7 Aprile 2022
il manifesto

Processo Sankara, sollievo in aula. «Una pagina della storia del Burkina è stata voltata»

di Stefano Mauro


Per l’omicidio di Thomas Sankara, conosciuto come “il Che Guevara africano”, ucciso insieme ad altri 12 persone durante il colpo di stato del 15 ottobre 1987, le tre sentenze di ergastolo pronunciate ieri dalla corte di Ouagadougou sono andate oltre quanto richiesto dalla procura militare, ovvero 30 anni di carcere per l’ex presidente Blaise Compaoré e il comandante della sua guardia, Hyacinthe Kafando e altri 20 anni per Diendéré, con altri otto imputati condannati a pene che vanno da 3 a 20 anni di reclusione con l’accusa di «attacco alla sicurezza dello Stato». Il verdetto ha suscitato forti reazioni in sala. È stato accolto con grande sollievo dalle parti civili e dai parenti delle vittime. «È una pagina della storia del Burkina che è appena stata voltata», ha confidato un ex ministro Sankara. Sankara voleva «decolonizzare le mentalità» nel suo paese e in Africa, dove è diventato e resta un’icona a trent’anni di distanza – lo stesso attuale presidente Damiba si è più volte ispirato nel discorso di insediamento ai suoi ideali – cosa che gli attirò le antipatie di diversi capi di stato, sia in Africa che in Occidente. Invitò l’Africa a «non pagare il suo debito con i paesi occidentali», denunciò all’Onu le guerre «imperialiste», l’apartheid, la povertà, difese il diritto dei popoli oppressi all’autodeterminazione come in Palestina o nel Sahara Occidentale. Le decisioni che prese furono rivoluzionarie come il suo impegno sulle riforme sociali con numerosi progetti che avevano l’obiettivo di eliminare la povertà e la fame del suo popolo e che riguardavano la costruzione di scuole, ospedali o riforme per la parità di genere e la centralità della donna nella società burkinabé. Posizioni politiche forti che, insieme al tentativo di creare relazioni economiche tra alcuni paesi del Sahel per raggiungere «l’autosufficienza» e la «libertà da accordi commerciali con le potenze coloniali occidentali», gli attirò le antipatie di numerosi paesi: Stati Uniti e Francia in particolare. Dopo la pronuncia del verdetto, le parti civili si sono recate al memoriale di Thomas Sankara nella capitale. Durante tutto il viaggio, una folla di persone ha seguito il corteo. «La sua rivoluzione resta nelle menti e nei cuori del nostro popolo e in quello di tutti gli africani», aveva detto all’inizio del processo la moglie Mariam Sankara. «Con la sentenza di oggi il Burkina Faso, la Terra degli uomini onesti (nella locale lingua Djoula, ndr), dimostra di aver ascoltato la volontà del popolo», ha dichiarato all’agenzia Afp dopo il verdetto.


(il manifesto, 7 aprile 2022)

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