Serena FuartE’ Luisa Muraro a consegnare alle due ospiti del Burkina Faso il Premio Grazia Zerman, quest’anno assegnato all’Associazione Talents de Femmes. Odile e Léontine hanno parlato dei progetti della loro Associazione, del loro modo di fare politica e intendere la politica delle donne.
A introdurre la discussione assieme a Luisa Muraro sono Vita Cosentino e Serena Sartori
Luisa Muraro introduce ricordando la nascita del premio e presentando l’associazione Talents de Femmes.
Il premio Grazia Zerman
Grazia Zerman ha svolto un’intensa attività politica presso la Libreria delle Donne che l’ha vista impegnata, assieme alla sue compagne, in un lungo percorso di ricerca iniziato dagli anni settanta.
Prima di morire precocemente nel 1995 ha espresso ai familiari il desiderio di promuovere e sostenere economicamente la ricerca delle donne. Gli eredi si sono fatti portatori di questa richiesta e hanno fondato un’associazione a lei intitolata. L’Associazione Maria Grazia Zerman, nata nel 1996, si impegna così ogni anno, in due iniziative: una borsa di studio annuale per una giovane studiosa che voglia approfondire temi o specializzarsi in conoscenze interessanti per la cultura delle donne e un premio per una tesi di laurea dello stesso tipo.
L’anno scorso è si è deciso di modificare in parte questa formula e di ammettere anche associazioni a concorrere per il premio.
L’associazione Talents de Femmes
Nata nel 1992 ha lo scopo di promuovere l’eccellenza femminile nelle arti dello spettacolo e nell’artigianato. L’Associazione, composta principalmente da donne, non preclude la partecipazione agli uomini. In questi anni ha messo in scena testi teatrali, ha promosso Giornate delle donne delle arti dello spettacolo e organizza stabilmente, ogni due anni, Voix de Femmes, evento noto in tutta l’Africa. Del loro impegno per la cultura delle donne hanno parlato il Manifesto del 28 dicembre 2002 e Via Dogana n.61 (giugno 2002).
La premiazione
A ricevere il premio da Luisa Muraro sono Léontine Ouédraogo, per la prima volta in Libreria delle Donne e Odile Sankara già ospite in altre due occasioni.
Il riconoscimento monetario assegnato all’Associazione Talents de Femmes è stato accresciuto grazie alla donazione di parte del premio vinto da Maddalena Brentarolli assegnato dall’Associazione Grazia Zerman per la sua tesi di laurea su Ingeborg Bachmann.
Vita Cosentino dà inizio all’incontro presentando uno dei progetti di Talents de femmes. Si tratta del “Progetto per sostenere la formazione letteraria delle ragazze delle scuole superiori”, che ha particolarmente spinto lei e Luisa Muraro a proporre l’associazione per il Premio, e che, grazie al finanziamento ricevuto, nel corso del 2004 potrà essere realizzato.
Legge alcune parti dell’articolo di Via Dogana ‘Libertà senza emancipazione’ dedicato ai progetti di quest’associazione.
”Se anche avete un solo dente fate che sia di un bianco perfetto” dice il proverbio. Nelle donne burkinabè la passione per la scrittura esiste, questo è molto importante, si tratta ora di trovare dei quadri, un inquadramento affinché esse possano dare il meglio di se stesse. E’ in questa prospettiva che l’associazione Talents de Femmes, fedele ai suoi obiettivi, vorrebbe contribuire all’emergere della parola scritta femminile. La donna non ha forse una sensibilità che le è propria con la quale è tenuta a contribuire alla costruzione del pensiero nazionale? In altre parole, può esistere un pensiero nazionale senza l’apporto della donna? Indubbiamente la ragazza burkinabè ha problemi che possono essere giudicati prioritari: la scolarizzazione, l’educazione, la lotta contro le malattie sessualmente trasmissibili, il dramma delle ragazze madri. Tutti questi problemi, vissuti spesso in un drammatico silenzio, situano la giovane donna nel punto d’incrocio dei mali sociali del nostro tempo. E’ una ragione in più per dare la parola a queste vittime perché, come dice Edmond Jabès, “praticare la scrittura è praticare nella propria vita un’apertura da cui la vita si farà testo”.
