28 Agosto 2006
CORRIERE DELLA SERA

«È una guerra di civiltà tra uomini e donne»

Maria Antonietta Calabrò

China, Manem e le altre: «È vero, c’ è uno scontro tra civiltà». Ma non tra Occidente e Islam. Piuttosto, tra donne e uomini. E’ questa la tesi lanciata dalle colonne di Liberazione da Gabriella Paparazzo dell’ associazione «Differenza Donna» (un’ organizzazione di donne e che si batte contro la violenza sulle donne), che così fornisce una nuova chiave di lettura degli ultimi tragici fatti di cronaca. Che hanno coinvolto sì immigrati, sì musulmani, ma soprattutto sono stati fatti di violenza contro donne. Donne musulmane o occidentali, non importa, come nel caso della ragazza italiana di Brescia uccisa dal sacrestano cingalese o in quello delle giovani francesi violentate a Milano da due tunisini. Secondo la Paparazzo, Hina (la ragazza pachistana uccisa dal padre perché si rifiutava di vivere secondo un modello impostole), Manem (l’ insegnante tunisina uccisa dal marito perché voleva proseguire la sua gravidanza) non sono vittime ma donne forti, consapevoli del valore di sé, pronte a far valere la propria soggettività femminile contro la riduzione ad oggetto perseguita dal padre-padrone o dal marito. Hanno perso la vita per questo, per questo loro valore. Quella che è in atto – scrive la Paparazzo – è «una vera e propria guerra», che coinvolge donne di tutto il mondo contro «quella globale cultura maschile che autorizza gli uomini a disporre del corpo delle donne»: dalle colombiane alle albanesi alle americane. Ma da parte delle donne «non ha come obiettivo l’ eliminazione del nemico». Una «provocazione» quella dell’ esponente dell’ associazione fondata quasi vent’ anni fa e che a Roma gestisce tre centri antiviolenza, di cui uno specializzato nell’ accoglienza, protezione e assistenza di giovani vittime dei trafficanti di esseri umani. Un sasso nello stagno che tuttavia costringe a guardare in faccia ai fatti concreti, per evitare che «l’ informazione sui reati dei migranti si trasformi in una faida» (come titola il quotidiano di Rifondazione). E i fatti concreti ci dicono, purtroppo, che c’ è un’ evidente «differenza donna».

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