20 Giugno 2004
l'Unità

«La pace? È un grande progetto politico»

ultima intervista a Tom Benettollo di Antonella Marrone

Giovedì scorso, al telefono. «Ciao Tom, devo fare un articolo piuttosto ampio sul movimento per la pace. Che mi dici? Come ti sembra che vadano le cose?». «Auguri!!», è la sua prima risposta. «Bene, comunque. Siamo di fronte ad un fenomeno veramente inarrestabile. Il movimento oggi è forte, autogovernato e in un certo senso irrapresentabile…»
In che senso?
«Nel senso della realpolitik, quella che vorrebbe farci fuori, negarci. Rappresentiamo un ostacolo al libro arbitrio della realpolitk, capisci? Ci vivono come un soggetto politico ingombrante. Eppure siamo stati in grado di cambiare le dinamiche politiche degli ultimi venti anni, dal 1981 ad oggi abbiamo costruito una grande rete nazionale ed internazionale che è riuscita a portare dentro anche componenti importanti di quella politica “realista” oggi molto legate al movimento. Questo movimento ha insegnato, per quanto lo si voglia negare, il valore politico e la forza di una cultura delle “differenze”. Certo c’è chi sostiene ancora che, dal punto di vista politico, non esistiamo…».
Beh, non è un problema del movimento…
«No, è un problema loro, infatti. Se vogliono negare l’evidenza, negare la presenza di movimenti forti – parlo di quello per pace, ma anche quello sindacale, ad esempio – facciano pure. A noi interessa il confronto diretto con le questioni, al primo punto ci interessano risposte concrete. Il movimento per la pace non si pone il problema di trovare un gruppo dirigente, ma lavora in profondità, come del resto ha sempre fatto, perché la sua grande forza abbia un peso. Che cosa fare oggi? Dobbiamo cercare forme di organizzazione per dare alla pace la caratura di un progetto politico. La vertenza si preannuncia infinita. Nononstante i saldi ancoraggi che abbiamo costruito con la società e la politica. Nonostante i milioni scesi in piazza contro la guerra e contro un sistema che per vivere ha bisogno della guerra».
Sarà possibile far capire che la pace va oltre la «piazza» e oltre la «guerra»? Che è uno «stile di vita»?
«Possibile, non facile, forse. Ma secondo me siamo in presenza di una rivoluzione culturale permanente ormai. L’obiettivo c’è, ed è proprio questo. I tempi del movimento sono lunghi, direi “geologici”, ma nessuno può pensare di tornare indietro o di dare un giudizio negativo sulla base di una politica che vuole essere “reale” ma che è invece lontana dallo sviluppo “politico” della società».
L’informazione dà una bella mano a questa politica «realista»…
«L’informazione la sostiene senza dubbio e senza dubbi. Non approfondisce, non va mai oltre il già noto. Eppoi tende, come la realpolitik, a negare la “piazza”. Dice «la politica estera di un paese non la può fare la piazza». Ma dietro la piazza ci sono persone, teste, passioni. Guarda Melfi… dietro quella vittoria c’è la piazza, e c’è un signore che non va a caccia di telecamere o protagonismo. Si chiama Rinaldini. L’informazione non ne parla, non ne ha parlato. Ma ci sono donne e uomini che stanno dietro alla piazza. E che fanno politica cercando il contatto con i problemi. Dovrebbero farlo anche i giornalisti, sai. Per fare informazione…».

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