Forse bisognerebbe indagare perché questi civili accettano di partecipare alle parate militari…
Giulio Marconi
La partecipazione di un «manipolo» di ragazzi/e impegnati nel Servizio Civile Nazionale (non gli obiettori di coscienza: considerati troppo pericolosi) alla parata militare del 2 giugno è l’ennesimo segnale della cooptazione del «civile» e dell’umanitario dentro la cornice e la logica di un protagonismo delle Forze armate fatto da «soldati di pace» (titolo della prossima serie di telefilm Rai) che fanno le «guerre umanitarie», naturalmente. Cos’abbiano a che fare i ragazzi che portano aiuto ai disabili e agli anziani con la tronfia e retorica parata (e che costa milioni di euro, molto più utili per i servizi ai disabili che Berlusconi smantella quotidianamente) i carri armati e i caccia bombardieri è difficile da dirsi. Per il governo italiano è più chiaro: un tocco di bontà, un pizzico di umanitario con cui condire in salsa nostrana l’indigesta pietanza di un esercito di «pace» con retrovie «civili» e blandire qualche ente di servizio civile che in questo modo si crede accolto, legittimato, valorizzato. I governi italiani da anni aumentano le spese militari; dalle nostre basi militari partono gli aerei per le missioni di guerra; le nostre forze armate partecipano ad alcune operazioni militari (Iraq, Afghanistan) che niente hanno a che fare con le missioni di pace. Quando Aldo Capitini e don Lorenzo Milani pensavano a un servizio civile alternativo a quello militare immaginavano qualcosa di radicalmente diverso da un’appendice «umanitaria» in coda ai camion dei militari e alle autoblindo sappiamo che quei ragazzi in servizio civile svolgono un compito importante per la comunità e che l’istituzione del Servizio Civile Nazionale rappresenta un importante risultato e anche una conquista per il Movimento per la pace italiano. Ma se il prezzo è quello di essere «embedded» tra un battaglione San Marco e la Folgore, allora quel prezzo è troppo alto. La festa della Repubblica è di tutti, ma non è certo un buon motivo per avvalorare una omologazione civili-militari tutti insieme appassionatamente, omologazione cui gli alfieri degli interventi militari-umanitari da alcuni anni si prodigano con entusiasmo. Nessun pregiudizio ideologico verso le Forze armate se hanno un ruolo autenticamente di pace e dentro la cornice dell’Onu; ma contro il militarismo e il loro uso al servizio delle guerre e alla geopolitica di potenza sicuramente sì. I ragazzi «precettati» alla sfilata militare avrebbero dovuto ricorrere alla vecchia e sempre buona pratica dell’obiezione di coscienza e sfilare da qualche altra parte, o magari, ancora meglio dedicare la giornata di ieri al servizio cui si dedicano gli altri giorni della settimana. La istituzionalizzazione del servizio civile (in alcuni casi problematica) non può voler dire la sua strumentalizzazione ai fini di operazioni politico-culturali che hanno come obiettivo l’annullamento dell’autonomia, della radicalità e del carattere di pace del servizio civile e della sua ispirazione originaria. Non prestarsi a queste operazioni è di fondamentale importanza per le organizzazioni umanitarie e per il servizio civile. A Baghdad nel `42 le Ong internazionali presenti sul campo non collaborano né si fanno intruppare dalle Forze armate americane. A Via dei Fori Imperiali il messaggio non è ancora arrivato.