6 Marzo 2003
il manifesto

Lysistrata Project

Parte da New York un grido contro la guerra nei teatri di tutto il mondo
Aristofane oggi. Ideata da Katrhyn Blume e Sharron Bower, l’iniziativa ha coinvolto oltre cinquanta paesi
Cristina Piccino

 

Tutto comincia in gennaio a New York, quando cioè la protesta contro la guerra preventiva in Iraq esplode con forza, sostenuta apertamente da intellettuali, artisti, attori, attrici, Sean Penn in testa che vola anche a Bagdad per vedere cosa accade realmente in quel paese. L’idea viene a Kathryn Blume e Sharron Bower, registe e attrici di teatro, che in quei giorni stavano lavorando a un’adattamento di Lisistrata, e la storia scritta da Aristofane secoli fa è diventata subito gesto contemporaneo nella volontà di quelle donne, guidate dalla bella ateniese, che stanche della guerra infinita tra Atene e Sparta organizzano lo «sciopero» del sesso. Nasce così The Lysistrata Project, pensato come un gesto di pace collettivo che coinvolga i palcoscenici di tutto il mondo. La filosofia delle due ideatrici è «pensare globale, agire localmente», che poi è anche un po’ il modello seguito per i Dialoghi della Vagina di Eva Esler – la quale ha dichiarato: «è fantastico sapere che un evento simile sia possibile, inviate il mio sostegno e sappiate che sono lì tra voi con tutta l’anima – visto che per protestare contro la politica di Bush, le due attrici cercano di coinvolgere sullo stesso testo il più grande numero artisti. E nello stesso momento, una data, il 3 marzo che vuole essere scaramantica e simbolica. «Prima di tutto questo ci sentivamo impotenti, non potevamo fare altro che guardare in tv l’orrore della politica di Bush, i suoi preparativi per l’attacco unilaterale all’Iraq. Abbiamo iniziato a spedire e-mail ai nostri amici, e abbiamo aperto un sito. La risposta è stata incredibile. Ci hanno scritto in migliaia dicendoci che vivevano il nostro stesso stato d’animo e che nei loro paesi discutevano ogni giorno sui pericoli di questa guerra». Un lavoro appassionato, frenetico e instancabile. Infatti all’appuntamento hanno aderito cinquantasei paesi sparsi nel mondo, dagli Stati uniti all’America Latina, e poi Giappone, Australia, Europa (in Italia l’evento è stata ospitato dal teatro Vascello di Roma, e dal Teatro Miela di Trieste), oltre novecento artisti e compagnie e circa mille teatri… E tutti presenti con forme e modi diversi, utilizzando anche spazi non teatrali, biblioteche, parchi, improvvisando o seguendo una regia più studiata. A Londra il Progetto Lisistrata ha «occupato» la piazza di fronte al Parlamento. Nel coro contro la guerra c’erano anche Vanessa Redgrave, Magie Steed, Alan Rickman, David Hare, e Toni Harrison che ha «regalato» al pubblico e alla pace la lettura in anteprima del suo adattamento di Lysistrata. A New York The Lysistrata Project è stato rappresentato all’Harvey Theater, nel ruolo di Lisistrata c’era Mercedes Ruehl, insieme a Fred Murray Abraham, Kevin Bacon, Peter Boyle, Kathleen Chalfont, Delphi Harrington, Kyra Sedgwick, Lori Singer con la regia di Ellen McLaughlin. Ha detto Julie Christie, che ha sostenuto l’iniziativa in California (regia di Michael Clark Haney, John Densore alle percussioni ): «la storia deve scrivere che milioni e milioni di persone erano contro questa guerra». All’iniziativa hanno aderito anche moltissime organizzazione per la pace, e i soldi raccolti nei diversi teatri erano destinati all’aiuto delle organizzazioni non governative che lavorano nei paesi massacrati dalle guerre.

 

E ora? Cosa accadrà del Progetto Lisistrata? Le curatrici continuano a lavorare (si parla di un prossimo appuntamento per il 3 maggio) e sperano che la macchina teatrale di protesta non si fermi finchè si parla di guerra. Dicono Blume e Bower: «noi amiamo il nostro paese e per questo pensiamo che la sua libertà e la sua ricchezza devono essere legate a un grosso senso di responsabilità. Questa guerra non è un’azione responsabile. Bush non vuole ammettere che una guerra renderà il nostro paese ancora più povero, ci allontentanerà da molti paesi alleati e soprattutto farà crescere un sentimento antiamericano in tutto il mondo. Deve essere chiaro che Bush non parla a nome degli americani. E tutti coloro che sono contro questa guerra devono dirlo, devono agire per la pace».

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