26 Ottobre 2005
la Repubblica

La battaglia della Mitterrand “No ai padroni dell´acqua”

La vedova del presidente francese lancia una campagna contro lo sfruttamento commerciale delle risorse idriche

Giampiero Martinotti

«Il mondo è gestito da apprendisti stregoni. Noi mostriamo i loro errori e chiediamo di modificare questa politica, ma poiché non si sbrigano, cominciamo a farlo prima di loro». Malgrado i suoi 81 anni, Danielle Mitterrand non demorde: schierata a fianco dei no global, critica verso i partiti della sinistra di governo, la vedova del presidente socialista lancia la nuova campagna della sua Fondazione per il diritto all´acqua, «libera, potabile e gratuita», che in primavera sarà prolungata con altre iniziative che partiranno dalla Sicilia. Un tema che considera vicino alle sue preoccupazioni in materia di diritti umani: «L´acqua è indispensabile per la vita dell´uomo e da tempo ci occupiamo di questo problema: un miliardo e mezzo di persone non ha accesso all´acqua potabile e 34 mila persone muoiono ogni giorno per mancanza di acqua. Due dati più che sufficienti per lanciare la nostra campagna di sensibilizzazione e di raccolta di fondi».
Con questa campagna, signora Mitterrand, sembra mettere l´accento su un tema più umanitario che politico: non le pare?
«Si sbaglia. Per anni abbiamo denunciato terrorismi di Stato, oggi denunciamo un terrorismo economico. E´ un campo molto più politico, perché tocca i nervi più vitali del mondo contemporaneo: il pensiero unico, l´idea dei profitti a qualsiasi costo. Gli scandali dei nostri tempi ruotano tutti attorno al denaro. Ci aspettiamo più noie di quando ci siamo occupati di dittature e sa perché? Perché questa dittatura economica è molto potente e non ama essere stuzzicata».
Quali obiettivi si pone?
«Noi diciamo che l´acqua è un bene comune dell´umanità e non appartiene a nessuno: né agli Stati, né alle multinazionali, né a proprietari che potrebbero essere titolari di una sorgente. E´ un patrimonio comune dell´umanità, dev´essere gestito dalle collettività pubbliche nell´interesse generale. Le multinazionali, per la loro intrinseca natura, vogliono trasformare l´acqua in qualcosa di redditizio. Noi diciamo che l´acqua è per tutti, non solo per chi può pagare».
Lei propone che i servizi legati all´acqua non siano più sfruttati commercialmente e chiede che ogni persona disponga gratuitamente di 40 litri di acqua potabile al giorno: non le sembra utopico?
«Non mi stancherò mai di ripetere che l´utopia è stata all´origine della realtà. Guardi il caso francese: l´80 per cento della distribuzione dell´acqua è gestito da tre multinazionali, ma grazie alle nostre campagne i sindaci s´interrogano, vogliono rompere i loro contratti. Questa è un fatto tangibile. Nelle settimane scorse ero in America latina e ho visto un movimento in favore di un ritorno alla gestione pubblica dell´acqua. C´è acqua dappertutto sul pianeta, quel che manca è la volontà politica. Pretendono che sia cara, io dico il contrario: ogni anno ci vogliono mille miliardi per alimentare i bilanci militari, ma basterebbe l´uno per cento di questa cifra per quindici anni per dare acqua a tutto il pianeta. Se c´è una volontà politica, il denaro si trova. Vogliamo far iscrivere in tutte le Costituzioni, compresa quella europea, il diritto all´acqua. Per ora, l´acqua è solo un bisogno, che può non essere soddisfatto, ma se diventa un diritto, i governi dovranno rispettarlo».
Lei chiede la creazione di un nuovo diritto costituzionale, ma in maggio si è schierata contro la Costituzione europea, un comportamento contraddittorio…
«Ho votato no, perché la Carta europea non prevedeva niente di tutto ciò. La mia fede europeista è fuori discussione, ma non vogliamo questa Europa completamente venduta al sistema del capitalismo e del neo-liberalismo».
La sinistra europea non la pensa come lei.
«Se la sinistra europea non si sente più a sinistra, peggio per lei! Ne vedrà le conseguenze. Del resto, le abbiamo già viste».
Le forze progressiste non le sembrano abbastanza a sinistra?
«Non entriamo in queste polemiche, non sono il giudice di nessuno. Fanno le loro scelte politiche come vogliono. Trovo che non siano buone e faccio quel che si deve per dirlo».

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