Quello che colpisce Vita è la scelta di queste donne, pienamente consapevoli dei drammatici problemi del Paese, di adottare come strategia politica di soluzione la strada della scrittura offrendo alle ragazze giovani la possibilità di poter raccontare, scrivere quello che vivono e ciò che desiderano. “Per questa ragione molto importante – continua Vita – mi sono sentita di proporre assieme a Luisa questa Associazione. Ho capito che c’è oggi in questo Paese qualche cosa di straordinario di cui vale la pena di parlare e di discutere e che io vedo come una possibilità politica che si apre e che è interessante per noi anche qui in occidente.”
Una delle qualità speciali che distingue il Burkina Faso è il suo amore verso la cultura, una propensione appassionata che agisce come risveglio politico. Conta dieci milioni di abitanti, si trova al sud del Mali, in una zona arida del Sahel è povero di beni materiali quanto è ricco di manifestazioni culturali. E’ ultimo o penultimo in tutte le statistiche degli indici di sviluppo eppure nella sua capitale ogni anno vengono celebrate importanti eventi: negli anni dispari si organizza il Festival del Cinema Pan-africano, negli anni pari la Fiera dell’Arte e dell’Artigianato. La città è inoltre sede di moltissimi altri incontri culturali che interessano tutta l’Africa.
Vita Cosentino parla di questo ‘risveglio’ intrecciato tra una politica che ciascuno fa in prima persona e l’amore della cultura che ha origine durante i quattro anni di presidenza del Paese di Thomas Sankara, fratello di Odile (1983-1987). Quel periodo, che si caratterizza per i tentativi rivoluzionari di democrazia diretta, è stato molto importante da un punto di vista simbolico. Thomas Sankara parlava di decolonizzare la mente, di riprendere le radici culturali africane. C’è ora oggi molta attenzione intorno alla sua figura, oltre ai libri che trattano del suo personaggio, sono in preparazione due spettacoli teatrali in tema, uno in Italia e uno in Francia.
Vita parla anche di un pericolo, nel senso che si può guardare a quegli anni con un sentimento di nostalgia, nostalgia data anche dal fatto che le forme politiche come la rivoluzione a noi note, finiscono appunto per imporsi e oscurare qualche altra cosa, per esempio il presente in cui non c’è una rivoluzione con un capo carismatico, con una struttura o un piano che si attua. Tuttavia in Burkina sta succedendo qualcosa di straordinario, che è legato a quell’inizio ma che è andato avanti. Odile Sankara ha spesso parlato infatti di moltissime associazioni, cooperative di donne che preservano e promuovono la cultura.
“…ma quei pochi anni hanno rappresentato un passaggio salutare per tutti – ha dichiarato Odile nel corso di un’intervista al Manifesto fattale da Luisa Muraro -, ci hanno lasciato cose importanti come l’apertura al mondo e avere fiducia in sé, e queste sono delle qualità che non passano facilmente”. Vita cita anche la parole di Hamidou Ouedraogo, di recente a Napoli a ritirare il Premio Slow Food per la difesa della biodiversità. Nel ricordare quegli anni ha detto: “La dinamica ci ha ispirato. Ora ciascuno sa che lo sviluppo del suo villaggio comincia da lui. Abbiamo imparato anche che per lottare contro la povertà ci vuole accesso alla conoscenza. Abbiamo compreso che la base dello sviluppo è il sapere”.
Per chi abita in Burkina, continua Vita, è molto importante che in Occidente si conosca ciò stanno facendo perché questo contribuisce a farlo vivere.
“E’ per me molto importante essere in questo rapporto di scambio – conclude Vita – perché questo aiuta me e noi in Occidente a orientarci in politica fuori da schemi e da semplificazioni, al contrario in uno scambio vivo con altre realtà”.
Luisa Muraro dà inizio poi ad una discussione con le due ospiti proponendo degli spunti di riflessione da cui ha preso poi avvio uno scambio di idee.
Luisa chiedo loro di spiegare la ‘contraddizione apparente’ del ritirare un premio per un progetto di scrittura, per giunta in lingua francese, mentre loro provengono da una cultura essenzialmente orale.
“Abbiamo voglia di parlare e abbiamo delle cose da dire – risponde Léontine – spesso capita che in presenza degli uomini le donne tacciano. Tuttavia quando abbiamo un pezzo di carta e una penna in mano allora parliamo, con la scrittura le donne possono parlare di tutto quello che vogliono”.
“Per me il luogo della scrittura resta il luogo della libertà d’espressione – dice Odile -. Ci potrà essere la censura dopo ma intanto qualcosa è stato pensato e tradotto in scrittura. Per molti paesi questo è molto importante, è una presa di coscienza e padronanza di sé. Uno scrittore africano, Amadou Hampâté Bâ, disse che quando in Africa muore un vecchio è come se bruciasse una biblioteca.” Il punto su cui insistono le due ospiti è l’importanza della scrittura come trasmissione e conservazione della conoscenza.
