20 Dicembre 2005

Intervento di Serena Fuart per il ciclo “Sessualità, maternità, procreazione, aborto”

Sara Gandini e Laura Colombo hanno introdotto il terzo incontro al Circolo della Rosa, per il ciclo Donne a confronto con quello che capita: Sessualità, maternità, procreazione, aborto è un vecchio titolo di uno dei primi Sottosopra (1975). Vale la pena parlare della 194 senza tirare fuori la sessualità e il conflitto tra i sessi?

 

Dov’è l’amore della chiesa?
In questo periodo ho molto riflettuto sul moralismo imperante della chiesta sulla questione dell’aborto. E lo trovo fuori luogo.
Soprattutto rispetto al mio pensiero in seguito alla lettura di Luce Irigaray e alla mia esperienza passata di cattolica praticante
La cultura cristiana è una cultura dell’amore. E anche la gravidanza è una questione d’amore.
Per spiegare il mio pensiero faccio riferimento appunto all’articolo di Luce Irigaray ‘Dentro il corpo di tutte le donne’
Luce Irigaray parla della nascita di un figlio come il perpetuarsi di un atto d’amore. Comprende quindi il corpo della donna assieme a esperienze, vissuti, emozioni, sentimenti propri di lei e in rapporto con il corpo, l’esperienza, i vissuti, emozioni e sentimenti del suo partner.
Gravidanza come il perpetuarsi di un atto d’amore, quindi. La sua interruzione avverrà per mancanza di questo o a seguito di gravi altre difficoltà. Non sono certo io la prima a pensare che abortire non sia una scelta facile o indolore.
Luce Irigaray sostiene che la maternità è una questione che riguarda la sfera dell’amore e non il moralismo. Questo il punto che mi ha colpito e su cui concordo..
L’amore però è anche il centro della cultura cristiana. “E se rileggo i Vangeli portatori della ‘Buona novella’ – scrive Luce Irigaray-, è di amore che sento parlare e non di morale, un amore che passa anche attraverso i corpi, che si toccano e diventano così capaci di compiere miracoli”.
Scrive anche di Maria che concepisce Gesù a seguito dell’Annunciazione dell’Angelo che le chiede se vuole diventare madre del Salvatore
“Questo passo in più nello sbocciare dell´umano – scrive – è stato possibile perché il Signore ha condiviso con Maria un soffio divino prima di metterla incinta ‘naturalmente’. Questo ci insegna l´evento dell´Annunciazione in cui l´angelo del Signore chiede a Maria se vuole essere la madre del Salvatore del mondo”
Ma io, Serena, sentendo i media e le sentenze moraleggianti dei portavoce della cultura cristiana, non sento il messaggio d’amore come si fosse perso per strada.
Eppure nella mia esperienza passata di cattolica ho vissuto molto amore. Un amore che ho sentito nella relazione con dei preti maschi, in particolare con uno, Padre Vittorio. Un’esperienza che non ritrovo nel pensiero della Chiesa che sento nei media.
Dov’è l’amore della cultura cristiana? Perché è l’amore in questione anche quando si parla di aborto. Perché allora non ci si intende?

 


Il moralismo sulla questione dell’aborto che aleggia, impera e si espande mi lascia perplessa.
Non sono certo la prima a dire e pensare che abortire NON FA CERTO PIACERE ALLE DONNE. Si tratta di una questione che lega corpo e sentimenti, emozioni, storie vissuti propri di lei e in rapporto con quelli del suo partner.
Mi colpiscono molto le parole di Luce Irigaray quando nel suo testo ‘Dentro il corpo di tutte le donne’, parla della gravidanza come perpetuazione di un atto d’amore.
Irigaray scrive inoltre: “Se la gravidanza risulta da un atto d´amore, non c´è dubbio che il desiderio della donna sarà di perpetuare in sé l´unione amorosa. Certo, ospitare l´altro in sé durante nove mesi non è una cosa solo agevole e gradita in ogni momento. Ma per amore, per l´amore, le donne sono capaci di oltrepassare i limiti della solita umanità.
Sfortunatamente, succede troppo spesso che la gravidanza non sia il frutto di un´unione amorosa di corpi e di anime”
Mi trovo molto in sintonia con queste parole anche se ci sono alcuni punti nel resto dell’articolo che mi lasciano un po’ perplessa.
Il primo è quando scrive “…La donna non ospita solamente un futuro individuo ma l’unione dei due corpi e delle anime che l’hanno generato” Mi chiedo se questa frase lasci forse intendere che nell’interruzione di gravidanza sia fortemente coinvolto l’uomo. In questa prospettiva il padre avrebbe quindi dei diritti. Se questo intende non sono d’accordo. La legge 194 lascia la decisione SOLO alla donna. E questo, almeno secondo, me, è importantissimo e deve restare così.
La gravidanza, anche se porta in sé un’esperienza di due, è comunque un fatto che riguarda il corpo di lei solo. E’ lei che genera, porta avanti il progetto di vita e infine mette al mondo la creatura. L’uomo, a parte l’inseminazione che avviene durante il rapporto sessuale, con la gravidanza e la sua eventuale interruzione non c’entra nulla.
C’è anche una parola dell’articolo su cui mi sono imbattuta e su cui ho voluto riflettere. Luce Irigaray definisce il feto ‘straniero’. Dice: “ma spesso accade che la gravidanza non è il frutto di un’unione amorosa di corpi e anime. E l’ospite non sia la perpetuazione di un atto d’amore.
L’ospite è uno straniero e questo non è facile…”
Straniero lo interpreto come Altro da me, però può capitare di intendere questo termine come ‘corpo estraneo’. Non penso che Luce Irigaray intendesse questo, tuttavia vorrei chiarire che ‘straniero’ per come l’ho interpretato io, intendo straniero come Altro da me.

