1 Gennaio 2009

Il massacro di Gaza

Donne e uomini per la pace in Palestina di Chioggia

Dal 27 dicembre Israele, terza forza aerea al mondo, ha scatenato una violentissima aggressione contro Gaza, una striscia di terra di 378 km2 popolata da un milione e mezzo di palestinesi, uccidendo nei primi sette giorni più di 500 esseri umani indifesi, tra cui moltissimi bambini.
Il tutto con la complicità degli Stati Uniti e dell’Europa, e il sostegno di un’informazione manipolata, conformista e opportunista.
Non è vero che questa carneficina è la risposta ai razzi, artigianali e per fortuna poco pericolosi lanciati da Hamas, che pure forniscono un alibi all’assalto, bensì un’azione premeditata e preparata da molto tempo.
Non è vero che Hamas, movimento integralista di cui condanniamo metodi e obiettivi, ha rotto la tregua di sei mesi, scaduta il 19 dicembre: è Israele che non ha rispettato i patti sottoscritti, uccidendo, dopo la firma dell’accordo, 25 palestinesi (gli ultimi sette nel novembre scorso) e non ha posto fine al blocco di Gaza.
Da un anno e mezzo Gaza è una prigione per tutti i suoi abitanti, ridotti alla fame e strangolati da un embargo selvaggio, un nodo scorsoio alla gola, allentato e ristretto a piacimento da Israele, che ha negato acqua, cibo, medicine, elettricità, carburante, e che ha distrutto ogni risorsa economica. “Un assedio brutale che viola i diritti umani fondamentali e le normative internazionali”, dice Jeff Halper, storico pacifista israeliano.
È vero, invece, che lo scopo di Israele è ridurre allo stremo un intero popolo cui imporre una vita senza dignità e umanità: da quarantuno anni continua l’occupazione di Cisgiordania e Gaza, “un’occupazione brutale che umilia, affama, nega il lavoro, demolisce le case, distrugge i raccolti, ammazza i bambini, incarcera i minori senza processo in condizioni terribili, lascia che i bambini piccoli muoiano ai check-point e diffonde bugie”, come afferma Nurit Peled, scrittrice pacifista israeliana.
Oggi anche la Cisgiordania è diventata una prigione, circondata da un muro di 732 km che l’ha spezzettata in undici cantoni, bloccata da 500 check-point, controllata da 250 insediamenti di coloni che rubano le sorgenti d’acqua e le terre migliori.
È vero che la stessa popolazione del sud di Israele è tenuta in ostaggio dal proprio governo.
È vero che la violenza di oggi rafforzerà l’odio e produrrà solo altra violenza.
È vero che la pace passa solo attraverso un effettivo negoziato politico con l’unione delle forze palestinesi.
Chiediamo alla comunità internazionale di porre immediatamente termine alla strage e all’assedio di Gaza e avviare un vero processo politico che metta fine all’occupazione israeliana.
A ciascuno/a di noi di costruire iniziative di solidarietà con Gaza e con il popolo palestinese, per fermare questo scempio della civiltà.

Donne e uomini per la pace in Palestina
Chioggia

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