1 Maggio 2004
il manifesto

La via spagnola allo sconto

Respinta dall’Unione la proposta del governo di Madrid di abbassare l’Iva per libri e dischi
AL. D’A

Scontro Madrid-Bruxelles sull’imposta per i prodotti culturali. Carmen Calvo, ministra spagnola, lancia una proposta choc per abbattere i prezzi di libri e soprattutto dischi : portare l’Iva dal 4% a «un simbolico» 1% per i libri e dal 16% al 4% per i cd. Questo il primo passo, in futuro una forbice dall’1% al 4% per tutti i prodotti culturali. Immediatamente la commissione europea risponde che la materia è «sensibile», si tratta di mercato interno, e che per farlo ci vuole il consenso di tutti i partner comunitari. E’ risaputo che Germania e Danimarca non ci sentono da questo orecchio. A Madrid non resta che ammettere il colpo: «l’annuncio di abbassare l’Iva – corregge la vicepresidente del governo María Teresa Fernandez de la Vega – era l’espressione di un desiderio, perché è vero che esiste una legislazione europea che non lo permette». Vita corta, meno di 24 ore, per una proposta che, parole della vicepremier, mira a «dare impulso alla lettura e a considerare la musica come un’espressione culturale, il cui piacere deve venire promosso dai poteri politici». L’idea figurava a pagina 154 del programma elettorale di Zapatero ma soprattutto, ricorda Calvo, serve «a che i cittadini `comprino’ cultura e l’industria culturale possa vivere sempre di più professionalmente». La battaglia non è comunque finita, assicurano dal governo Zapatero, «vogliamo provare a cambiare la normativa comunitaria». Cosa non facile.

 

« Gli stati membri – ricorda infatti Jonathan Todd, portavoce del commissario al mercato interno Fritz Bolkentein – non hanno l’opzione di applicare un’Iva ridotta ai dischi, mentre per i libri si può ma non sotto il limite del 5%». Impossibile abbassare l’imposta sui cd. Farlo unilateralmente, ammonisce Bruxelles, equivale a una distorsione del mercato interno della Ue. Un peccato grave, che prevede, tanto per iniziare, l’apertura di un procedimento di infrazione.

 

Per i libri il discorso è diverso. Si può andare fino al 5%, come dice Todd, e anche sotto, come dicono alcune tabelle nazionali, ma solo con l’ok di tutti i paesi dell’Unione. Per l’editoria, la Spagna si giova già di un’Iva al 4% come la Grecia, il Lussemburgo è al 3%, Regno unito e Irlanda praticano addirittura l’esenzione. Ma si tratta di accordi frutto dei negoziati di adesione o di deroghe già previste dalla direttiva comunitaria del 1992 che tratta le imposte. Il fatto è che il mercato dei libri è meno preoccupante per la grande industria perché legato a mercati e lingue precisi. In sostanza si può chiudere un occhio sull’Iva bassa sull’editoria, mentre risulta impossibile farlo nell’industria musicale perché gli interessi sono molto più grandi e il mercato globale. Difatti i cd, a differenza dei libri, non compaiono nella lista dell’annesso H della direttiva comunitaria, quella che da diritto a imposte ribassate. E non hanno nemmeno speranze di entrarci. La Germania (7% di Iva sui libri e 16% sui dischi) e la Danimarca (25% su entrambi) sono infatti ben decise a utilizzare il loro potere di veto perché non faccia strada la proposta avanzata da Madrid. Ci prova già da anni, senza successo, la Francia per la ristorazione.

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