15 Aprile 2004
il manifesto

«Ci possiamo sfamare da soli»

Il ministro degli Affari sociali del Burkina Faso, Mariam Lamizana: «La nostra società si sta trasformando. Decidiamo noi il nostro futuro»
Tiziana Barrucci


«L’Africa ha dimostrato che può prendere in mano il suo destino», ripete sempre Mariam Lamizana, ministra degli Affari sociali e della Solidarietà nazionale del Burkina Faso. Oggi Lamizana sarà a Roma, ospite di diversi appuntamenti d’eccezione: l’iniziativa di sensibilizzazione dell’associazione Aidos, del convegno organizzato per venerdì dal comune di Roma nella sala della Protomoteca del Campidoglio e dell’assemblea delle sezioni Ds di sabato. «Vengo in Italia perché sono grata a queste organizzazioni civili e politiche per l’aiuto che stanno dando al mio paese – tiene a sottolineare – in questo momento il nostro continente non ha tanto bisogno di sostegni economici quanto di partner che ci trasmettano conoscenze ed esperienze». Lamizana prima di essere una politica è una grande conoscitrice della società in cui vive e lavora, con una lunga esperienza di lotte civili per i diritti umani. Che l’hanno portata nel 2000 a fondare a Ouagadougou l’associazione Voix de Femmes, contro ogni tipo di violenza sulle donne. «Stiamo vedendo i risultati del nostro impegno e delle nostre campagne – spiega soddisfatta – oggi in alcune zone siamo arrivate ad una riduzione della pratica dell’escissione di ben il 40 per cento. Se questo non è un successo…»

 

Quali strategie avete utilizzato?

 

Usiamo definire le mutilazioni genitali pratica dell’esclusione, ma non sempre questa definizione funziona per convincere le famiglie a rinunciare ad una tradizione secolare. Per ottenere risultati soddisfacenti abbiamo quindi deciso di utilizzare modalità diverse a seconda del luogo di intervento. Nei villaggi funziona l’idea di puntare sulle conseguenze nefaste delle mutilazioni sulla salute. Nei centri urbani invece abbiamo puntato l’accento sui diritti delle donne.

 

Che ruolo hanno gli uomini?

 

Sappiamo tutti che sono loro a decidere spesso della vita dell’intera comunità. La loro parola determina quasi sempre le azioni o le non azioni dell’universo femminile. Per questo li riteniamo responsabili di quello che chiamiamo silenzio colpevole. L’escissione ha ai loro occhi e quindi a quelli delle donne il valore della fedeltà. Se si riesce a convincerli di tale assurdità, buona parte del lavoro è fatta. E oggi ci sono tantissimi uomini che collaborano alle nostre campagne di sensibilizzazione.

 

Il cambio della guardia ai vertici del Burkina Faso ha determinato un arresto se non un arretramento in molti campi della società civile. Cosa pensa che sia rimasto dell’Africa di Sankara?

 

Bisogna capire che le evoluzioni sono ineluttabili. La storia va avanti e spesso gli eventi possono portare novità positive. Oggi viviamo in una repubblica democratica e in un sistema economico e sociale dinamico. Sta a noi indirizzare questi cambiamenti in modo che portino benessere per l’intera popolazione.

 

Per esempio?

 

Posso citare l’esempio di quella che potrei definire una piccola riforma agraria. Tradizionalmente l’agricoltura è correlata ai cicli climatici e poiché da noi le piogge sono rare, spesso i raccolti sono insoddisfacenti. Questo significa prezzi alle stelle e problemi alimentari per gran parte della popolazione. Ma da qualche anno l’introduzione di diserbanti e di sistemi di irrigazione sta facendo raddoppiare i raccolti abbassando i prezzi.

 

Sicuramente, ma questi non sono i cambiamenti politici di cui discutevamo…

 

No, ma sono questi i cambiamenti che contano.

 

E cosa pensa di quella politica che vorrebbe aiutare l’Africa incentivando le esportazioni dei paesi africani, magari tagliando i sussidi che l’occidente concede ai suoi produttori?

 

Credo che sia una linea da seguire senza esitazione.

 

Ma così facendo l’Africa non si impoverirà ulteriormente?

 

Ovviamente c’è bisogno di un equilibrio. Ciò che è avvenuto negli anni passati è stato puntare sulle esportazioni a scapito dei prodotti alimentari, così i contadini per vendere e avere più soldi rinunciavano a mangiare. Ora bisogna puntare a favorire le esportazioni dai paesi del mio continente ma contemporaneamente assicurare alla nostra popolazione la possibilità di consumare.

 

Cosa si aspetta dal forum di Roma?

 

Che si metta l’Africa nell’agenda di tutti i paesi del Nord.

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