Orsola Casagrande
Ieri ancora una volta hanno aperto il corteo contro la nuova base militare Usa. Instancabili protagoniste del movimento che da due anni si oppone alla nuova base di guerra, sono sempre in attività. Le donne del presidio permanente sono andate perfino negli Stati uniti, al congresso americano, per spiegare le ragioni del no. Hanno incontrato Nancy Pelosi, hanno partecipato a incontri e dibattiti pubblici negli Usa. E adesso, dopo la manifestazione di ieri, eccole nuovamente in partenza. Questa volta la meta è d’eccellenza, come dicono loro: il parlamento europeo a Bruxelles. Le donne saranno ospiti della vice-presidente del parlamento, Luisa Morgantini, per tre giorni intensi di incontri formali ed informali, come spiega bene Paola, del gruppo donne del Presidio. “Avremo appuntamenti ufficiali, – dice – come la visita al parlamento europeo di martedì 16 e l’incontro con gli europarlamentari del gruppo confederale “Sinistra unitaria europea – Sinistra verde nordica”, ma anche importanti appuntamenti informali, di confronto e scambio con altri gruppi di donne ceche, polacche ed inglesi”. La giornata di mercoledì 17 vedrà le donne impegnate in un’audizione con l’intergruppo per la pace del parlamento europeo e in una conferenza internazionale sul tema degli armamenti nucleari. Partiranno in 29, dall’Italia, per raggiungere Bruxelles: insieme alle 19 donne del Presidio ci saranno altre dieci donne della rete internazionale delle “Donne in nero”, da Bologna, Napoli e l’Aquila. Ma tutte riunite sotto la bandiera No Dal Molin. L’attività delle donne del presidio è stata da subito centrale per tutto il movimento. Le donne, come ha sempre detto anche Cinzia Bottene, consigliera comunale, “hanno una sensibilità diversa nei confronti della terra e della vita. Per questo l’idea di una base militare costruita nel nostro territorio non può che spaventarci”. In occasione degli attentati alle Twin Towers, Bottene ha scritto al sindaco Variati una lettera toccante. “Anch’io – si legge – voglio ricordare le vittime dell’11 settembre con la mia comunità, senza spettacolarizzazioni o, peggio, strumentalizzazioni. Come ama ripetermi sempre un mio amico citando un proverbio africano “quando due elefanti litigano, chi ci rimette è sempre l’erba ai loro piedi”. Non posso non pensare – ha scritto ancora Bottene – che, come quegli innocenti morti nel crollo delle Torri Gemelle, tanti altri innocenti sono morti in giro per il mondo, a causa di quell’evento. Morti che, per quel che mi riguarda, non sono di livello inferiore. Civili innocenti, fili d’erba strappati. Allora, se ricordo deve essere, voglio poter ricordare chi ha trovato la morte a New York come a Kabul o a Baghdad. La pietas non conosce distinzioni di sorta, non chiede conto dell’identità, del colore della pelle, della provenienza. Come diceva Livio, ” Bellum se ipsum alet “, la guerra nutre se stessa. Per questo tanti uomini e donne, tanti suoi concittadini, sono mobilitati per creare una speranza di pace”.