12 Aprile 2005

Felicità sottobanco

Milano, sabato 7 Maggio 2005 h. 15/19

Auditorium S. Carlo Corso Matteotti 14
Mezzi pubblici: MM1 fermata S. Babila

INCONTRO
organizzato da ReteScuole e Movimento dell’Autoriforma

 

Dopo elementari e medie la riforma arriva alle superiori e all’università, dove forse è meno forte il tessuto di relazioni politiche radicate nelle pratiche di lavoro e più diffusa l’abitudine a cercare soluzioni individuali di sopravvivenza e aggiramento delle norme. Più difficile quindi la risposta collettiva. Ma non impossibile, come si comincia a vedere. Ne sono segni il netto rifiuto che le assemblee sindacali di numerose scuole superiori oggi esprimono della bozza di Decreto Moratti, e una risposta attraversa già le università e ha bloccato il disegno di legge che rendeva precaria la figura docente. Un altro segno, meno visibile ma forse più importante per noi che scriviamo, è quel filo di felicità che corre sottobanco nel ritrovato piacere a incontrarsi, discutere, immaginare situazioni inedite, come occupare le scuole docenti e studenti assieme o aprire le università a maestre e insegnanti per mettere in comune le idee senza ruoli prestabiliti.
Nell’università aumenta il malessere per la crescente frammentazione del sapere in esami e esamini, in nome di una presunta libertà dello studente che invece è il segno della perdita di quel legame continuativo che consente il tempo necessario a fare un’esperienza di conoscenza. Nelle scuole superiori l’invasione di tecnicismi, segmentazioni modulari, privatizzazioni di percorsi e destini, ha lasciato il segno e cresce da un lato una depressa e deprimente rassegnazione, dall’altro la nostalgia di un tempo perduto fatto di prestigio e trasmissione di conoscenze certificate dalla tradizione.
La cultura torna a essere immaginata come studio solitario di conoscenze alte per definizione. Destinata a essere tradita dai giovani d’oggi ignoranti e superficiali. Pure di questa crisi che investe il senso stesso di fare e trasmettere cultura si può approfittare per cominciare a percorrere altre strade. Nell’esplosione delle conoscenze e nella crisi delle bussole pedagogiche può essere l’apertura di uno spazio di creatività e invenzione. Ogni essere umano contiene più esseri umani, ogni mondo contiene più mondi possibili.
E’ nell’esperienza personale di ogni docente che lo spazio dell’insegnare è ancora uno spazio possibile di libertà e di scommessa sul sapere, a condizione che quella libertà si abbia il coraggio e la serenità di prendersela. Perché ragazze e ragazzi siano coinvolti in una ricerca condivisa, aperta alle loro domande e ai loro desideri. Perché la cultura torni ad essere una straordinaria riserva di parole a disposizione per umanizzare la nostra umanità.
C’è la forte preoccupazione per la vera e propria demolizione di una scuola che, sia pur con molti difetti, ha cercato di svolgere una funzione pubblica nella società; c’è angoscia per il rischio di perdita di un numero altissimo di posti di lavoro, o della sua precarizzazione, ma anche il senso, più intuito che consapevole, che l’isolamento in cui ci troviamo, la tristezza e l’impotenza che ci prende e ci immobilizza, non sono fatti privati e individuali, ma sociali e politici: quasi la cifra del tempo neoliberista in cui ci tocca vivere. Rompere queste gabbie, esserci e aprirsi può essere il vero snodo per una ripresa politica. Con uno stile “allegro e fantasioso”, come quello adottato dalle maestre l’anno scorso, perché se la tristezza è politica, la felicità è e comincia dal tornare a tessere legami creativi. Già circola clandestinamente nelle nostre scuole e università, nelle pieghe, negli interstizi, in uno sguardo che all’improvviso si illumina. Facciamone invece racconto e pensiero, ma insieme e rimanendo vicino a quello che si vive e a quello che inaspettatamente si può aprire. Torniamo a interrogarci attorno ai bisogni essenziali che sentiamo, come il tempo per capire e quello per far circolare passione e affetti nel lavoro. Per questo oltre a trovarci nelle piazze è il momento di darci appuntamenti per incontrarci, fuori dalle urgenze e dai rituali precostituiti, distesamente.
Riprendiamoci spazio, tempo e narrazione.

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