5 Dicembre 2005

La legge 194 e la legge 40

Maria Grazia Campari

La questione della legge 194/78 che consente l’aborto, va secondo me affrontata interrogandosi principalmente sul senso dei ricorrenti attacchi all’autodeterminazione procreativa delle donne, un capitolo nel quale si inserisce a pieno titolo anche la legge 40/04 sulla PMA.
Non sfugge che il Forum delle Famiglie, recentemente aggregato ad altre associazioni nella formazione del Partito della Vita, sia all’origine dell’art. 1 della legge 40, quello che attribuisce diritti soggettivi all’embrione, in evidente contrapposizione alla madre. E’ la stessa formazione che elabora un progetto di legge per la presenza di “volontari della Vita” nei consultori e per la costituzione di un’Autorità Nazionale per le politiche famigliari, deputata alla sorveglianza della compatibilità fra funzioni pubbliche e private e le funzioni famigliari, con particolare riguardo all’educazione dei figli.
Facile intuire quale dovrà essere il sesso del sorvegliante e quale quello delle sovegliate.
Si rivela una trama intessuta di attacchi alla libertà femminile di scegliere e perseguire il proprio autonomo progetto di vita; esattamente di ciò è questione con la legge 40. Per questo donne come me, evidentemente disinteressate al tema specifico della riproduzione, si sono impegnate nella battaglia referendaria ed oggi sentono doveroso partecipare al rinnovato conflitto sull’aborto.
Partecipare, ognuna usando la propria competenza per leggere, attraverso gli atti, la trama.
Una trama che a me mostra non solo il segno pesante della specifica invidia maschile per la “creatrice del mondo” (vedi A. Sofri e E. De Luca), ma anche e soprattutto l’esito del monopolio maschile sulla politca istituzionale che persegue lo scopo di concettualizzare la donna come l’altro, l’oggetto del discorso e della norma, passibile di gesti quotidiani di prevaricazione.
Un clima sociale che rende atti di violenza come la violazione dei diritti della personalità, una possibilità istituzionale continuamente presente per le donne, con passaggio di piano dall’illecito al legittimato (alla lettera).
Ciò arreca un grave danno alla democrazia costituzionale, la forma meno incivile di convivenza (che è di tutti), poichè esiste un nesso fra questa e i diritti fondamentali attribuiti ad ognuna/o come frammenti di sovranità contro la prepotenza del potere costituito.
Per questo sono, a mio parere, importanti gesti quotidiani, anche piccoli, di contrasto a questo piano inclinato che si ripropone incessantemente in varie forme, come l’uso del diritto alla privacy sui propri dati sensibili contro i “volontari della vita” nei consultori pubblici, che proponevo.
Compiere gesti affermativi di autonomia contro prevaricazioni istituzionalizzate può avere ricadute positive anche in termini più ampi: può sciogliere un blocco interiore di passività complice e favorire pratiche di responsabilità che alimentino conflitti non distruttivi, ma evolutivi
Resta in ogni caso ormai ineludibile il problema spinoso di una diversamente partecipata politica istituzionale in questo Paese che il saldo comando in mani maschili sta precipitando nel Mediteraneo.
Ciao a tutte
Maria Grazia Campari

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