8 Giugno 2004
il manifesto

Il Crollo dei diritti

Dalla retromarcia del welfare state, alla violazione dei diritti umani; dal ruolo perverso della guerra, alle scelte contro l’ambiente. Rapporto annuale sui diritti globali (Ediesse-Cgil), alla seconda edizione
Paolo Andruccioli

Il compito dei rapporti è produrre dei bilanci, degli strumenti di lavoro e di ricerca e magari di attività politica. E se si scelgono i diritti fondamentali come indicatori di base, si ottiene (purtroppo) una fotografia del mondo alquanto preoccupante. Una scena in cui aumentano le diseguaglianze e la povertà (550 milioni di uomini e donne che vivono con meno di un dollaro al giorno) e dove continuano a essere negati molti diritti della persona (le torture e Guantanamo sono solo casi estremi); l’ambiente viene calpestato ogni giorno, nonostante il trionfo mediatico delle nuove culture «verdi» e dove, perfino nei luoghi di massimo sviluppo economico, vengono tuttora negati i diritti sindacali e sociali, che comunque vengono giocati nella competizione mondializzata per mettere l’uno contro l’altro i nuovi segmenti dei mercati del lavoro. Un mondo dove la salute non è più un diritto come ci aveva insegnato il Novecento, ma un prodotto che si vende negli uffici delle grandi compagnie di assicurazione private. Il Rapporto sui diritti globali (Ediesse, la casa editrice della Cgil), curato dall’Associazione SocietàINformazione di Sergio Segio, e promosso dalla Cgil, in collaborazione con l’Arci, Antigone, Cnca (Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza) e Legambiente, è già alla sua seconda edizione. Era partito l’anno scorso un po’ in sordina e sta crescendo in corso d’opera. Così il nuovo Rapporto (1047 pagine, finite di stampare a maggio) sceglie di mettere al centro i diritti fondamentali, utilizzandoli quindi come indicatori dello stato di salute delle società in cui viviamo. Il rapporto, ha spiegato ieri Sergio Segio che ha coordinato anche questa edizione, vuole essere una «pietra d’inciampo, il nostro contributo alla memoria del presente». Il termine viene traslato dall’esperienza tedesca: in Germania sono state infatte collocate in molte città 3000 Stolpersteine, pietre su cui fare inciampare gli occhi e la memoria, con i nomi delle persone uccise dal nazismo. La fotografia dello stato attuale dei diritti, dunque, come «inciampo» per indirizzare le politiche.

 

Guglielmo Epifani, il segretario generale della Cgil che firma l’introduzione al Rapporto, spiega che il bilancio degli ultimi dodici mesi è negativo perché lo stato dei diritti in Italia e nel mondo è peggiorato. Il segretario della Cgil ci tiene in particolar modo a sottolineare il fallimento delle trattative sul commercio mondiale. Il flop di Cancun ha lasciato aperta la strada a una politica di scambi commerciali ineguale e fondata sull’assenza di regole. Dati preoccupanti, nel bilancio dei diritti, riguardano quindi ovviamente anche la stessa Europa, che non ha ancora una base costituzionale comune, ma anche il nostro paese, dove «le scelte del governo – sono ancora le parole di Epifani – hanno allargato la fase della stagnazione produttiva, vanificato le prospettive di ripresa e indebolito il tessuto sociale e produttivo».

 

Titti Di Salvo, della segreteria confederale della Cgil, ha spiegato ieri l’impianto, la struttura del nuovo Rapporto annuale sui diritti. In particolare ha voluto mettere in evidenza la scelta di dividere il lavoro in quattro grandi capitoli (diritti economico-sindacali, diritti sociali, diritti umani, civili e politici, diritti globali ed ecologico-ambientali) e di ripetere per ogni sezione la stessa struttura. Dopo l’esposizione dei temi centrali e le prospettive, vengono cioè proposte delle schede di lettura, una cronologia e le parole chiave. Nella parte riguardante i «nuovi lavori e i nuovi diritti», potrete così trovare le schede sui Cococo, i contenuti della legge 30, la contrattazione collettiva per le collaborazioni. Tra le parole chiave di questa parte spiccano ovviamente gli «atipici», i «call center», il «capitalista personale», il sistema del «job on call» e via dicendo. Molto ricca tutta la parte che riguarda il welfare, dalle pensioni alla sanità, passando per le politiche sociali, mentre nella sezione diritti umani (terzo capitolo) si possono trovare invece gli effetti devastanti della guerra, i conflitti per le materie prime, l’estremismo islamico, ma nelle schede ci sono riferimenti anche alle mine antiuomo, al nuovo boom delle armi, passando per le varie missioni di «peacekeeping» e «peacebuilding».

 

Nella quarta e ultima sezione, quella sui diritti globali ed ecologico-ambientali si fa il punto sugli effetti reali dei processi di globalizzazione, con schede sulla disoccupazione, la comunicazione e informazione globali, il quarto Forum sociale mondiale, il vertice di Cancun e la crisi del Wto. Non mancano tra le schede planetarie quella sull’accesso ai farmaci e perfino un primo bilancio «in chiaroscuro» del governo Lula in Brasile.

 

Per Stefano Anastasia (Antigone), il Rapporto è stato anticipatore della situazione che ha fatto emergere le torture in Iraq, mentre per Tom Benetollo (Arci) il lavoro è soprattutto uno stimolo ai partiti e alla politica tradizionale perché si rimetta in sintonia con la società. Teresa Marzocchi (Cnca) e Maurizio Gubbiotti (Legambiente) hanno inve spiegato i nessi tra i diritti del lavoro e quelli sociali e ambientali. Titti Di Salvo ha spinto fino alle estreme conseguenze la critica allo sviluppo economico basato sulla competizione dei prezzi. Invece di perdere la gara con i paesi con il più basso costo del lavoro, bisognerebbe cominciare a esportare i diritti nel mondo. Una frase che nella Cgil, sindacato dei diritti, è suonata bene, ma che in qualsiasi consesso finanziario avrebbe fatto gridare allo scandalo.

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