2 Novembre 2008
il manifesto

La lingua di una mosca bianca

Insegno da 22 anni in una scuola cattolica; cominciai per caso (non avevo fatto domanda, chiamarono a casa proprio me, così lontana dalla loro storia, perché erano a corto di insegnanti di tedesco «quadriennalisti» (all’epoca eravamo mosche bianche). Feci il colloquio e mi presero: nessuna domanda sui miei orientamenti politici, sulla mia situazione familiare, nessuna richiesta di «speciali» presentazioni. Al momento dell’assunzione, indotta da pregiudizi, chiesi come dovessi comportarmi nei riguardi degli argomenti del programma da svolgere. Sorpreso e un po’ divertito lo sguardo dell’allora preside del liceo linguistico «Marcelline» di Lecce, suor Vita Trizza: «Ma cosa dice, quanto più sanno, meglio scelgono». Strano che sia venuto da una suora a me (femminista, anarchica, individualista, con impegno attivo in politica, una coscienza religiosa dubbiosa e «eretica»), l’insegnamento, il modello della mia professione di educatrice, prima che di insegnante.
Insegno ancora in quella scuola, dove entrai per caso, e ci sono rimasta per scelta: ottima qualità di lavoro, limpida linea educativa per tradizione e vocazione (carisma, lo definiscono le marcelline), apertura alla mondialità, nessun indottrinamento (lasciata alla libera scelta personale di alunni e insegnanti l’adesione alle proposte di religiosità), sensibile e fattiva solidarietà (quale differenza con il paternalismo dell’idea di carità degli ambienti bigotti), valorizzazione delle differenze e accoglienza «militante», apertura culturale e curiosità scientifica, ricerca didattica e sperimentazione (non improvvisazione!) educativa, cura e attenzione per ogni singolo alunno (ce lo permettono anche i numeri), condivisione di un progetto. Siamo parte vivace e attiva del sistema di istruzione nazionale, quindi scuola pubblica, anche se sovvenzionata dalle famiglie. Abbiamo respinto con documenti pubblici la riforma Moratti, abbiamo attivato programmi di aggiornamento per ogni novità e abbiamo concepito proposte, che sono state guardate con attenzione anche da ambiti cosiddetti laici. Per questo anche adesso ci sentiamo a tutti gli effetti e fuori da ogni clandestinità impegnati a respingere gli attacchi al diritto all’educazione che vengono dal decreto Gelmini.
Non si tratta di essere pro o contro i «grembiulini», pro o contro il ripristino del voto di condotta come discriminante per la promozione. Qui si tratta di respingere con forza un tentativo, nemmeno tanto mascherato, di minare alla base il diritto a una formazione educativa di qualità, con standard nazionali e saperi essenziali irrinunciabili. Per questo condivido la protesta di studenti, genitori e insegnanti contro l’attacco oscurantista all’istruzione, all’università e alla ricerca del governo Berlusconi e ho aderito allo sciopero nazionale del 30 ottobre.

 


Claudia Raho,
insegnante presso il liceo «Marcelline» di Lecce

Print Friendly, PDF & Email