talents de Femmes, facendo valere innanzitutto i loro diritti, difendendo la loro reputazione di donne artiste, e promuovendo l’emancipazione di altre donne. “Oggi la gente vede il lavoro che facciamo, l’impegno che mettiamo e ci apprezzano, ma questo non impedisce che ci sia anche un altro sguardo. Per esempio, io ho quarant’anni e non sono sposata, cosa inaudita per la nostra società e anche per gli uomini, che mi guardano con sospetto. L’importante è continuare a crederci, avere una forte motivazione come anche l’ambizione e il coraggio di andare avanti”.
Un coraggio, il suo, che è radicato nella cultura e nella tradizione a cui appartiene, ma che si nutre anche delle esperienze che in questi anni ha maturato in Europa e in particolare in Francia, dove dirige un laboratorio teatrale. “Qui ho imparato innanzitutto che l’ignoranza rende schiave le persone e che se hai un’educazione, se possiedi il sapere, allora puoi scegliere nella vita, puoi scegliere la tua vita. Questo voglio trasmettere e condividere con le mie connazionali, per una maggiore consapevolezza dei nostri diritti, e per essere finalmente libere”.?