3 Gennaio 2009

Chiamare politica il fare società

Stefano Sarfati Nahmad

La politica, intesa come politica di rappresentanza e di potere, soccombe sotto le bombe israeliane. Veramente era già morta sotto tutte le bombe cadute in quella striscia di terra, ma come una zombie ogni volta si è rimessa a camminare, e nemmeno la sua ultima immagine post-moderna, giovane bella e di colore, potrà trasformarla in un essere vivente.
Tolto dunque quello che non è, cosa resta? Quelli e quelle che fanno società, che è poi l’obiettivo della politica. Fanno società ad esempio le donne e gli uomini israeliani e palestinesi che lavorano insieme a progetti che camminano con le proprie gambe; fanno società donne israeliane e palestinesi in relazione tra loro nella quotidianità degli scambi materiali; fa società il buon senso femminile così come è raccontato magistralmente nel film Il Giardino dei Limoni: alla battaglia condotta dalla donna palestinese corrisponde un cambiamento nella moglie del ministro israeliano. D’altra parte, alla solitudine del ministro israeliano, corrisponde una carriera all’ombra del potere dell’avvocato palestinese.
Ed è questa la mia battaglia: chiamare politica il fare società, chiamare “morto che cammina” la politica di rappresentanza e di potere.

 


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