11 Ottobre 2005
il manifesto

La lezione delle università

Didattica sospesa e prime occupazioni a Roma e Firenze. Gli studenti in prima fila
Matteo Bartocci

Il movimento universitario non si ferma. Anzi, la protesta contro la riforma della docenza e del reclutamento ha di fatto bloccato l’inizio dell’anno accademico in molti atenei con accanto, in qualche caso, anche le prime occupazioni (ieri è stata la volta di fisica a Roma Uno e di matematica a Firenze). Una lieta novità autunnale, riscontrabile un po’ ovunque, è il ritorno convinto sulla scena degli studenti, vera chiave di volta per la riuscita della protesta e, soprattutto, per il futuro del sapere superiore. La protesta dei sindacati e delle associazioni della docenza dunque trova nuova linfa e spesso anche nuove parole d’ordine. «Altro che minoranza silenziosa!», sbotta soddisfatto Marco Merafina, coordinatore nazionale dei ricercatori strutturati. «Gli studenti finalmente – scandisce -ci hanno raggiunto e scavalcato, in più di 400 hanno fatto un corteo interno molto partecipato bloccando tutte le lezioni e occupando la facoltà, domani (oggi per chi legge, ndr) proveranno ad occupare anche chimica e matematica». L’assemblea trasversale ha così deciso di dare vita a una «settimana della cultura universitaria» aperta a tutti che non si limiti a «criticare le prospettive deformatrici del ddl Moratti, ma discuta anche della funzione dell’università pubblica e del suo futuro». Se questo è il clima in un «ateneo mostro» e spesso distratto come La Sapienza non ci si può stupire che iniziative simili abbiano scosso gli atenei un po’ in tutta Italia (alcune iniziative le riportiamo qui a fianco).

 

«Vedere moltissimi studenti insieme a noi – racconta Federica Giardini di Roma Tre – ha contribuito a togliere definitivamente quella patina corporativa a una protesta che tutta l’università sta facendo inascoltata da mesi». Assemblee piene e con pochi capelli bianchi un po’ dappertutto. Tutti insieme: studenti, ricercatori strutturati e precari, i docenti più consapevoli o che non hanno ancora perso la voglia di discutere di sé. A Firenze occupato il polo scientifico di Sesto e l’istituto di matematica di via Morgagni. Oggi assemblee a lettere e scienze politiche. Bologna, vera «città-ateneo» e sede dell’università più antica del mondo, scenderà in piazza domani, con un corteo aperto anche agli studenti medi. A Palermo didattica sospesa per ora nella facoltà di scienze e domani corteo in piazza Politeama. Lo stesso accadrà a Torino, con una manifestazione cittadina promossa dalle associazioni sindacali, dal coordinamento dei ricercatori e dall’assemblea No-Moratti. Ieri il senato accademico dell’ateneo piemontese ha anche approvato una dura mozione critica con il governo, di cui il rettore si farà portavoce nell’assemblea straordinaria della Crui prevista per il 13. Ezio Pelizzetti ha assicurato i docenti in rivolta che sul tavolo degli altri rettori porrà anche la proposta delle dimissioni di massa di tutti i «magnifici» d’Italia. Promessa simile da parte del rettore di Ca’ Foscari a Venezia Pier Francesco Ghetti.

 

Nunzio Miraglia, coordinatore nazionale dell’associazione dei docenti universitari, quasi esulta: «La protesta di questa settimana è la migliore risposta a un ministro che dice di avere con sé la parte buona dell’università. E’ evidente che tranne pochi baroni la vera partecipazione degli atenei la vediamo nelle assemblee e nelle mobilitazioni di questi giorni. L’università – spiega – è sotto attacco tutta, per questo finalmente gli studenti discutono con noi e ci incalzano per pretendere di più da un’istituzione che è e dev’essere democratica».

 

Miraglia però guarda oltre, critica l’oscuramento delle proteste anche su testate sensibili come Repubblica, per esempio. Tra i sindacati e i docenti dunque si fa strada un’altra preoccupazione primaria. Se malauguratamente la legge Moratti passasse toccherà al prossimo governo modificarla. E al di là della retorica sull’abrogazione o meno, la fiducia verso l’Unione non è ai massimi storici. Nei collettivi universitari si è da sempre criticata duramente tanto la riforma Berlinguer che quella del centrodestra. Una preoccupazione simile sembra albergare ora sempre più apertamente anche tra i «rappresentanti» e non solo tra i «rappresentati». Dice Miraglia: «La demolizione dell’università è davvero trasversale, è avvenuta sia con la destra che con la sinistra, non tutte le colpe sono di Letizia Moratti. Questo perché alcune lobby accademiche sono ben inserite tra le forze politiche e così portano avanti i propri progetti come e quando possono. Se guardo all’anno prossimo giuro già che non voglio passare dalla padella nella brace». Preoccupazioni simili, anche se con maggiore prudenza, anche da Paolo Saracco della Fcl-Cgil: «L’università si è mobilitata anche per mettere dei paletti chiari per il suo futuro, perché anche nel centrosinistra si sentono proposte molto preoccupanti e soprattutto non coerenti con le richieste avanzate dal movimento, vedi l’ultimo convegno di Treelle, Astrid e Magna Charta a Milano». Meglio essere chiari subito che litigare dopo.

 

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