10 Settembre 2003
il manifesto

Bio-brevetti per il «bene comune»

Gabriele de Palma
Per fare ricerca sul Golden Rice, una varietà di riso con un contenuto elevato di vitamina A, e dunque particolarmente utile come alimento nelle popolazioni con diete poco ricche, è necessaria la «licenza»: infatti non solo il riso stesso, ma anche le tecniche necessarie per manipolarlo sono coperte da brevetto industriale, quaranta in tutto. Sono le cosiddette «enabling technologies», ovvero gli strumenti di ricerca necessari per le sperimentazioni. Ma non sempre i ricercatori universitari hanno i mezzi per pagare le royalties sui brevetti e così il sistema di protezione della proprietà intellettuale finisce sovente per diventare un blocco di fatto (o un elemento di dissuasione) alla ricerca. E’ per questo che nei mesi scorsi negli Stati uniti è stato istituito un consorzio per permettere che i risultati della ricerca universitaria in campo agricolo abbiano applicazioni pratiche non direttamente controllate dal settore privato. E’ stato battezzato Pipra (Public-sector Intellectual Property Resource for Agriculture) e nasce per volontà di dieci università e due centri di ricerca e grazie alle generose donazioni delle fondazioni Rockefeller e McKnight. L’idea deriva nei suoi principi teorici dal Land Grant College System del lontano 1862, un sistema di istruzione e ricerca pubblico in campo agricolo che offriva la possibilità di studiare anche a chi non aveva i mezzi per accedere alle università private e che garantiva la diffusione pubblica dei risultati ottenuti.

 

Ma da quando nel 1980 la Corte suprema ha sentenziato la brevettabilità degli organismi viventi (la famosa causa Diamond vs. Chakrabarty) il mondo della ricerca agricola ha subito un notevole stravolgimento e il concetto di bene pubblico si è estremamente assottigliato e così Pipra vuole restituire l’attributo di bene pubblico condiviso alle conoscenze sviluppate grazie a finanziamenti pubblici. Tale scopo non è in conflitto con gli interessi del settore privato, che sviluppa solo le biotecnologie più redditizie (soia e mais per esempio) trascurando invece molte colture di sussistenza che sarebbero utili ai sistemi agricoli dei paesi in via di sviluppo, nonché molte colture di nicchia commercialmente ancora poco remunerative.

 

Ciononostante la realizzazione di tale progetto è molto più complicata di quel che potrebbe sembrare. Se è vero che, come dimostrato da un recente studio, un quarto delle invenzioni brevettate in campo agricolo è frutto della ricerca pubblica (nessuna azienda privata può vantare tanti brevetti), è purtroppo anche vero che molti brevetti sono stati ceduti interamente al settore privato e che il patrimonio pubblico è particolarmente male assortito. Oltre a tutto il settore pubblico della ricerca quasi mai detiene la licenza di tutte le tecnologie necessarie per sviluppare e produrre nuove varietà vegetali: ne manca quasi sempre qualcuno per il raggiungimento del fatidico Fto (freedom to operate), ovvero l’autorizzazione a sviluppare nuovi prodotti.Per ovviare a questi ostacoli allo sviluppo di varietà agricole destinate al bene comune, la neonata Pipra si è preposta tre obiettivi a breve termine. 1) Stilare un inventario delle tipologie di brevetto e delle concessioni in licenza degli stessi e cercare le migliori soluzioni per conservare il diritto di utilizzare per il «bene comune» le invenzioni che il settore pubblico concede in licenza ai privati. 2) Istituire un archivio esaustivo di tutti i brevetti e di tutte le licenze in possesso del settore pubblico; un tale database è necessario per conoscere agevolmente cosa si può fare gratuitamente e quali brevetti è eventualmente necessario acquistare dal settore privato. 3) Riunire i brevetti a disposizione del settore pubblico in «pacchetti» che favoriscano l’ottenimento del Fto. Appena annunciato il varo del progetto, Pipra ha raccolto l’interesse di diverse organizzazioni dichiaratesi pronte a contribuire.

 

Tutti i dettagli si possono leggere all’indirizzo www.pipra.org.

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