11 Novembre 2005

Manifesto per l’autoriforma dell’università

Gli atenei in rivolta, assemblea nazionale degli studenti universitari, dei ricercatori precari, degli studenti medi (roma 06.11.05)

Dopo le settimane di mobilitazioni, occupazioni, blocchi della didattica, cortei e la grande manifestazione del 25 ottobre che ha assediato il parlamento, noi, studenti e studentesse, precari e precarie dell’università e della conoscenza, ci siamo incontrati per discutere sulle prospettive del movimento. L’inaccettabile approvazione del Ddl non ha intaccato la nostra determinazione a voler proseguire la mobilitazione. Fin da subito la protesta è esplosa a partire dal nostro disagio, investendo l’assetto complessivo dell’università e della formazione. All’origine di tale disagio vi sono i processi di precarizzazione e di riforma, il cui centro focale è rappresentato dal 3+2 e dal meccanismo dei crediti, introdotto dal centro-sinistra e peggiorato dal centro-destra. Per noi essere contro il Ddl vuol dire essere contro il processo di riforma che interessato l’università italiana negli ultimi anni. Le occupazioni e le mobilitazioni sono state, da subito, laboratori di sperimentazione di nuove e molteplici pratiche di conflitto e di scardinamento dell’università attuale e nello stesso tempo di immediata costruzione di un’altra università. A partire da qui abbiamo iniziato a scrivere con i nostri conflitti l’autoriforma dell’università. Questo manifesto vuole raccogliere le pratiche e i differenti contenuti che sono patrimonio comune delle mobilitazioni e rilanciarne la generalizzazione.

 

1 – Ci siamo ripresi i nostri tempi e i nostri spazi, attraverso blocchi della didattica, scioperi della frequenza, occupazioni delle facoltà, autogestione di aule. Perché i nostri tempi di vita e di formazione sono radicalmente incompatibili con la gabbia dei ritmi che ci stanno imponendo. Il tempo dell’università deve adattarsi al nostro, ne pretendiamo dunque un altro: vogliamo una radicale diminuzione dei ritmi di studio e rifiutiamo l’obbligatorietà della frequenza. Vogliamo studiare con lentezza.

 

2 – Ci stiamo riappropriando di ciò che ci viene tolto. Pratiche diffuse di autoriduzione del pasto in mensa, del costo dei trasporti, dei servizi culturali, degli affitti, occupazione degli enti per il diritto allo studio, diffusione libera dei saperi ostaggio di brevetti e copyright. Nel mercato della formazione, vogliono destinarci a un presente e a un futuro di precarietà. Reclamiamo reddito, servizi e casa, gratuità dell’accesso all’università e alla formazione, rimozione di tutti i blocchi e gli sbarramenti al percorso universitario, abolizione della proprietà intellettuale, moltiplicazione delle borse di studio e dei posti alloggio sganciati da logiche meritocratiche, in opposizione radicale all’attuale Dpcm sul diritto allo studio. E’ necessario incentivare i finanziamenti pubblici destinati all’Università e alla Ricerca. Non è pensabile una finanziaria che sottrae fondi all’intero mondo della cultura per destinarli alla guerra. Vogliamo studiare tutte e tutti.

 

3 – Abbiamo iniziato a costruire un’altra didattica. Incontri, discussioni, convegni, seminari autogestiti, feste, riappropriazione di spazi di socialità e di relazione continuamente negati dalla riforma. La nostra formazione passa innanzitutto attraverso questi momenti. La produzione di saperi e relazioni è per sua stessa natura “anti-economica”, non misurabile in unità di tempo e in crediti formativi. Il sapere vivo non è riducibile a merce. È un processo collettivo e cooperativo radicalmente alternativo ai linguaggi e alla logica dell’università-azienda, individualista e competitiva. La parcellizzazione, frammentazione e dequalificazione dei saperi non produce altro che precarizzazione e controllo. Affermiamo l’autogestione e l’autogoverno della didattica e della ricerca, lo scardinamento del sistema dei crediti attraverso pratiche diverse: tanto l’inflazione dei crediti, ossia il riconoscimento di tutte le attività formative e di ricerca autogestite; quanto l’irruzione del sapere critico nei programmi didattici. Vogliamo costruire tutto il nostro sapere.

 

NON ABBIAMO ALTRE RIFORME DA ATTENDERE O GOVERNI DA ASPETTARE:

 

IL NOSTRO TEMPO E’ QUI E CONTINUA ADESSO

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