Un altro tema altrettanto importante riguarda la presenza maschile all’interno dell’Associazione.
Léontine e Odile dichiarano che l’Associazione è aperta a tutti gli uomini che ne condividono gli obiettivi e precisano che l’Associazione non si pone come movimento femminista, mal visto in Burkina perché percepito come negazione dell’uomo, come lotta per occupare la sua posizione.
Luisa Muraro dichiara di comprendere questa posizione e chiede il loro parere sul fatto che una relazione uomo-donna possa essere arricchente per la cultura della donna. Chiede inoltre se è possibile trovare una strada di una pratica di relazione donne-uomini nel loro paese, dove ci sia libertà e non solo per necessità tattica, una pratica di relazione che possa portare al femminismo una nuova ricchezza, far intendere che si può, accanto alla relazione donna con donna, praticare delle relazioni con gli uomini che siano fonte di libertà.
Odile risponde che nonostante il loro movimento sia spesso stato interpretato come una lotta per la superiorità, nel loro progetto hanno delle cose da dire, vanno fiere di essere donne, “…noi però ci siamo ed esistiamo e quello che ci interessa è che nella relazione uomo-donna si crei una situazione in cui ciascuno trovi nell’altro riconoscimento di stima e di libertà”.
Serena Sartori interviene a proposito riferendosi alla grandissima apertura mentale del presidente Thomas Sankara, seppur durato solo quattro anni, nel corso del suo governo ha detto delle cose che mai nessun governo ha detto. Cita una frase che disse pubblicamente. “Se perderemo la battaglia della liberazione della donna, avremo perso ogni diritto a sperare nella trasformazione della nostra società in qualcosa di superiore. La nostra rivoluzione non avrà alcun senso”.
Sul tema della libertà si sviluppa un fruttuoso dibattito. Odile, riprendendo il discorso di Luisa, puntualizza però che la parola libertà riferita alla libertà di donna può essere interpretata in modo equivoco, come libertinaggio. Si chiede come può avvenire il cambiamento, come può una donna diventare libera in una società dove sia in casa che fuori casa comandano gli uomini, in una società fallocratica, dove il valore è di essere uomo.
Pone poi una questione molto importante: in Africa non si può andare in fretta e qui si parla di un cambiamento molto profondo e radicale di mentalità. Thomas Sankara, aggiunge, ha lottato per l’emancipazione delle donne, era un’epoca rivoluzionaria, gli anni ottanta, lui ha parlato a favore di questo ma ciò ha avuto un contraccolpo lacerante nelle relazioni domestiche, perché è stata intesa in modo sbagliato.
Luisa interviene ponendo una questione: se la parola emancipazione non è adatto, dice, il termine libertà, che Odile considera ‘delicata’ sembra più adatta. Libertà non è emancipazione, spiega ancora Luisa, libertà significa salvaguardia della soggettività, credenza personale, intreccio delle relazioni. L’emancipazione è il modello dell’altro, del sesso maschile, il desiderio di essere uguali agli uomini. Luisa dice di comprendere come la parola libertà sia spesso interpretata male, ma nonostante tutto ha un significato molto importante, si riferisce ad una crescita soggettiva personale, rispettosa della trama di rapporti. Meglio privilegiare questo termine allora.
Odile si dichiara d’accordo ma invita a far attenzione ai fatti e ai contesti. Léontine precisa quanto non è facile far intendere quel di più di sfumatura del termine.
Luisa puntualizza che quando usa il termine libertà parla esplicitamente di ‘libertà femminile’, termine che inscrive la differenza di essere donna nella libertà. Non si tratta di una limitazione di libertà ma un di più qualitativo. La libertà di cui ha bisogno una donna è qualcosa di più ricco rispetto alla libertà che garantisce un diritto.
Odile ribatte dicendo di non essere d’accordo sul fatto di utilizzare il termine ‘libertà femminile’ lei si dichiara propensa all’uso del termine libertà tout court, perché uomini e donne sono prima di tutto esseri umani.
Aggiunge, concludendo, che ci vuole un lungo lavoro di educazione per permettere a uomini e donne di diventare liberi di scegliere nella loro vita. Per questo il progetto di scrittura: è importante che possano meglio esprimersi.