 

Tornando ai punti dell’articolo a me cari, riporto alcuni passi che mi hanno profondamente colpito in quanto coinvolgono la cultura cristiana.
“L´interpretazione più positiva della ‘Buona novella’ del Cristianesimo consisterebbe nella riconciliazione fra corpo e anima. Il Cristo ne sarebbe il primo frutto se lo consideriamo come l´avvento o il ritorno del divino nella carne…
…il possibile incamminarsi dell´umanità verso il suo compimento grazie alla redenzione della carne per l´amore.
Questo passo in più nello sbocciare dell´umano è stato possibile perché il Signore ha condiviso con Maria un soffio divino prima di metterla incinta ‘naturalmente’. Questo ci insegna l´evento dell´Annunciazione in cui l´angelo del Signore chiede a Maria se vuole essere la madre del Salvatore del mondo…
…L´accento posto sull´aborto naturale non risulterebbe da una cecità rispetto a un aborto spirituale all´opera nella storia del Cristianesimo? Per mancanza di attenzione e fedeltà all´unione del corpo e dell´anima che può compiere l´amore? La morale non c´entra granché, in questo mistero. La sua preminenza avviene per la nostra incapacità ad amare. Certo, un diritto civile positivo deve tutelare la possibilità per la donna di assumere in modo responsabile la sua identità di donna. Il resto è un affare d´amore per cui difettiamo tuttora di un insegnamento adeguato, sia laico sia religioso.
E se rileggo i Vangeli portatori della ‘Buona novella’, è di amore che sento parlare e non di morale, un amore che passa anche attraverso i corpi, che si toccano e diventano così capaci di compiere miracoli.
Lo ribadisco: ci manca ancora una cultura dell´amore e del desiderio all´altezza della nostra tradizione”.

 

Quindi nella cultura cristiana si parla di amore e non di moralismi e pregiudizi. Oggi sembra tutto il contrario guardando la televisione o leggendo le dichiarazioni sui giornali.
Quello che mi ha fatto riflettere è anche la mia esperienza di cattolica praticante. Posso dire che quello che ho vissuto e ricordo è un’esperienza di amore e non di critica morale.
Frequentavo una chiesa di rione. Era piccola.
Certo seguivo i corsi di dottrina e venivo a contatto con tanti insegnamenti. Non posso negare che sentivo i sensi di colpa, che spesso venivano alimentati. E ne soffrivo.
Ma non posso neanche rinnegare esperienze speciali. Che sono quelle che ricordo con una lucidità che non dà quasi margine di errore. Parlo di una relazione positiva con un prete, padre Vittorio.
Non era il mio padre spirituale ma seguivo molto i suoi consigli.
Era positivo e sorridente.
A 17 anni ho avuto una crisi molto forte. Credevo che esistessero peccati per cui non si venisse mai perdonati.
Avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse. Lo ha fatto un prete non uno psicologo. Ed è stato proprio lui. Padre Vittorio, in un incontro privato con lui, un incontro bellissimo. Mi ha fatto capire che Dio è Amore e Perdono. Sorrideva, evocava l’immagine di Dio come un oceano blu soleggiato (un oceano d’amore).
Comunque anche in altre occasioni padre Vittorio mi tranquillizzava sempre. Questo avveniva quando mi confessavo e durante il pulpito. Dava messaggi di speranza e non di ‘castrazione morale’.
Non era il solo. Anche Padre Marino era così, e anche Padre Alberto.
Ce n’era uno bacchettone invece, uno solo però. Le sue prediche, come anche quando ti confessavi da lui, erano infarcite di angoscia e di sensi di colpa.
Ma non ero solo io ad avere problemi con lui. Se ne parlava.
Io poi mi sono allontanata da quella cultura.
Per una crisi mistica che ho avuto mentre ero molto malata. Un discorso lungo.
Ora non so bene cosa fare, ma non c’entra adesso.
Quello che c’entra è che ho sentito amore nella mia esperienza cattolica e umanità che niente ha a che fare con Ruini, cardinali e tutti quelli che vedo in tv e leggo sui giornali.

 

La cultura cristiana è una cultura dell’amore. E anche la gravidanza è una questione d’amore. Dov’è l’amore della cultura cristiana? Perché è l’amore in questione anche quando si parla di aborto. Perché allora non ci si intende?

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