1 Marzo 2002
Via Dogana n°60

Pensieri suscitati dalla lettura della civiltà della conversazione di Benedetta Craveri.

Lia Cigarini

Montaigne (1533-1592), racconta Craveri, esortava gli uomini del suo tempo ad insegnare alle donne “a farsi valere e a stimarsi” affinché sia gli uomini che le donne potessero vivere meglio.
In realtà sottolinea Craveri le preziose (un movimento o corporazione di aristocratiche e intellettuali francesi che percorre tutto il diciassettesimo e il diciottesimo secolo) si erano per conto loro attribuite un “alto prezzo” pur in un contesto giuridico a loro sfavorevole. Così da conquistare una tale autorità da renderle protagoniste indiscusse dei cambiamenti culturali avvenuti in quei secoli in Francia.
Ho sempre amato e studiato il movimento delle preziose ricavandone idee e suggerimenti per orientarmi nella vita e nella politica delle donne. A me risultavano le donne più consapevoli che avessi letto, e in una specie di corteo immaginario le vedevo sfilare a due a due legale da una appassionata amicizia. Madame de Sévigné e Madame de La Favette, Madame de Maintenon e Ninon de Lenclos, Madame de Sablé e Mademoiselle d’Attichy, Mademoiselle de Scudéry e Madame de Rambouillet e al loro seguito le amatissime figlie. Cosicché quando mi sono affacciata al mondo, munita di volontà e determinazione ma sola e muta nel disagio della emancipazione, avevo dentro di me due beni preziosi: una genealogia femminile ben precisa e la predisposizione ad affidarmi ad una donna più grande di me.
So che altre hanno fatto così. Ricordo Carla Lonzi che indicava le mistiche e le preziose come riferimenti a lei indispensabili.
Tuttavia non ero mai riuscita a spiegarmi fino in fondo come alcune donne, aristocratiche sì, ma soggette totalmente all’autorità del padre e del marito e senza studi regolari, fossero state in grado di realizzare i propri desideri e progetti tanto da riuscire a dettare le regole del gioco culturale e mondano per quasi due secoli.
Ora mi sembra di avere capito. E la loro storia ricomincia ad avere per me una risonanza attuale davvero impressionante.
Benedetta Craveri riferisce che durante tutto il seicento una vasta produzione letteraria per lo più maschile sottolineava la parità dei due sessi fino ad arrivare con Poullain de La Bare (1673) a riconoscere alle donne le capacità intellettuali degli uomini. Tuttavia osserva Craveri “a cominciare dall’apparizione delle Preziose, si faceva sempre più strada nel gentil sesso la convinzione che il valore della donna risiedesse nella sua differenza e non nella sua uguaglianza rispetto all’uomo”.
In sostanza le preziose avrebbero operato uno scarto rispetto alla secolare querelle de femmes che aveva come oggetto la superiorità o inferiorità di un sesso rispetto all’altro o la parità tra i due.
Questo spostamento di senso a mio parere è stato un atto geniale: le preziose hanno così potuto giocare senza remore tutto il loro sapere delle relazioni, della lingua, delle buone maniere, dell’amore, dell’esprit, negli anni in cui l’aristocrazia francese voleva “civilizzarsi” nei costumi e togliere il primato culturale agli italiani.
Le preziose, in sostanza si sono consapevolmente mosse come l’avanguardia culturale e mondana di quella aspirazione.
Perciò esse non si sono impantanate nella rivendicazione di parità con gli uomini. Neppure hanno dato voce (o forse in quel momento di cambiamento in loro favore non lo sentivano affatto) al risentimento che è il sentire più frequente di moltissime donne: nei confronti degli uomini, della madre, e, alla fine, delle donne stesse.
