21 Agosto 2005
il manifesto

In carcere da un anno senza processo

Tali Fahima, la pasionaria ebrea amica dei palestinesi
Michel Warschawski

Tali Fahima è una figura molto inusuale nel paesaggio politico israeliano. Voi sapete che in Israele le fasce popolari sono normalmente schierate a destra e l’élite economica e intellettuale a sinistra. Tali Fahima è un caso eccezionale. È una giovane donna di 27 anni nata a Dimona, una città povera del sud, in una famiglia di origine marocchina, molto povera. Non ha mai studiato ed è stata anche una militante del Likud, il partito di destra. Per caso, ha visto un film su Jenin. È un film molto bello che si intitola «I bambini di Arna». Racconta la storia di una donna israeliana meravigliosa che, durante la prima Intifada, venne tra i palestinesi per garantire l’educazione dei bambini più piccoli, nelle scuole materne e nelle scuole elementari, per aiutarli a scrivere e a disegnare. In questo film, si vedono i bambini di Arna nel 1988-89. Sono bambini piccoli di otto, nove, dieci anni, uguali ai bambini che si incontrano in Israele, Palestina, Europa, Africa, e tra loro, un gruppetto di cinque parlano del loro avvenire, di ciò che vorrebbero essere in futuro. Uno racconta di voler diventare attore, un altro medico. Quegli stessi bambini sono mostrati dieci anni dopo. Li si vede durante la seconda Intifada, tutti morti. Questo, di cui vi sto parlando, è un documentario, non una fiction cinematografica. Tutti loro sono morti in combattimento o negli attentati, tranne uno che si chiama Zakaria A. Z che oggi è tra le persone più ricercate dai militari israeliani. Questo film testimonia la volontà di vivere e l’umanità che c’è nei bambini, negli adolescenti, poi negli adulti. Una straordinaria forza di vivere che finisce nella morte.

 

L’umanità di Jenin

 

Tali Fahima, che aveva guardato il film in televisione, ha poi potuto vedere con i suoi occhi quello che è il campo di Jenin. Tra quello che vede tutti i giorni e quello che ha visto nel film c’è come una frattura, perché ciò che si ascolta per strada o alla televisione o si legge sui giornali di quanto avviene nel campo è il racconto di un nido di terroristi, una popolazione di terroristi, tutti quelli di Jenin sarebbero terroristi, dal vecchio di 86 anni fino al neonato o al bambino piccolissimo. Tutti, in quel luogo, sarebbero terroristi e tutti hanno un’unica motivazione nella vita: uccidere gli ebrei. Invece quel film dimostra il contrario: si vedono giovani che vogliono vivere, che non nutrono odio, giovani che non desiderano altro di poter essere medici, attori, poter essere come tutti i bambini che pensano a quello che faranno da grandi, poter essere bambini che hanno dei sogni.

 

Tali Fahima è andata a Jenin. È una cosa rarissima tra i giovani israeliani, siano essi di destra o di sinistra. Lei è andata a Jenin ed è diventata amica dei giovani di Jenin e degli amici e dei compagni di Zakaria A. Z. Quando è tornata in Israele ha raccontato che ciò che si diceva era tutta una bugia, che Jenin è una città piena di vita e di volontà di vivere, che è falso che ci sono solo kamikaze che non pensano altro che alla morte. Ha cominciato a raccogliere dei soldi per la gente di Jenin e ha tentato di convincere i giovani ad andarvi per conoscere la situazione in modo diretto.

 

I Servizi di sicurezza di Israele hanno deciso di usare Tali Fahima. Hanno pensato che una ragazza che non ha studiato, che vive in una famiglia povera, che non è l’intellettuale invasata di Tel Aviv, si potesse raggirare a piacimento e, attraverso di lei, avrebbero potuto trovare Zakaria A. Z. Per molte settimane è stata trattenuta in arresto e interrogata e minacciata perché lavorasse per i servizi segreti. Lei ha sempre risposto: «Andate a quel paese!». Sebbene abbiano continuato a minacciarla e a interrogarla, lei ha continuato a dire: «Quelli sono miei amici e io non li tradisco. Visto che voi dite che io sono una terrorista e lavoro con dei terroristi, portatemi in tribunale. Non avete nessuna prova, perché non ho fatto niente di male. L’unica cosa illegale che ho fatto è stato andare a Jenin».

