Paola e Marina
Direttrici dei servizi generali e amministrativi, di scuole pubbliche
Senza finanziamenti la scuola pubblica collassa.
Purtroppo i tagli non riguardano solo gli organici del personale, ma drasticamente anche i finanziamenti dovuti; nel 2009: zero euro per il funzionamento amministrativo e didattico, zero per le ore di sostituzione dei colleghi, riduzione del Fondo di Istituto per i compensi accessori al personale, il budget per gli stipendi dei supplenti assolutamente insufficiente e con possibilità di reintegro solo fino al 50% della misura iniziale.
L’azzeramento di queste risorse è del tutto arbitrario rispetto al Decreto Ministeriale n. 21 del 1/3/2007, che fissava la consistenza della dotazione ordinaria riconosciuta a ciascuna scuola, e il problema più grave è quello delle supplenze.
Succede che molte scuole già ad aprile (o anche prima) hanno consumato tutto il budget annuo degli stipendi, compresa l’integrazione del 50%. Ma le supplenze continuano anche nei mesi successivi e i supplenti rimangono senza stipendio e senza certezza di quando lo riceveranno. Certo rimane il loro diritto: questo principio non è in discussione, ma come si fa concretamente a pagarli è un problema da riguardare con attenzione.
Le scuole che si sono trovate in difficoltà, hanno chiesto al ministero un’integrazione straordinaria di fondi, interpellando anche gli Uffici scolastici regionali; hanno ricevuto solo risposte evasive e tranquillizzanti, ” perché vi preoccupate”, ” Pagate, se avete cassa, per non accendere contenziosi”, e addirittura nessuna risposta da parte del ministero.
Bisogna però precisare che il Regolamento di contabilità non consente una spesa maggiore dell’ entrata del capitolo (è anche una logica di buon senso), perciò a budget finito non sarebbe possibile pagare i supplenti neanche se si ha disponibilità di cassa: è necessario che il ministero disponga un nuovo stanziamento. In assenza di questo ogni anticipazione di cassa diventa rischiosa, perché va a mangiare risorse destinate ad altro e senza possibilità di reintegrarle. Ma sempre più il Ministero conta su quella…. finanza creativa che sono gli anticipi di cassa, che, come dimostra l’economia mondiale, non funzionano all’infinito.
Le scuole infatti devono ricevere dal ministero somme ingenti anche per gli anni passati. Il debito maturato dal ministero nei confronti delle scuole è stato recentemente quantificato nella seduta parlamentare dell’8 aprile 2009 (Risoluzione in commissione n. 7/00145): debito 560 milioni di euro, ripianato solo per 200 milioni!. Le scuole devono continuare a metterle in bilancio quali crediti attivi, per permettere un (sulla carta) pareggio di bilancio. Ma il ministero non le sta accreditando, anzi è successo che alcuni Uffici scolastici regionali hanno comunicato alle scuole che dei crediti non sono più esigibili: “radiate i residui attivi”.
Nel momento in cui fosse generalizzata la parola d’ordine “radiate i residui attivi”, la scuola pubblica si troverà in bancarotta.
Nulla trapela sugli stanziamenti occorrenti, soprattutto per le supplenze temporanee del 2009.
In questi giorni, proprio in seguito alle sollecitazioni pervenute dalle scuole, il ministero ha inviato una comunicazione (prot. 3545 del 29/4/09) oltremodo preoccupante, perché nel segnalare che va comunque assicurato il diritto allo studio con “l’ordinato svolgimento delle attività di istruzione, formazione , orientamento”, nulla dice sui finanziamenti necessari a sostenerlo.
Realisticamente andrà a finire che per pagare gli stipendi dei supplenti si attingerà al Fondo di istituto (con il quale sono retribuite le numerose attività aggiuntive richieste al personale) ed anche, soprattutto per le scuole superiori, ai contributi delle famiglie, che da anni, da volontari che erano (legge Berlinguer sull’autonomia) sono diventati di fatto obbligatori e vengono ogni anno alzati per rimpinguare le casse. La cosa è assolutamente impropria, una distrazione di fondi, che va a ledere il diritto di altre lavoratrici e lavoratori e anche quello delle famiglie all’istruzione pubblica. Tuttavia è quello che realisticamente si può prevedere avverrà.
La priorità del pagamento degli stipendi è fuori discussione: lo stipendio è fonte primaria di sostentamento, da garantire in primis. Ma con cosa sarà fatta l’anticipazione di cassa?
Nella cassa della maggior parte delle scuole, di certo in quelle degli istituti comprensivi, ci sono soltanto i soldi del Fondo di istituto 2009, gli unici che il ministero sta accreditando. Perciò pagare le supplenze vorrà dire compromettere il pagamento tempestivo dei compensi accessori spettanti per l’a.s. 2008/2009, compensi già contrattati con le RSU, per un lavoro ormai già svolto.
Inoltre un’anticipazione di cassa effettuata in fiducia della provvidenza, se questa poi non si manifesterà, diventerà di fatto una erosione totale dei 4/12 del Fis accantonati, come da regola, per il quadrimestre settembre-dicembre dell’a.s.2009/2010.
E’ iniquo che si mettano in concorrenza lavoratori che hanno uguali diritti.
Inoltre distrarre il Fondo di istituto dalla sua originaria destinazione significa non riconoscere il lavoro aggiuntivo, sempre di più richiesto e svolto dal personale, e distruggere l’autonomia degli istituti. E contare sul contributo delle famiglie per ripianare i debiti del ministero, significa distrarre fondi destinati alla realizzazione della progettualità e dell’autonomia delle singole scuole, per pagare tutt’altro. La scuola pubblica viene di fatto distrutta.
Il governo deve rivedere la distribuzione delle risorse nazionali complessive, per garantire alla scuola pubblica almeno di sopravvivere.
Se poi i dirigenti scolastici, per non rischiare in proprio, dal prossimo settembre non disporranno più supplenze nei casi di assenza dei docenti, visto che anche le sostituzioni interne sono inibite (fondi zero), la soluzione praticata diventerà quella di spalmare gli alunni qua e là con lo sdoppiamento delle classi. Didattica addio. Avremo solo uno zoo con guardiani.
Nelle scuole si stanno sprecando molte energie aggiuntive per gestire questa situazione; c’è dunque un aggravamento del lavoro amministrativo, che per la gran parte è lavoro femminile. Gli straordinari sono all’ordine del giorno e diventa sempre più difficile conciliare il lavoro con i tempi di vita. Altro che pubbliche impiegate fannullone.
Come abbiamo raccontato, la questione non riguarda solo noi: riguarda tutti.