22 Settembre 2007
D Donna

La guerra del cibo

Carlotta Mismetti Capua
Stop alle multinazionali, sì alla biodiversità dell’agricoltura. L’indiana Vandana Shiva e l’africana Aminata Traoré combattono le stesse battaglie
Vandana Shiva
Vandana Shiva con il sari arrotolato intorno al corpo e il bindi rosso sulla fronte. Aminata Traoré con il copricapo in testa e il boubou colorato fino ai piedi. Vestiti tradizionali e un carisma fuori dall’ordinario: così queste due donne girano il mondo per difendere la loro terra, raccontando altre verità.
L’una, Vandana Shiva, voce autorevole dell’India dei contadini. L’altra, Aminata Traoré, leader radicale dell’Africa di chi non ha voce. Sono due combattenti, volano da un continente all’altro come ambasciatrici contro la globalizzazione. Parlano forte e chiaro, e lo fanno in Paesi dove le donne non parlano affatto. Le loro sono battaglie diverse ma in fondo simili perché combattute con strumenti identici. Il nemico è lo stesso: i governi corrotti, le multinazionali, il Wto, l’Occidente dei monopoli e del capitalismo col turbo. Vandana Shiva è una fisica e una delle scienziate più note del suo Paese: attivista lo è diventata dopo. Si batte per la biodiversità in agricoltura, contro i semi geneticamente modificati che vengono venduti agli agricoltori indiani e che li mandano in rovina. Coordina una comunità che fa il possibile per aiutare i coltivatori dei villaggi a liberarsi dalla schiavitù della multinazionale Monsanto.
Ma lavora con i governi di tanti Paesi, in Italia con la Regione Toscana (al progetto di San Rossore, luogo di elaborazione del pensiero new global). “Il suicidio dei contadini indiani, che hanno seminato i loro campi con gli Ogm venduti dagli americani”, racconta, “è il mio dolore, il mio pensiero quotidiano. Nell’ultimo decennio, in India, più di 40mila agricoltori si sono suicidati – anche se sarebbe più esatto parlare di omicidio, o addirittura di genocidio”, racconta Shiva, che con la sua organizzazione ha salvato cinque villaggi, convincendo i loro abitanti a riconvertirsi ai semi biologici. “La vita dei contadini è diventata molto difficile. Perché le politiche economiche del governo non li aiutano. Vedo le donne che non sanno come sopravvivere, che vedono il proprio lavoro distrutto”.
Aminata Traoré
Per cercare soluzioni a questi problemi macroeconomici Shiva parte dalle piccole cose. Per esempio si preoccupa del compost, il fertilizzante che viene preparato partendo dagli escrementi delle mucche. “Le donne indiane hanno sempre avuto il compito di preparare il compost per nutrire i terreni. Oggi invece le multinazionali vendono veleni: fertilizzanti che promettono miracoli. Ma che come primo risultato di fatto estromettono le donne dal lavoro nei campi. Il loro ruolo viene cancellato dalla chimica. Una chimica guerrafondaia per origine e vocazione: i fertilizzanti furono inventati in campo militare, e usati in Vietnam contro la popolazione. Fanno male alla terra, fanno male alla salute, fanno male alle donne”.
Vandana è convinta che la biodiversità dell’agricoltura, i semi, i sistemi di lavorazione, gli aratri, i trattori, i campi, i vigneti, il granoturco potranno cambiare il mondo. “Certo, non è un risultato al quale si arriva senza lottare”, dice. “Credo che oggi sia in corso una nuova Guerra mondiale: quella del cibo”. Aminata Traoré è un’intellettuale, una scrittrice. Ha la bellezza imponente di molte donne africane: la voce è potente, rotta dalla rabbia spesso, qualche volta dall’emozione. Quando parla è come se stesse arringando le folle, come fosse sempre su un palcoscenico. È stata ministro della Cultura del Mali, il suo Paese natale, poi consulente economica di tantissime organizzazioni internazionali. Ha studiato psicologia a Parigi, ha scritto molti libri denuncia, tutti tradotti nelle varie lingue europee, italiano compreso. Ha anche inventato e creato il Forum sociale africano, ed è stato un successo: si è tenuto, nella prima edizione, a Bamako, prima di sbarcare quest’anno a Nairobi.

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