18 Novembre 2003

Commento all’articolo di Piero Sansonetti

Lia Cigarini

Piero Sansonetti è un giornalista politico che io stimo molto sia per la capacità di fare una cronaca precisa ed intelligente di grandi e complessi avvenimenti come sono stati i raduni di Porto Alegre, di Firenze e di Parigi, sia per la passione politica che gli permette di captare il linguaggio e la realtà che cambia.
Tuttavia, nel racconto del forum di Parigi (L’Unità 17 novembre 2003), segnalando la presenza importante delle donne, Sansonetti usa un linguaggio politico vecchio, prefemminista e contradditorio. Parla, cioè, di “questione femminile”. E sembra ignorare che questa è una formula che rispecchia un pensiero inconsapevolmente maschilista.
Ben più grave però è un altro punto. Egli sembra non sapere che da trenta anni il movimento internazionale delle donne (in particolare in Italia, Germania, Spagna, Polonia, Francia e parte degli Stati Uniti) ha criticato e decostruito il potere dando esempio di un agire politico che lo aggira.
Perciò la sua ricostruzione della discussione su questo tema appare contraddittoria e non corrispondente alla realtà. Egli, infatti, dice che la forza del movimento no-global sta nel fatto che non si è mai posto l’obiettivo del potere e sostiene che da qui partirebbe la nuova battaglia delle donne. E’ vero il contrario: per anni le donne riunite in piccoli gruppi hanno messo in parola la loro esperienza del mondo tentando di costruire un altro ordine di relazioni tra donna e uomo a lato della politica maschile di potere. E da quelle pratiche e da quel sapere ha preso ispirazione il movimento no-global, come sottolinea Naomi Klein con la celebre sintesi; “il movimento dei movimenti è donna”.
Il ragionamento di Sansonetti continua così: il movimento vuole trasformare il potere in semplice meccanismo di organizzazione e così si abolisce il vantaggio maschile che sta tutto nel potere. Ed ecco risolta la questione femminile!
Poi riferisce dell’applaudito discorso di Gundrum Schyman dirigente della sinistra svedese che, partendo dalla constatazione che più della metà numerica del mondo, le donne, sono fuori dal potere, chiede, perché ci sia più democrazia, una spartizione numericamente equa del potere. Siamo in piena confusione. E’ una confusione che ha origine nello stesso movimento i cui dirigenti hanno sempre privilegiato il femminismo di denuncia e di rivendicazione del potere. E non vedono le pratiche politiche che mettono in discussione il potere alla sua radice, nella sessualità, nell’esperienza quotidiana di rapporti tra uomini e donne. Dico cose che molte hanno già segnalato, specialmente a Firenze, penso in particolare alla critica mossa da Paola Melchiorri.
Qui a me non interessa tanto la discussione nel movimento no-global bensì capire come mai Sansonetti e insieme a lui tanti uomini sensibili ad una collocazione dignitosa delle donne nella politica democratica (che è comunque equilibrio di poteri) o addirittura attratti dalla pratica politica delle donne, alla fine danno l’impressione di non capire le nuove questioni poste dal movimento delle donne.
Quasi mi viene da dire: ma allora esiste una questione maschile. Mi riferisco alla identificazione di sé uomini con un punto di vista universale, che non può non comprendere in sé tutto e tutti, identificazione che l’uomo difende spesso a forza di sordità verso la compagna della vita o quella di riunione, seduta lì, al suo fianco.

Lia Cigarini

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