1 Aprile 2021
il manifesto - l’Extra Terrestre

La scienziata anticipò l’ecologia

di Serena Tarabini

A cento anni dalla nascita, un libro racconta la vita di Laura Conti, partigiana e ambientalista. Senza di lei non avremmo compreso la gravità dell’incidente di Seveso. Intervista con l’autrice Valeria Fieramonte (La via di Laura Conti. Ecologia, politica e cultura a servizio della democrazia, Enciclopedia delle Donne 2021, p. 336, € 19).

La maggior parte dei problemi ambientali nasce dal saper fare che cammina più in fretta del sapere». Con queste parole, in un articolo apparso su l’Unità nel 1985 dal titolo «Fermate lo sviluppo, voglio scendere», Laura Conti esprimeva una delle sue preoccupazioni centrali, quella per i rischi legati all’incapacità di un’umanità in corsa di concepire il finito. Pensiero acuto e premonitore, quello della «scienziata che non si riteneva tale», la cui visione critica e azione concreta hanno avuto un ruolo fondamentale nella nascita di una sensibilità ecologica in Italia. Senza il lavoro di documentazione, analisi e denuncia senza precedenti di Laura Conti, il disastro di Seveso non ci sarebbe apparso nella sua gravità sanitaria, ecologica e sociale; ma fermarsi a quello che è stato il suo contributo più famoso significa perdersi, come è stato in parte fatto, l’inestimabile patrimonio rappresentato dalla sua capacità di osservare i fenomeni nella loro globalità e complessità e dalla volontà di comunicare a un pubblico più vasto possibile. A cento anni dalla sua nascita un libro, La via di Laura Conti, scritto dalla giornalista scientifica Valeria Fieramonte, raccontandoci le tappe di una vita straordinaria durante la quale fu partigiana, medico, studiosa, scrittrice, militante politica, ambientalista, divulgatrice, parlamentare, ci restituisce le idee all’avanguardia, l’impegno appassionato e la profonda umanità di uno dei personaggi più importanti del novecento.

Quanto è stato impegnativo scrivere un libro su un personaggio così intenso?

È stata una lunga ricerca che mi ha tenuto una grande compagnia per anni al punto che mi è dispiaciuto quando per forza di cose ho dovuto smettere. Sono convinta che Laura Conti sia ancora una bussola per orientarsi, anche se è drammatico vedere quanto non sia stato fatto, quanto non si sia dato seguito alle discussioni che lei aveva animato e guidato. Ho scritto questo libro anche come una forma di ribellione alla sottovalutazione della portata del suo pensiero, affinché la sua eredità non venga persa o travisata bensì possa essere trasmessa integra.

Laura Conti, come tutti gli eretici, è stata anche un personaggio scomodo: in cosa dava fastidio il suo pensiero?

Laura non si conformava al pensiero politico dominante. Quello dell’epoca correva in parallelo alla fiducia nel progresso e nello sviluppo industriale, di cui già aveva individuato i pericoli grazie anche alla sua esperienza concreta: come medico dell’Inail furono l’analisi delle condizioni di lavoro nelle fabbriche che fecero nascere il suo impegno ambientalista, in quanto riscontrava sull’uomo i danni provocati all’ambiente. Il suo messaggio ecologico non era compreso perché era troppo avanzato. Per fare un esempio, per lei erano evidenti anche altri rischi, quelli legati alle «possibilità praticamente illimitate di osservazione e registrazione consentite dall’elettronica» in grado di consegnare al potere una capacità di controllo sempre più capillare.

In che cosa è stata particolarmente anticipatrice?

