13 Gennaio 2010
l'Unità

La battaglia politica non più rinviabile è quella per la piena cittadinanza dei bambini immigrati nati e cresciuti in Italia. La programmazione di Imola e Vicenza – L’analisi

Luigi Berlinguer

Da anni tante amministrazioni di centrosinistra praticano politiche educative
di integrazione. Diritto fondamentale è garantire a tutti – non uno di meno –
l’accesso all’istruzione. Forse c’è un’astuzia di stampo leghista nell’idea del
tetto del 30% di alunni immigrati per singola classe e qualunque misura che
cerchi (subdolamente) di ghettizzare quei bimbi va combattuta: l’esito,
brutale, sarebbe una Rosarno sotto altra forma. La composizione eterogenea di
una classe scolastica è una forma peculiare di biodiversità educativa. È
moralmente e civilmente educativa e produce risultati didattici più efficaci.
Condizione della qualità e del successo didattico è l’integrazione dei diversi
alunni, la costruzione di un gruppo che fonda un equilibrio più avanzato capace
di esaltare il metodo didattico. Le classi non si possono comporre a caso
perché non si può abbandonare a se stessi i bambini in un’aula senza pretendere
reali risultati educativi. Lo squilibrio numerico può essere fatale. Ma se un
bambino immigrato conosce perfettamente l’italiano, vive la nostra ‘cultura’,
non va inserito in una quota di ‘diversità’. Ritengo, non da oggi, che esistano
due diritti inalienabili: il diritto all’accesso all’istruzione e quello al
successo educativo. Chi si ferma al primo aspetto è culturalmente arcaico,
oppure ha una vocazione propagandista sulla scuola ‘aperta’ (ma senza modelli
educativi efficaci). L’equilibrio si trova proprio nella programmazione della
composizione delle classi come da anni fanno le scuole di Imola o di Vicenza
(due esempi tra i tanti). Per come è stato prospettato, il tetto del 30% ha una
sua rozzezza numerica, perché la realtà delle scuole è diversificata. È giusto
rivendicare flessibilità, ma il Pd deve soprattutto pretendere investimenti.
Integrare costa. Costa la mediazione linguistica, costano i corsi di italiano
aggiuntivi, costa il sostegno al diritto allo studio. Sono questi gli
anticoprpi alle classi ghetto. La battaglia politica non più rinviabile è
quella per la piena cittadinanza dei bambini immigrati nati e cresciuti in
Italia in una politica d’integrazione pilastro della qualità stessa
dell’istruzione. Nella circolare del ministro Gelmini si afferma – lo ha
scritto il costituzionalista Michele Ainis – lo ‘ius soli’ sullo ‘ius
sanguinis’. Significa che gli alunni che sono nati in terra italiana sono
italiani e non c’è barba di uomo bianco leghista del Nord o barbaro di Rosarno
che possa contrapporre tetti dal sapore xenofobo. Cittadinanza, diritto di
voto, temi del nostro dibattito pubblico si fondano sullo ‘ius soli’. È
un’occasione ed un’opportunità che va colta da parte dei riformisti per
incalzare la destra. Per ottenere risultati senza stare pregiudizialmente alla
finestra inneggiando al tanto peggio tanto meglio.

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