Simona De Santis
ROMA – La maestra Anna Maria Curreli, 43 anni, conosce bene i suoi bambini. Li capisce dallo sguardo. Nella sua classe, su 21 alunni 9 – il 42% – sono stranieri. «Sono la loro insegnante dalla prima elementare – spiega – ora siamo in terza: facciamo un grande lavoro con le colleghe, affinché nessuno dei bambini rimanga indietro con il programma». Scuola elementare «Guglielmo Oberdan» in largo Ravizza, quartiere romano di Monteverde. «Ma non è per niente facile, soprattutto nei primi anni; i bambini stranieri hanno problemi dal punto di vista linguistico, a casa parlano la lingua del paese d’ origine – continua Anna Maria Curreli, che insegna italiano – ma con strategie d’ insegnamento “personalizzate” abbiamo ottenuto buoni risultati. Penso che l’ integrazione e l’ educazione all’ altro, si raggiungano meglio in una classe composita». Un tetto massimo del 30% di bambini per classe, quindi, può funzionare? La maestra riflette: «La nostra classe è già sopra al limite previsto del 30%, e funziona. Ma è difficile dirlo, non si può generalizzare». Detto questo: «Non so se l’ applicazione di una quota porterà veri benefici, servirebbero magari maestri di supporto specializzati in tecniche di mediazione culturale». Perché, ammette Anna Maria, ogni bambino ha una propria storia. E particolari esigenze. «C’ è Marcos, d’ origine brasiliana, che ha frequentato la scuola in Costa d’ Avorio – racconta Anna Maria -. È arrivato da noi recentemente, è normale che abbia più difficoltà dei compagni: va seguito con attenzione». Alla Oberdan, si tengono corsi aggiuntivi per i piccoli stranieri con difficoltà di apprendimento. «Prepariamo le lezioni usando i linguaggi visivi, disegni, giochi. Che aiutano a ragionare e a ricordare meglio le parole». Ma fondamentale però, resta «l’ armonia della classe»: «Mark, Ronnel e Andreha sono i nostri tre alunni filippini – aggiunge l’ insegnante – e almeno una volta l’ anno tornano nel loro paese per far visita ai parenti. Al ritorno, raccontano le esperienze di viaggio e portano regali ai loro amichetti: ricordo una volta delle merendine con l’ aglio che, nonostante tutto, furono divorate!». A far da collante, anche le attività extrascolastiche: teatro, musica e campi scuola. «Abbiamo la piccola Julia, che frequenta la nostra scuola e la scuola di lingua polacca. I bambini stranieri, talvolta, hanno più responsabilità e una partecipazione più attiva dei coetanei italiani. Le famiglie, poi, si affidano molto alle insegnanti». In un decennio, la scuola di Anna Maria ha cambiato faccia: «Ora è una fatica maggiore – sospira Anna Maria – ma non la viviamo come un problema: a noi interessa che i bambini imparino, poi ognuno ha la sua tempistica. Se l’ insegnante ha modo di seguire dall’ inizio i propri alunni, può scongiurare la formazione di classi a due velocità». Qualche inciampo, però, si è presentato. «Monteverde non è quartiere con particolari problemi – ricorda – ma all’ inizio qualche genitore italiano era perplesso: si pensava che i tanti bimbi stranieri potessero rallentare le lezioni. Invece, non è stato così. E ora siamo un esempio di integrazione. Tra mille difficoltà».