28 Novembre 2004
la Repubblica

La nuova paura

Natalia Aspesi

Se il corpo della donna è al centro dell’ ideologia islamica della violenza e della sottomissione, come sta lo stesso corpo in Occidente o più modestamente, in Italia? Se è quello di Loredana Lecciso sta benissimo, per l’ ideologia maschilista nostrana, perché è riuscito a riportare l’ immagine della donna alla derisione e all’ accantonamento di ogni valore, come fosse una specie di Mae West contemporanea quindi privata di intelligenza e autoironia dalle necessità horror della televisione. è una strada su cui si potrebbe precipitare velocemente, non dimenticando che se la Comunità Europea non lo avesse stoppato, avremmo come nostro rappresentante una persona che, dichiarandosi filosofo cattolico, avrebbe voluto escludere dalle discriminazioni messe al bando dall’ Europa, quelle sessuali; il che non riguarda solo quello che qualche antico chiama ancora terzo sesso, cioè gli omosessuali, ma anche le donne che un tempo, molto tempo fa, ma chissà domani, venivano ancora definite il secondo sesso, un sesso insomma un po’ secondario, inferiore. Striscianti, insopportabili signori dell’ informazione, con massimo cinismo irreligioso, hanno ricominciato a parlare di aborto, non della legge che lo consente, ma dell’ aborto in sé, di un evento insomma che nessuno, tranne loro, può giudicare o affrontare con indifferenza o leggerezza. Se ne è parlato qualche giorno fa anche nel tenebroso Otto e mezzo, spostando furbescamente il problema negli Stati Uniti di oggi, sempre più conservatori, dove i gruppi pro-life in stile talebano, hanno inventato i cimiteri per gli embrioni e sparano ai medici non obiettori: e dove misteriosamente una nuova legge proibisce l’ interruzione di gravidanza alle donne soldato. Ma si sa benissimo che silenziosamente, in certe regioni, per esempio in Lombardia negli ospedali governati da Comunione e Liberazione, c’ è una vera guerra per dissuadere le donne che chiedono un intervento abortivo e sempre meno sono i medici disposti a farlo. Niente riguarda di più il corpo della donna di una interruzione di gravidanza, e il tentativo di sottrarle il potere di scelta, di ricacciarla nel mondo opaco, doloroso e soprattutto punitivo della clandestinità, nel pericolo e nella vergogna, ha poco di etico e molto di politico. Anche solo ricominciare a parlarne, minacciosamente, diventa uno dei tanti tentativi per toglierle potere, per rimetterla al suo posto, nel luogo che le compete, la sudditanza e l’ incapacità (di intendere e volere). Ci sono periodi storici in cui le donne diventano protagoniste, come fu negli anni ‘ 70, e ciò avviene sempre partendo dalla riflessione sul corpo, rifiutandone l’ esproprio sociale e privato delle consuetudini e delle leggi, reclamandone l’ autonomia. Oggi non è uno di quei periodi, e non solo per la diffidenza crescente che può diventare rifiuto da parte degli uomini (e di certe donne) e dei poteri che rappresentano. Sono le donne che patiscono sul loro corpo messaggi e pulsioni contrastanti di cui diventano il bersaglio. Si affollano a renderle inquiete troppi doveri e troppe illusioni: bellezza e carriera, amore e autonomia, figli e indipendenza, responsabilità e solitudine. Nessun corpo, e non solo quello della donna, è mai riducibile del tutto a regole sociali, è sempre un elemento esplosivo, di crisi, soprattutto quando va in crisi tutto il resto, la società, l’ economia, la politica. Come adesso. Ma mentre il corpo maschile è codificato, si è creato le proprie leggi anche di costume, quello delle donne, sfuggendo a questo codice non suo, introduce sempre un elemento di critica, di disordine, persino di sovversione. Così l’ incomprensione, la diffidenza, lo scontro, si spostano dal sociale al personale. In questo momento infatti, molti uomini adulti si sentono defraudati di un bene che già hanno perduto da tempo, il controllo sul corpo femminile, e delle donne di oggi hanno paura, perché non ne capiscono più né i desideri né l’ autonomia: cui non possono più dire «Sei mia». I giovani riscoprono intanto che essere uomo dà oggi un vantaggio sociale rispetto alle coetanee, che a loro volta percepiscono come un’ assurda ingiustizia questa diversità. Un’ occasione televisiva mi ha permesso di stare un paio d’ ore con un gruppo di ragazzi attorno ai vent’ anni: i loro discorsi mi hanno fatto trasecolare, non li sentivo dai primi anni ‘ 60, come se nel frattempo non fosse successo nulla: l’ aria era un ritorno inaspettato al conflitto tra i sessi così incongruo tra ragazze col pancino fuori e ragazzi pieni di piercing, immagini tutti di libertà anche fisica. Poi per forza la Lecciso trionfa, azzerando con la sua docile inconsistenza, con il suo funebre esibizionismo, con la sua pacificante grulleria, ogni conflitto: di corpo, d’ anima, di pensiero.

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