4 Marzo 2007
il manifesto

L’Italia investe sul futuro dell’Africa

La conferenza di Bamako si chiude con la promessa di un stanziamento di 10 milioni di euro nel 2007 destinati a progetti legati allo sviluppo. Dieci volte di più di quanto investito fino a oggi
Stefano Liberti – inviato a Bamako

 

Un nuovo patto tra l’Italia e l’Africa. Con una dichiarazione che vuole essere un impegno da parte italiana, si è chiuso ieri nella capitale maliana Bamako l’incontro «Le donne protagoniste: dialogo fra i paesi dell’Africa occidentale e la cooperazione italiana». Un incontro che ha visto la partecipazione di un migliaio di donne provenienti da tutta la sub-regione, molte con incarichi di governo, molte altre a rappresentare una società civile che negli ultimi anni si è caratterizzata per il proprio attivismo e per il proprio desiderio di avere un ruolo attivo nei processi di decisione politica.
A concludere la due giorni in una sala molto affollata, la vice-ministra degli esteri con delega per la cooperazione Patrizia Sentinelli ha annunciato un piano d’azione per gli interventi futuri, che si propone di recepire le varie richieste e i desiderata emersi dai panel e dagli incontri.
L’incontro non era una conferenza di donatori, ma le cifre sono state comunque messe sul terreno. «Si partirà – assicura Sentinelli in conferenza stampa – da 10-15 milioni di euro per il 2007». Una cifra consistente, se si tiene conto che è di poco inferiore a quella stanziata per la cooperazione in aree prioritarie per la politica estera italiana, come il Libano e l’Afghanistan. E se si tiene conto, soprattutto, che l’ammontare annunciato moltiplica di fatto per dieci la portata degli interventi della nostra cooperazione nell’area dell’Africa occidentale.
Come verranno implementati questi progetti? L’idea consiste nel versare i fondi alle unità tecniche locali di Ouagadougou (in Burkina Faso) e Dakar (in Senegal), dove con bandi di concorso ad hoc verranno finanziati progetti di organizzazioni locali. Una cooperazione dunque decentrata, che privilegia il rapporto con le società civili. E che si concentrerà sui quattro assi tematici su cui si è discusso durante la conferenza: governance e conflitti; migrazioni; lotta alla povertà ed empowerment economico; salute, violenza e diritti umani delle donne. Per realizzare questo piano, la direzione generale della cooperazione allo sviluppo (Dgcs) prevede di avviare entro l’anno una sorta di Gender task force operativa che si articolerà tra l’Italia e le due città dell’Africa occidentale sedi delle unità tecniche.
Un piano ambizioso, dai contorni ancora abbozzati, che implica tuttavia un forte impegno economico e un preciso orientamento politico. Alcuni punti emersi durante la conferenza segnano una forte soluzione di continuità con le linee guida dell’Unione europea, almeno su due punti: gli accordi di partenariato economico (Epa), che i governi del Nord cercano in fretta e furia di firmare con quelli del sud per garantire l’accesso delle proprie merci ai loro mercati; e la migrazione. Sugli Epa, denunciati da tempo da gran parte delle associazioni contadine dell’Africa (e in particolare da Roppa, la grande rete di organizzazioni dell’Africa occidentale), Sentinelli è stata abbastanza chiara. «Bisogna seguire il processo negoziale per approfondire la riflessione mirata anche ad una loro maggiore flessibilità», ha affermato. Una dichiarazione diplomatica per esprimere il desiderio di imprimere ai negoziati su questi accordi una battuta d’arresto. Sulle migrazioni, «non è possibile considerare il problema solo da un punto di vista securitario. Bisogna privilegiare la libera scelta delle persone di progredire nel proprio paese o di spostarsi altrove».
Se resta da vedere quanto lontano ci si potrà spingere su questi punti politicamente delicati, un risultato immediato la conferenza di Bamako l’ha avuto: quella di proiettare l’Italia – scarsamente presente a livello diplomatico in Africa occidentale – al ruolo di portavoce delle istanze delle società civili di questi paesi a livello europeo. Molti dei partecipanti lo hanno ripetuto con forza, lamentando allo stesso tempo la scarsa capacità d’azione della Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Cedeao-Ecowas), l’area di libera circolazione e libero scambio che riunisce tutti i paesi dell’area. «La Cedeao è un guscio vuoto – assicura a margine una donna di una ong senegalese, E’ triste che per fare questi incontri, abbiamo sempre bisogno di uno stimolo da parte di qualche paese del Nord».

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