4 Giugno 2007
la Repubblica

La casalinga che sfidò il premier “E io che l’avevo pure votato”

Enrico Bonerandi
La signora dai capelli rossi è Cinzia Bottene, una tranquilla casalinga moglie di un dirigente d´azienda, che fino all´anno scorso si dedicava a tirar su i figli, e adesso tiene testa al ministro Parisi in tv o sale sul palco a Trento a cantarle a Prodi: «Io l´ho votata, sono tra quelle che l´ha votata. E mi sono sentita tradita. Non ci è stato concesso neppure di esprimere il nostro parere con un referendum. Ci stanno trattando in maniera ignobile. Chiediamo solo correttezza, il rispetto di un programma che parlava di riduzione delle servitù militari e democrazia partecipativa. Dove sono finite quelle parole? Non siamo antiamericani; non vogliamo che venga costruita una base a 15 metri dalle case e a 1.400 metri dalla Basilica Palladiana». Ha concluso il minuto che le era stato concesso, ma accanto in sala ci sono altri del comitato “Dal Molin”. Quell´altra signora un po´ in carne è Patrizia Balbo, dirigente di una cooperativa: era iscritta alla Margherita, ma la tessera l´ha bruciata da mesi. Il tipo con la pelle scura è Olol Jackson, figlio di un reduce dal Vietnam e di una signora somala, consigliere regionale dei Verdi, autosospeso dal partito. I ragazzi un po´ scalmanati fanno riferimento ai centri sociali del Nord Est, quelli di Luca Casarini, mentre la signora con i capelli arruffati e la voce tonante, Franca Equizi, sta in consiglio comunale a Vicenza per la Lega, che l´ha sconfessata, ed era la loro più acerrima nemica. Ora sono uniti nel gran cartello che dice no al raddoppio della base Usa, continuano a pensarla ognuno a modo suo, ma quando c´è da muoversi per l´obbiettivo comune, non mancano mai.
Hanno fondato un mensile, un foglio settimanale e una radio. Organizzano «pignattade», e cioè manifestazioni dove suonano le pentole con gran frastuono, e a tre mesi e mezzo dalla manifestazione dei 100mila che, con grande allarme del ministero degli Interni ma nessuna violenza, attraversò Vicenza portando in piazza genitori e bambini, no-global e dissidenti leghisti, sinistra radicale e cattolici di base, i «quattro gatti», come li ebbe a definire il sindaco Hullwech, Fi, sono ancora lì, e graffiano. Attorno a loro, si sono aggregate tante altre realtà, primi fra tutti i «fratelli» della No-Tav, con cui hanno stretto un patto di mutuo soccorso. C´è stata l´occupazione simbolica della basilica del Palladio e persino una delegazione negli Stati Uniti, per prendere contatto con i movimenti pacifisti. Alle elezioni per la Provincia, hanno pagato lo scotto soprattutto i partiti del centro-sinistra, che invano avevano tentato di mettere in lista qualche leader della protesta. Tra schede bianche, nulle e astensioni, il 51 per cento dei vicentini non ha espresso il proprio voto: un vero record negativo. Quelli del «No Dal Molin» non hanno cantato vittoria («Il centro-destra, se possibile, è ancora peggio») ma continuano sulla propria strada. E se c´è da contestare Prodi, ci vanno in 200.

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