Io penso, poi, che il mettere in valore la differenza e agirla nel mondo, direi, allo stato puro (l’idea nata dalla Rivoluzione borghese dell’emancipazione delle donne e dei loro diritti ad essere considerate uguali agli uomini non si era ancora profilata all’orizzonte) ha sottratto le preziose alla competizione con gli uomini sul loro terreno (guerra, potere statale, professioni, ecc.). La competizione con gli uomini derivata dall’emancipazione ha logorato e logora a mio parere, ancora intere generazioni di donne. Non solo per la fatica fisica e mentale di far fronte contemporaneamente al lavoro e ai figli più volte denunciata ma sostanzialmente irrisolvibile senza un cambiamento radicale del modo di vivere e lavorare e del simbolico. Ma anche per una ragione più centrale, più intima e profonda: sbarra la strada all’agire della differenza che è essenzialmente relazione con l’altro.
La competizione, cioè, non apre alcun reale conflitto tra differenza femminile e differenza maschile bensì una gara aggressiva tra donne e uomini e alla fine anche tra donne per tutto ciò che è disponibile nel mondo esistente.
La competizione dunque impedisce il riconoscimento di autorità femminile da parte del mondo maschile.
Infatti con la competizione/emancipazione non vi è nulla di “prezioso” che si offre alla società, al contrario si tende ad occultare il modo di sentire e pensare delle donne, facendone un qualcosa di arcaico in via di estinzione.
Le preziose, ci racconta Craveri, hanno invece messo in campo il di più relazionale delle donne. Hanno con la forza delle parole disegnato – Madame de Rambouillet tuttavia è stata anche l’architetta vera e propria del suo palazzo e della camera dove riceveva – uno spazio fisico e simbolico dove donne e uomini si incontravano fuori da ogni possibilità di identificazione, in relazioni segnate da una alterità riconosciuta e accettata. Il risultato è che la storia della civiltà francese nel momento di suo massimo fulgore è una storia soprattutto di donne. Caso unico in Europa e nel mondo.
Come si sa il mondo maschile si è spaccato di fronte al movimento delle preziose: una parte le ha attaccate ferocemente e tentato di ridicolizzarle in tutti i modi anche se un misogino come La Bruyère rende loro, comunque, l’onore delle armi: esse scriveva dimostrano di possedere più di chiunque altro il talento della conversazione e il segreto della scrittura epistolare; un’altra parte però ne ha riconosciuto i meriti, le doti, la funzione egemonica nella cultura e nella società.
In poche parole ne ha riconosciuto l’autorità; La Rochefoucaued ad esempio andava dicendo “il giansenismo è donna”, vale a dire attribuiva alle preziose anche la fortuna di quell’esperienza spirituale e filosofica, oltre ad avere come interlocutrici privilegiate Madame de La Favette e Madame de Sévigné. Gli stessi illuministi ad esempio Voltaire, Diderot, D’Alambert, hanno mantenuto intense relazioni di amicizia e scambio filosofico letterario politico con alcune delle preziose del 18° secolo.
Comunque il segno incancellabile della loro azione è contenuto nella loro scrittura, lettere e romanzi per lo più; per me tra le opere più leggibili e durature di quei secoli.
E’ evidente che le donne del nostro tempo hanno più contraddizioni: siano sparpagliate in tutti i luoghi del mondo maschile, abbiano imparato alla perfezione ad usare gli strumenti di lavoro e di pensiero maschile, la parte fallica di ciascuna di noi è molto più invasiva e di conseguenza l’agire della differenza molto disturbato e reticente.
Tuttavia alcune tentano di percorrere la strada stretta della relazione di differenza con gli uomini non tanto per proporre un’alleanza tra il movimento delle donne e gli uomini più preoccupati e critici degli esiti catastrofici della civiltà maschile, bensì – se la differenza è riconoscimento dell’altro- per far risuonare dentro di sé e nel mondo più potentemente la differenza femminile.
La bellissima narrazione della civiltà delle preziose scritta da Benedetta Craveri offre tantissimi spunti di riflessione.

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