2 Luglio 2003
il manifesto

Così le terre di tutti diventeranno private

Dal collettivo al mercato Oggi il via libera libera alla legge di riforma degli usi civici. Le proprietà da secoli destinate a un uso pubblico potranno essere privatizzate con una dichiarazione del sindaco
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Oggi la Commissione agricoltura del Senato potrebbe approvare una nuova legge quadro in materia di usi civici, che ne innova profondamente la disciplina e condurrà rapidamente alla integrale privatizzazione delle terre che ne fanno parte – le terre di proprietà collettiva, cioè le terre che dall’antichità appartengono ai membri delle comunità locali e sono destinate ai loro bisogni essenziali. Ma che cosa sono e quante sono le terre collettive, presenti oggi sul territorio nazionale? Senza addentrarci in troppi particolari tecnici, dobbiamo sottolineare che si tratta ancora di oltre 5 milioni di ettari di terre boschive e pascolive, dalla legge Galasso sottoposte a vincolo paesaggistico, e comunque – salvo eccezioni da autorizzare caso per caso nell’interesse generale – escluse dal commercio e dall’appropriazione privata. Dunque, una sorta di riserve, vincolate da sempre agli utilizzi locali – legna da ardere, pascolo, ecc. – ma soprattutto escluse dal mercato. Queste le regole in vigore, alla cui applicazione sovrintende il Commissario agli usi civici. In realtà, le terre civiche o collettive non sono state affatto rispettate e in quasi tutto il territorio nazionale sono soggette ad abusi di ogni tipo: dalla villetta unifamiliare, regolarmente autorizzata dal Comune per ignoranza o connivenza, alla speculazione edilizia importante o d’occasione, all’usurpazione industriale o commerciale o turistica. Benché la legge Galasso imponga su di esse vincoli a tutela del paesaggio, le regole paesaggistiche sono destinate a valere men che nulla, quando al momento buono si ignori quali siano gli usi civici o a chi precisamente appartengano. Ebbene, è necessario oggi constatare che il Commissariato agli usi civici – giudice da ottanta e più anni deputato ad identificare queste terre con sentenza – ha fallito il compito per il quale fu creato; solo negli ultimi anni e solo a Roma, infatti, i suoi accertamenti hanno cominciato ad essere trascritti sui libri ipotecari e in questo modo a diventare conoscibili da qualunque interessato. In mancanza di questa trascrizione, le terre civiche hanno l’apparenza delle terre comunali di proprietà patrimoniale, suscettibili di finire in mano altrui, per compravendita o per usucapione. Qualche esempio. E’ un fatto che sono state compravendute senza alcuna autorizzazione dai Comuni anche le terre civiche necessarie all’insediamento delle linee ferroviarie ad Alta Velocità; è un fatto che sugli usi civici sono nate come funghi cave di breccia al servizio dei cantieri edilizi e ferroviari, sempre esenti da controlli amministrativi, fiscali e giudiziari.

 

Oggi il senato approverà dunque un disegno di legge predisposto insieme da senatori della maggioranza e dell’opposizione, per dare una soluzione definitiva a questo problema medievale. Le terre civiche non saranno più identificate da un apposito magistrato, ma con una dichiarazione del sindaco, sottoscritta in via breve e con urgenza (entro sessanta giorni), senza necessariamente tener conto delle sentenze emesse nel passato. I sindaci, si sa, non sono sempre preparati nel diritto, ma conoscono bene il proprio territorio e soprattutto gli interessi che intendono operarvi; con questa dichiarazione essi possono risparmiare tempo e soldi, altrimenti perduti nelle pratiche giudiziarie e per gli avvocati. Inoltre, se proprio è necessario qualche soldo, i sindaci sono autorizzati dalla nuova legge a vendere i terreni d’uso civico al migliore offerente, non certo nell’interesse delle popolazioni proprietarie, ma nell’interesse proprio e in quello del Comune, cioè nell’interesse di quelle imprese che in unità di intenti con l’amministrazione si propongano adeguati progetti di utilizzo. Laddove esistano ancora le popolazioni proprietarie e siano davvero interessate alla conservazione delle proprie terre, esse dovranno invece rivolgersi previamente al sindaco e sperare di essere ascoltate, ma non potranno in alcun modo opporsi al decreto di costui. Al contrario, ove il sindaco inserisca nella dichiarazione alcune terre per avventura occupate da privati, costoro – anche senza esser proprietari – potranno ricorrere al Tribunale amministrativo, chiedendo il rispetto dei loro interessi. Ma proprio questa prospettiva potrebbe indurre i sindaci più solerti a consultare previamente tutti gli occupatori per escludere dalla dichiarazione le terre pretese da costoro.

 

Non tutto sarà comunque oggetto di immediata compravendita. Ma si può star certi che nel giro di ben pochi anni, sia per effetto delle dichiarazioni dei sindaci, sia per effetto delle pretese dei privati, di terre civiche non resterà che l’ombra. La nuova legge non obbliga affatto il sindaco a un meticoloso lavoro di ricognizione di sentenze incomprensibili, non pretende neppure che la dichiarazione sindacale sia suffragata da qualche straccio di prova o di ragionamento; si accontenta per l’appunto di una dichiarazione a efficacia quinquennale. Ogni cinque anni, infatti, il sindaco in carica potrà rivedere la dichiarazione precedente e ridimensionare a suo piacere le superfici dei demani civici. La proprietà collettiva con l’entrata in vigore della nuova legge si trasformerà dunque in sorta di demanio a tempo, soggetta a ogni trasformazione edilizia o industriale da parte dei privati che godano del favore delle amministrazioni, senza recare alcun beneficio alle popolazioni residenti, che potranno al massimo raccogliervi un po’ di fieno o dei mirtilli nei periodi stabiliti. Nonostante il carattere eversivo che questa legge ha assunto, l’opposizione non vi ha trovato nulla da eccepire, forse attratta dalla prospettiva di far man bassa nei comuni di propria pertinenza; non ha sollevato un dubbio solo sulla costituzionalità di un esproprio così massiccio e immotivato; non ha preteso alcun compenso per le popolazioni soccombenti; non si è neppure accorta del progetto e non l’ha mai denunciato neppure sui propri autorevoli giornali.

 

***questo articolo ci è stato inviato da un alto magistrato, che preferisce restare anonimo

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