27 Marzo 2010
L'Attacco

Incontro con Alba Sasso, a Foggia

Katia Ricci

In questa settimana due notizie che vengono dalla scuola si sono imposte drammaticamente. Notizie che causano dolore e indignazione: un ragazzo di 18 anni si è suicidato, gettandosi nella tromba delle scale dell’Istituto tecnico industriale di Cerignola. Certo non è colpa della scuola, ma è segno di un profondo disagio. Come ci si può accorgere dei segni di sofferenza di un ragazzo in un’aula sovraffollata?
Nove bambini nella scuola elementare di Montecchio Maggiore in provincia di Vicenza a mensa hanno aspettato invano il piatto di pasta che i loro compagni mangiavano e hanno ricevuto, invece, un pezzo di pane e un bicchiere d’acqua. Possiamo solo immaginare come si siano sentiti umiliati. E perché è successo? Perché i genitori non erano in regola con la retta. Come è stato possibile che si sia arrivati a questo in Italia, nella scuola elementare pubblica che era il fiore all’occhiello di tutta la scuola italiana, studiata e ammirata in tutto il mondo?
Che cosa succederà quando perderanno il posto i mille lavoratori della FIAT e di altre aziende? Quando non potranno più pagare le rette? Che cosa riceveranno i loro figli a mensa, anche loro pane e acqua? Eppure il comune di Montecchio si trova nel ricco e sviluppato Nordest. Ma di quale sviluppo parliamo?
A quale livello di inciviltà si è arrivati per lasciare bambini senza minestra? A quale livello di inciviltà si è arrivati se si è dimezzato il sostegno per ragazzi disabili? È civiltà e amore per l’infanzia smistare i piccoli tra le classi per mancanza di supplenti?
Questi sono solo alcuni dei risultati alla fine del primo anno di riordino, per così dire, della scuola voluto da Tremonti-Gelmini. Di questo e della situazione della scuola pubblica tra Stato e Regione si è parlato nell’incontro con Alba Sasso, presidente dell’Agenzia Regionale per il diritto allo studio della regione Puglia, mercoledì 24 marzo presso la Biblioteca provinciale di Foggia. “Ogni cambiamento che avviene nella scuola è espressione diretta di quello che avviene nella società – ha detto Alba Sasso- e oggi sembra che venga avanti la società del più forte e la scuola per il più forte”. Molta acqua è passata sotto i ponti dall’ultima vera riforma della scuola quella del 1962, per l’elevamento del livello culturale della popolazione. “Molti errori – ha proseguito Alba Sasso – sono stati fatti anche dalla Sinistra, che ha inizialmente assecondato il processo di aziendalizzazione della scuola. Ma con il governo di centro destra e con la ministra Gelmini, eterodiretta da Tremonti, è cominciato un vero e proprio attacco alla scuola pubblica. Inizialmente c’è stata una campagna becera contro gli insegnanti che sono troppi, sono fannulloni e hanno troppe vacanze, di qui il passo successivo sulla necessità di risparmiare”. Poi si è tagliato alla cieca, senza tener conto dei bisogni delle famiglie, degli insegnanti e degli studenti. La parola d’ordine è stata tagliare, fare a pezzi la scuola pubblica a vantaggio di quella privata.
In particolare per ora è stata la scuola primaria a subire i tagli più pesanti a causa dell’introduzione del maestro unico. Settemila bambini in più sono stati stipati in 1.684 classi in meno. Si è arrivati a 35 alunni per classe. Nella scuola media le cose non vanno meglio: ci sono 18.000 ragazzi in più e 220 classi in meno. Con un taglio di 18 mila cattedre. Nelle scuole superiori sono sparite 10 mila cattedre. Amiche ci dicono che sono state costrette a insegnare in una classe in più, contribuendo alla perdita di posti di lavoro, altre che fanno supplenza a quattro classi unite insieme quando ci sono insegnanti assenti perché non vengono più pagati i supplenti. In tanti istituti, quando mancano insegnanti, vengono nominati supplenti non per tutte le ore e così alcune classi hanno supplenti, altre ne sono prive perché le scuole non hanno soldi per pagarli. Ormai è diventata una barzelletta il fatto che le scuole non hanno soldi per comprare la carta igienica e a Roma i genitori degli studenti di una scuola per protesta l’hanno invasa di rotoli di carta igienica. Immaginiamoci che cosa succederà quando la cosiddetta “riforma” sarà completata. Per non parlare della sparizione o della riduzione di materie come la Geografia, la Storia dell’Arte, l’Italiano, la Matematica, ecc. e dell’azzeramento di tutte le sperimentazioni, senza che sia stato fatto un bilancio di quello che hanno portato alla scuola italiana. “Ma come si può pensare che l’istruzione migliorerà, se diminuiscono ore di insegnamento e indirizzi di studio? – ha detto Alba Sasso – C’è una logica in questo?”
Tra i danni, bisogna annoverare anche il venir meno del dibattito sul progetto educativo, su quali sono le linee dell’istruzione, su che cosa è essenziale nella scuola. Che fine fa la centralità della relazione tra docenti e studenti? Che razza di relazione ci può mai essere in classi sovraffollate? Eppure alle spalle le associazioni di insegnanti hanno un’elaborazione importante, hanno cercato di trovare un linguaggio nuovo per parlare dei bisogni, dei desideri e delle necessità di docenti e alunni, senza appiattirsi su acronimi impossibili, PON, POF, crediti, debiti, scuola azienda, manager, ecc. Hanno cercato di mantenere sempre aperto un canale e uno scambio tra scuola e società. Non dimentichiamo che l’Italia è stata la terra di fior di pedagogisti, laici e cattolici, da Maria Montessori a don Milani, da Lombardo Radice a Danilo Dolci. In Italia c’è stata l’esperienza delle 150 ore per accrescere il livello culturale dei lavoratori, l’esperienza dei maestri di strada per il recupero dei ragazzi che abbandonavano la scuola, fino ad arrivare alla elaborazione di insegnanti di tutta Italia, uniti nel movimento di Autoriforma della scuola, che mette al centro la relazione viva tra docenti e studenti. Non ripartiamo, dunque da zero. Bisogna opporsi alla distruzione della scuola pubblica, riprendendo una battaglia politica e culturale, che è una battaglia di civiltà contro la barbarie di chi non ha vergogna a lasciare i bambini non paganti senza minestra. “Un aiuto – ha detto Alba Sasso – viene dalle misure adottate dalla Regione, che per quest’anno ha stanziato venti milioni di euro per riassumere 2.500 insegnanti precari espulsi dalla scuola. Ma non è stato un modo per fare assistenzialismo, perché sono stati finanziati progetti contro la dispersione scolastica: un esempio di come si possa unire la buona amministrazione con la buona politica”.

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