 

In effetti, non avevano nessuna prova contro di lei. Cosa fare se non si hanno prove ma si vuole ugualmente punire qualcuno? In Israele esiste una procedura che viene detta «detenzione amministrativa». In Francia, c’era qualcosa di simile durante l’ancien régime. Al tempo della monarchia assoluta, si parlava di «lettera d’arresto», un ordine che permetteva di fermare qualcuno senza nessun processo, nessuna prova, ma solo perché il re lo ordinava. Quelli attuali sono ordini d’arresto di sei mesi, rinnovabili di sei mesi in sei mesi indefinitivamente senza che vi sia mai nessun intervento da parte della Giustizia. Tali Fahima è stata colpita da una detenzione amministrativa, cui ha fatto seguito, in Israele, una campagna di opinione per dire che quello era troppo, che si stava passando il limite.

 

I servizi di sicurezza israeliani hanno voluto comunque questa detenzione amministrativa e hanno voluto anche aprire un processo inquisitorio. Durante tutto questo tempo, Tali Fahima ci ha spedito lettere e ci ha fatto sapere, tramite i suoi avvocati, di non preoccuparci perché lei non voleva diventare un problema per noi; il problema più importante è la gente di Jenin. Hanno deciso di accusare Tali Fahima del reato più grave che esiste nel codice penale israeliano: sostegno al nemico nel tempo di guerra. Il reato è talmente grave che, durante la prima udienza del processo che si svolge a Tel Aviv, il giudice ha chiesto al Procuratore se avesse intenzione di richiedere la pena di morte. Da quanto posso ricordare io, in Israele l’unica volta che è stata chiesta la pena capitale, è stato contro Adolf Heichmann, criminale di guerra nazista, responsabile di milioni di morti.

 

Quali sono le prove che possono giustificare la pena di morte? Dal nostro punto di vista, nessuna, zero assoluto. Ma quali prove il Procuratore ha presentato in Tribunale contro Tali Fahima? Nell’atto di imputazione ha scritto che Tali Fahima ha tradotto a Zakaria A. Z. un documento militare ultra segreto e molto importante, che faceva parte di un piano riservato dell’esercito israeliano per compiere un’operazione contro il campo di Jenin. È un reato molto grave, ma come potrebbe avere tradotto dal momento che Tali Fahima non conosce l’arabo e Zakaria A. Z. non conosce bene l’ebraico? In secondo luogo, come si è procurata questo documento militare riservatissimo? Finalmente, adesso sappiamo com’è la giustizia in Israele!

 

Punita perché «fuori posto»

 

In tribunale hanno presentato questo importante documento e l’esercito ha affermato che Tali Fahima lo ha trovato per terra, nel campo, due giorni dopo l’operazione. Questo documento, che abbiamo, e che circola anche in internet e che si può trovare ovunque, è una fotografia di vent’anni fa di Zakaria A. Z. e di cinque suoi amici, fisicamente molto diversi da come sono adesso, sotto cui c’è scritto: «Wanted». Come si fa a dire che una fotografia è stata tradotta in arabo o in ebraico?

 

Adesso non chiedono più la pena di morte, chiedono l’ergastolo. Ma perché? Cosa c’è in Tali Fahima che li rende folli? Il fatto che abbia rotto due muri, mentre, oggi, si devono costruire muri dappertutto. Prima di tutto, ha rotto il muro di classe: non capiscono che ruolo possa avere questa marocchina, che non ha nemmeno avuto una buona educazione, negli ambienti d’élite di Tel Aviv. Fare politica, andare nel campo di Jenin è un lavoro per chi studia, per chi è nella classe elitaria, non per una marocchina. Ma soprattutto, Tali Fahima ha rotto quel muro che deve dividere ebrei e arabi, israeliani e palestinesi. Quando una ragazza, una giovane donna di Dimona, dice agli agenti dei servizi segreti, alla polizia che va ad arrestarla, al procuratore che la interroga, al giudice che la sta giudicando, che i suoi veri amici sono quelli del campo di Jenin, che si chiamano Mustafà, Hama, Hassan, nasce un problema grave, che va punito gravemente, perché, ora, viviamo in un mondo dove ognuno deve stare al suo posto a livello sociale, etnico, nazionale, confessionale. Ci vogliono imporre un mondo dove il senso di umanità non ha più significato e dove ognuno è rinchiuso entro la propria tribù, e guai a chi volesse scavalcare i muri fra le tribù! Ma finché ci saranno dei giovani e delle giovani ragazze come Tali Fahima, noi abbiamo il diritto di avere una speranza.

 

Per maggiori informazioni e il sostegno economico alla difesa legale di Tali Fahima si può consultare il sito www.freetalifahima.org

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