29 Febbraio 2004
il manifesto

Diluvio contro Letizia

Nonostante la pioggia migliaia di persone ieri sono scese in piazza per dire no alla riforma Moratti e per difendere la scuola pubblica. I sindacati confederali per la seconda volta hanno indetto una manifestazione nazionale. La scuola ha risposto in massa
Cinzia Gubbini

«Tremate, tremate, le scuole son tornate». Resitono, resistono, resistono, questi insegnanti e genitori della scuola italiana, che avranno pure una «visone statalista», come dice il forzitaliota Bondi, ma il conflitto sanno cosa significa molto più delle ingessate convenscion per dire che la riforma Moratti da più libertà. Resistono alla pioggia di bugie e manipolazioni, e pure alla pioggia che dio la manda. Con ombrelli, impermeabili, cappellini e stivali, ieri hanno marciato su Roma quasi centomila persone, nonostante qualche autobus bloccato dalla neve sull’Appennino. Chi si rivede: la scuola pubblica in piazza; per la terza volta, in cinque mesi, senza contare le centinaia di iniziative che hanno invaso nelle settimane scorse le singole scuole per dire no alla riforma Moratti. Stavolta è toccato ai confederali – con l’adesione di associazioni come Legambiente, il Cidi, i Girotondi – che ieri hanno indetto un corteo da piazza della Repubblica a piazza del Popolo. E tutti continuano a guardare con un certo stupore questa massa di persone che basta dare il la e si mette in fila come per il pifferaio di Hamelin, con i cartelli fai da te. Sarà pure vero che la scuola soffre di una sorta di allergia per la parola riforma, ma la ministra Moratti ha toccato qualcosa di più profondo, che ha stravolto la pancia del paese, che trascina fuori dalla porta di casa famiglie, insegnanti, semplici cittadini, studenti.

 

Qui non c’entra la magia, c’entra una coscienza diffusa che, guarda un po’, nasce proprio dalla scuola – quella pubblica e di massa – che si vuole smantellare. «A me pare che, per la prima volta, si ha l’impressione che si voglia cambiare una cosa fatta bene, e cioè la scuola elementare. Che si voglia deliberatamente tornare indietro – dice Giuseppe, un genitore di Varese, che ieri si è infilato insieme agli insegnanti sul pullman organizzato dai confederali – capisci che vogliono toglierti qualcosa di più per darti qualcosa di meno». «Ci siamo letti il libretto, e abbiamo capito che sarà pure vero che alle medie introducono la seconda lingua europea – dice una mamma romana di Monteverde, animatrice del Coordinamento spontaneo sorto nel quartiere – ma riducono l’inglese di un’ora e mezzo. Per fare più cose ci vogliono più soldi e più tempo, e nella riforma non c’è né l’uno né l’altro. Il ministro parla di libertà, ma è una Torre di Babele, con i ragazzi che possono entrare e uscire quando vogliono, non ci si capisce niente».

 

Fischietti, zaini con la merenda per i bambini, che sono venuti anche stavolta e sono informatissimi sulla polemica contro la loro partecipazione alla manifestazione. Due maestre di Prato si sono conciate da ragazzine, coi fiocchi in testa e le lentiggini, in mano due cartelli: «Mi hanno strumentalizzato», «Anche a me». Finalmente si fanno vedere anche gli studenti delle scuole superiori, prossimo obiettivo del ministro Moratti, e loro lo sanno bene. Parecchi di loro sfilano dietro il camioncino dell’Unione degli studenti, poco distante dallo striscione di apertura che diceva «Una scuola migliore è possibile».

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