Interventi
Viene lasciato spazio agli interventi del pubblico. In uno di questi si chiede che cosa la loro Associazione abbia realizzato finora.
“Poco e molto” è la risposta di Odile. “Siamo donne di teatro ed è quindi facile per noi far conoscere l’associazione attraverso spettacoli teatrali”.
Fa riferimento poi alle loro attività passate: nel 1996 hanno messo in scena uno spettacolo ‘Les coepouses’. Nel 1997 c’è stato il primo incontro di donne in occasione del Festival di Teatro che aveva invitato la loro associazione e loro ne hanno approfittato per fare un incontro di donne di più paesi (tra gli altri Mali, Costa d’Avorio e Senegal). Nello stesso anno hanno creato il festival ‘Voix des Femmes’ che è stato facile per loro perché attinge alla cultura tradizionale (danze, teatro, artigianato) e hanno portato in luce l’esistenza di gruppi che coltivano queste arti tradizionali del loro paese. Nel 2004 ci sarà la sua quarta edizione. L’Associazione ha inoltre organizzato incontri cinematografici al fine di mantenere costante la loro visibilità.
In un altro intervento viene chiesto se pensano di proporre argomenti precisi al concorso letterario per le giovani studentesse. Léontine risponde che non hanno intenzione di proporre dei temi, al contrario vogliono incoraggiare le donne ad esprimersi. Sarà la giuria che sceglierà i testi che verranno poi da loro recitati.
Serena Sartori per esemplificare lo spessore dei testi messi in scena, racconta la trama dello spettacolo ‘Les coepouses’. Scritto da un’algerina, messo in scena in collaborazione con la Norvegia, il tema riguarda la poligamia. Si trattava un matrimonio avvenuto tra un uomo con una donna molto innamorata. Questo grande amore dura finché lui decide di sposarne un’altra. La ragazza entra in crisi, non ne vuole sapere, c’è una crisi in famiglia. All’arrivo dell’altra sposa però le cose cambiano: tra le due nasce una grandissima amicizia; arriva poi una terza sposa che accresce ancor più la relazione tra le donne finché la loro unione sovverte l’ordine dei ruoli soppiantando quello dell’uomo. La cosa interessante è che questa storia rientra in una riflessione sulla poligamia che le donne africane fanno e che è molto diversa dalle concezioni occidentali.
In un altro intervento viene chiesto se le visite da parte degli occidentali in Burkina sono un sostegno o se al contrario appesantiscono o disturbano l’andamento delle loro vite. Odile risponde che in Burkina si amano molto gli stranieri, si tratta di un paese molto aperto che coltiva i valori dell’ospitalità e che da questo incontro si aspetta non visite turistiche, ma visite che le aiutino a pensare.
Viene inoltre chiesto come funzionerà il progetto di formazione delle giovani scrittrici. Léontine risponde che ci sono cinque collegi femminili di scuola media superiore e la prima selezione dei testi verrà fatta dagli insegnanti. Le ragazze che vengono scelte perché riconosciute come potenziali scrittrici saranno poi seguite con degli stage per formarle in vista di diventare scrittrici.
Nell’intervento successivo viene chiesto come mai facciano uso della lingua francese dei colonizzatori.
Odile risponde precisando che usano il francese, in quanto lingua che unifica. Il piccolo Burkina ha cinquanta lingue e sessanta etnie diverse. Per comunicare quindi hanno deciso di mantenere la lingua francese. Ha precisato che secondo lei è possibile usare la lingua francese con un giro mentale, di pensiero e di sensibilità, che è quello della lingua materna. Luisa Muraro fa l’esempio di uno scrittore di lingua inglese, Nabokov, che, seppur di nazionalità russa, ha scritto con successo in inglese.
In un altro intervento viene chiesto di ritornare sul tema della colonizzazione della mente.
Léontine risponde che loro, in quanto donne di cultura, ritengono che le cose avvengano prima nella mente. Il fatto di essersi riunite in associazione ha permesso loro di iscriversi in un inquadramento, di avere una presenza pubblica e tutto questo per parlare, per dire delle cose a partire da loro. Odile riferendosi alla biografia di suo fratello, ha parlato del loro padre molto patriarcale e della sofferenza della madre. Thomas sosteneva l’idea di ‘sprigionare’ le persone dalla loro testa, farle uscire dall’incastro in cui vanno a mettersi, convincerle che è importante occuparsi di sé e di prendere la parola ed essere responsabile di sé.