Fu fra le prime, con la sua visione globale, ad avvertire dell’importanza e dell’urgenza di tutelare la biodiversità, in tutte le sue forme. Il suo approccio è stato di fatto quello di un’ecologa. A differenza delle scienze dure, l’ecologia, che studia le relazioni fra gli esseri viventi e fra gli esseri viventi e l’ambiente, è una scienza di sistema e di esperienza. L’ecologia osserva e correla i fenomeni e questo è infinitamente più complesso dello studio di uno specifico ambito, che se avulso da una visione integrale, rischia di non rilevare i danni che una determinata attività può provocare. Laura si preoccupava dell’inquinamento industriale come dell’agricoltura e dell’allevamento intensivi, della deforestazione come dell’impoverimento dei suoli, dello smaltimento dei rifiuti come del dissesto idrogeologico, della produzione di anidride carbonica come dei consumi energetici. Il tutto, essendo un medico, partendo dal corpo umano ma senza mai assegnare all’umanità un ruolo centrale. Era fra i pochi, a qui tempi, a considerare la specie umana come un aspetto del sistema vivente, non suo padrone. Per questo era in grado di vedere i pericoli che la scienza non aveva saputo ancora identificare. E il suo metodo, di fronte ai problemi ambientali, era quello di del coinvolgimento della popolazione nella ricerca di una soluzione che fosse non solo scientificamente efficace, ma anche socialmente accettata.

Intensa fu la collaborazione con un altro grande del pensiero scientifico legato all’ecologia, il fisico di fama internazionale Enzo Tiezzi. Che rapporto avevano?

Enzo Tiezzi, più giovane di vent’anni, stimava enormemente Laura, di sicuro è stato la persona che più ne ha riconosciuto e compreso la genialità. Condividevano la stessa visione e le stesse preoccupazioni per il sovrastare dell’evoluzione tecnologica su quella naturale, il proliferare di risposte semplici a problemi complessi. Avevano in comune anche il desiderio di divulgazione dei temi ecologici, idearono una collana di libri che per la prima vota riuscì a trasmettere tra i giovani e il pubblico l’interesse per le scienze naturali. Erano pari anche nell’impegno a diffondere la consapevolezza dei grandi problemi ambientali e di affermare l’urgenza di un’azione politica per risolverli. Anche per questo nel 1980, con pochi altri, fondarono la Lega per l’Ambiente diventata poi Legambiente.

Eletta nelle liste del Pci, con cui non mancò di polemizzare, la sua lungimiranza e capacità di comprensione si sono viste anche in parlamento

Oltre ad aver sostenuto ed accompagnato l’uscita dal nucleare, fu ispiratrice e promotrice di molte leggi importantissime: per l’eliminazione di alcune sostanze chimiche, per la conservazione della natura, l’istituzione di aree protette e la tutela della vita selvatica, per l’uso razionale del suolo e delle acque, per l’implementazione dei depuratori. Era molto impegnata anche sul fronte delle donne, battendosi per le pari opportunità fra uomo e donna, per la salute delle donne nei luoghi di lavoro, per l’indennità di maternità anche per le lavoratrici a tempo determinato. Purtroppo non tutti i progetti di legge presentati furono approvati: come da lei stessa ammesso, la quantità di lavoro e fatica era stata molto superiore ai risultati ottenuti.

Lei ha avuto modo di conoscere Laura Conti: cosa emergeva della sua persona?

Era una persona estremamente affascinante, ti avvolgeva in una scia magica. Quando l’ho sentita parlare la prima volta avevo solo 16 anni e mi si è aperto un mondo. Nonostante appartenesse a un’altra generazione era diventata per me un riferimento, cercavo di andare a sentirla ogni volta che potevo, era molto coinvolgente nei suoi discorsi. Era una persona molto diretta, schietta, ostinata, anche le persone che nel tempo si sono magari scontrate con lei quando è scomparsa hanno sentito il bisogno di trovarsi tutti insieme per celebrarla. Era anche una persona molto umana, con il carisma del leader naturale, anche se non aveva nessuna propensione al comando.

Perché abbiamo ancora bisogno di Laura Conti?

Ne abbiamo bisogno più che mai perché la sua era una visione chiara, umana e politica, di tutti problemi fondamentali; per rallentare questa corsa verso il disastro dovremmo ancora seguire le sue indicazioni.

(il manifesto – l’Extra Terrestre, 1° aprile 2021)

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