8 Gennaio 2003

Intervista a Manuela Giugni

Franca Gianoni

Il Gruppo Saperi del Social Forum di Firenze ha dato vita a due laboratori autogestiti: SAPERI E LAVORO: SCUOLA, UNIVERSITA’, RICERCA giovedì 7 novembre, IL BAMBINO PLANETARIO venerdì 8 novembre, presso l’Istituto degli Innocenti, piazza SS.Annunziata. Quest’ultimo era stato ideato da Manuela Giugni, insegnante di scuola dell’infanzia. L’abbiamo intervistata.

 

Che senso ha per te questa iniziativa?

 

Più che di un laboratorio si è trattato di una tavola rotonda cui hanno partecipato alcuni studiosi e studiose che tempo fa avevano animato il convegno Il bambino s-confinato. Per me si trattava di portare il messaggio di quel convegno dentro l’esf. Trovo imprescindibile il riferimento ai bambini quando si discute di un altro mondo possibile. I bambini, ognuno e ognuna tutto intero, non corrotti dall’individualismo e dalla competizione neoliberista, sono la chiave d’accesso al futuro. Eppure in pochissime parti dell’esf si affronta l’argomento. Noi lo abbiamo proposto in un ambito modesto…

 

Perché modesto?

 

Perché per saggia abitudine agiamo in rapporto alle nostre forze e alle nostre relazioni. Ma non è modesto il progetto: mettere al centro dei saperi i soggetti a cui sono rivolti, con tutta l’identità cangiante e la diversità dell’essere bambine e bambini.

 

Com’è che proprio a te è venuto in mente questo progetto?

 

La mia vita scorre tutta con i bambini, penso di conoscerli, ma mai abbastanza. Sento che in loro ci sono forze che noi adulti cerchiamo di rimuovere, di non ascoltare. Nei bambini si esprime ora con l’irruenza ora con il silenzio l’azione di terra aria acqua fuoco…Aiutarli a porsi in relazione il più possibile armoniosa con l’ambiente, con l’altro da sé, scoprire i linguaggi insieme a loro mi sembra la giusta base da cui partire per l’altro mondo che desideriamo. Parlare di pace senza tentar di aprire con e per loro una strada di equilibrio e armonia, non ha senso. Abbiamo avuto esperienze pratiche in proposito anche con l’inserimento dei bambini Rom. Avevamo ostacoli dai genitori fiorentini, ma anche dentro di noi, ci sentivamo in difficoltà. Abbiamo dovuto andare nei loro campi e vedere da vicino come vivevano per trovare il giusto modo di porci con loro. Non si poteva essere buone mediatrici usando solo strumenti strettamente professionali. Occorreva almeno mettere a confronto la diversità con te e tra loro. Questo ha aperto una strada di meticciato, di identità non fissa per tutte e tutti. La nostra mediazione poi era garanzia per i genitori italiani.

 

Petrarca scriveva che occuparsi dei piccoli era attività indegna di uomini maturi, andava lasciata alle donnicciuole. Ti pare ancora operante qualcosa di tale atteggiamento nella mentalità corrente?

 

E come no, anche negli intellettuali progressisti… e nella vita quotidiana della scuola: Non parliamo poi dei ministri P.I. …e ho già detto che il nostro laboratorio è quasi l’unico del genere nell’esf.

 

Ci sono insegnanti uomini nella tua scuola?

 

Purtroppo no. Nell’ultimo ‘800 essere maestri dava prestigio e potere, almeno nei paesini. Con l’allargamento della scolarizzazione gli uomini hanno scelto professioni più importanti, lasciando la scuola alle donne. Ma mettendo al centro dell’attenzione sociale e culturale i bambini, anche gli uomini tornerebbero.

 

Trovi che anche in altre insegnanti ci sia questa intuizione che hai tu sui bambini, e dunque stiano a scuola anche per una loro scelta?

 

Sì, sempre di più. Sono stata commissaria in esami per l’immissione in ruolo, e la formazione delle candidate mi è sembrata più elevata che nel passato, anche se in un esame non si può valutare a fondo quanta consapevolezza c’è sulla centralità del bambino nell’azione educativa. A scuola ho colleghe sessantenni…sono esterrefatta dalla loro vivacità. Hanno ancora entusiasmo, quando operano con i bambini gli cambia proprio l’espressione degli occhi. Pure non portano a parola l’importanza di quello che riescono a fare, il valore culturale e sociale della loro azione, tranne nei confronti tra colleghe, fuori dai recinti un po’ costrittivi dei momenti ufficiali di formazione. Le maestre sono una vera risorsa per la crescita dei saperi intorno ai bambini e alle bambine: non hanno sovrastrutture intellettuali astratte, sono pronte a dire “non ho capito”. Sono come Socrate che diceva di sapere solo di non sapere. Le maestre sono vicine a una “semplicità” che è essenzialità.

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